Mag 182008
 

Roma, Tendastrisce, 8 maggio, 2008
Nel momento in cui mi perdo nei gangli del nostro essere scopro di essere ancora vivo, ancora dolorante, ancora ignobilmente instabile. Sono queste le parole che sembra dirci Manuel negli attimi più allucinanti dei suoi perché. Sarebbe bello raccontare storie, storie senza fine, gridarci tutto quello che non siamo più, continuare ad amarci fino a ridere, o fino a piangere. Negli attimi di velata fede le risposte escono fuori contente, piene dei loro motivi.
In quanto al giorno d’oggi tutto ciò resta privo di risposta, privo della sua ovvietà.
Siamo simboli di mondi finiti, finiti nelle acque più limpide. Nella sua stesura dell’essere Manuel sembra aver trovato una risposta che si chiama Emma. Una risposta vera, pura, che solo la gioia della vita può dare. Ci si perde privi di risposte davanti a tali meraviglie. Sarebbe bello. Sarebbe giusto. Sarebbe quello che volete. Si incanalano le strade dove si conosce l’inizio, ma non si conosce la fine ed è la casualità dell’arte a rendere tutto più omogeneo. Sarebbe bello. Sarebbe giusto.
Per quanto riguarda il concerto bisogna dire che per chi li conosce da tanto tempo e li ha sentiti più volte dal vivo, non è stato il concerto migliore. L’ultima volta che li avevamo sentiti al Tendastrisce, circa un anno e mezzo fa, era stata un’altra storia: un concerto ormai mitico, entrato nella leggenda, in cui un’ ispiritassima Band, di fronte a un pubblico entusiasta era tornata ripetutamente sul palco, tirando fuori chicche improvvisate, come Live and let die di Paul Mc Cartney. Un concerto che Manuel ha inserito tra i migliori 5 di sempre della Band. Stavolta invece non è andata così. Si trattava sicuramente di una situazione differente. Nel dicembre del 2006, il disco (Ballate per piccole iene ) era uscito già da parecchio e non aveva bisogno di presentazioni; il pubblico conosceva a memoria sia i testi in italiano, che quelli poco amati in inglese. E soprattutto l’approccio da parte della band era quello di chi ha voglia di suonare, cantare, urlare, spaccare e divertirsi. Stavolta, invece, il disco era appena uscito (il 2 Maggio), molti tra il pubblico neanche l’avevano sentito (anche alcuni tra i fan della prima ora) e c’era il desiderio da parte della band di fare tutto alla perfezione, tutto era stato studiato nei minimi particolari. Ma come sappiamo musica e perfezione vivono su 2 mondi diversi…
Non che il concerto sia stato brutto o non coinvolgente, anzi. Gli Afterhours restano una delle migliori rock band italiane dal vivo. Ma è mancato qualcosa…
Circa 1 ora e ¾ di concerto, in un Tendastrisce stracolmo, con i biglietti andati sold out a 3 giorni dall’evento (cosa inimmaginabile fino a qualche anno fa), 26 pezzi distribuiti in modo quasi paritario tra vecchi e nuovi (questi ultimi ben 11). Nel complesso, a parte qualche eccezione le nuove canzoni non hanno sfigurato di fronte alle vecchie. Si sente che molte di queste (Neppure carne da cannone per Dio , Pochi istanti nella lavatrice , Riprendere Berlino , Tutti gli uomini del presidente , Tema: la mia città , Orchi e streghe sono soli ) sono state scritte dalla band al completo e quindi sono nate per essere suonate dal vivo. La line up resta la migliore che gli Afterhours abbiano mai avuto e l’ingresso definitivo di Enrico Gabrielli impreziosisce brani nuovi e vecchi.
Il concerto inizia come nel disco con Naufragio sull’isola del tesoro , un saluto alle iene del disco precedente, perfetto ponte tra le tematiche di Ballate e quelle de I milanesi ammazzano il sabato : in primis la nascita della figlia di Agnelli, Emma, avvenimento che ha sconvolto in positivo la sua vita; quindi il rapporto con la compagna e la metafora del re e del suo regno.
E come nel disco il secondo pezzo in scaletta è E’ solo febbre , brano la cui gestazione è stata veramente geniale, come si può ascoltare nel disco Le sessioni ricreative che ha anticipato I Milanesi . Quindi si riparte da Ballata per la mia piccola iena e La verità che ricordavo e il pubblico va in delirio. Scaletta che sembra molto promettente, ma ci pensa Neppure carne da cannone per Dio a smorzare gli animi. Ancora 2 brani da Ballate , forse i migliori La sottile linea bianca e La vedova bianca , e quindi è il turno di Tutti gli uomini del presidente , cantata in falsetto dal bassista Roberto Dell’Era, un brano figlio di un incesto tra Deep Purple e Verdena. Poi a conferma dello smisurato ego di Agnelli arriva Pochi istanti nella lavatrice , che ci ripropone la ridondante domanda: ci fa o ci è?
Da Hai paura del buio? arriva la splendida Punto g e seguono dal nuovo disco la title track e Tema: la mia città , e poi tocca al quarto brano ripreso da Ballate : E’ la fine la più importante.
Annunciato dalla chitarra di Agnelli che richiama The End dei Doors arriva Bye bye Bombay , capolavoro ineguagliabile. E quindi sempre da Quello che non c’è è riproposta Non sono immaginario . E dopo Oppio , dove il vuoto crea stabilità, tocca a 3 pezzi de I Milanesi concludere la prima parte del concerto: Riprendere Berlino (nel quale regnano i Beatles), Tarantella all’inazione e la splendida ninna nanna reciproca Orchi e streghe sono soli .
A questo punto i nostri salutano e se ne vanno e il pubblico li acclama, e quando rientrano non sono più sul palco, ma al centro del Tendastrisce con gli strumenti acustici. Parte la meravigliosa Vorrei un pelle splendida per metà cantata dal pubblico. Un siparietto autocelebrativo-organizzato venuto molto bene. La band torna sul palco e conclude la seconda parte con Musa di nessuno (sulle tracce di Bianca ) e la canzone degli After forse più conosciuta Male di miele .
Per il terzo atto la band risale sul palco con Giovanni Ferrari (colui che aveva deliziato il pubblico prima dell’inizio del concerto) e propone For what is worth , mitico pezzo dei Buffalo Springfield.
È il turno di Bungee jumping e alla fine della canzone, Manuel accende una televisione che era stata portata sul palco. Appare la faccia di Cicchitto a Porta a porta e dalle casse si espande la sua voce. Sembra tutto voluto, quei momenti di televisione sembrano scelti apposta e sono ossimoricamente perfetti. Ed è in questi attimi che emerge con tutta la sua irruenza la casualità dell’arte.
Con L’estate e la sempre spettacolare Quello che non c’è si chiude il concerto.
Un concerto costruito bene, forse troppo bene, che sicuramente il nuovo pubblico ha apprezzato, ma che lascia chi già conosceva gli Afterhours dal vivo insoddisfatto per la mancanza di imperfezione.
Recensione by Alessandro Lepre
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Scaletta Suonata
1- Naufragio sull’isola del tesoro
2- E’ solo febbre
3- Ballata per la mia piccola iena
4- La verità che ricordavo
5- Neppure carne da cannone per Dio
6- La sottile linea bianca
7- La vedova bianca
8- Tutti gli uomini del presidente
9- Pochi istanti nella lavatrice
10- Punto g
11- I milanesi ammazzano il sabato
12- Tema: la mia città
13- E’ la fine la più importante
14- Bye bye Bombay
15- Non sono immaginario
16- Oppio
17- Riprendere Berlino
18- Tarantella all’inazione
19- Orchi e streghe sono soli
20- Vorrei una pelle splendida (sul palchetto)
21- Musa di nessuno
22- Male di miele
23- For what is worth (Buffalo Springfield) (con Giovanni Ferrari)
24- Bunjee Jumping
25- L’estate
26- Quello che non c’è

  2 Responses to “Afterhours: l’imperfezione della perfezione”

  1. […] te. Enrico Ruggeri Mistero. Afterhours Ballata Per La Mia Piccola Iena. Vanilla Sky Summer Comes …Afterhours: l'imperfezione della perfezione SlowcultQuindi si riparte da Ballata per la mia piccola iena e La verit  che ricordavo e il pubblico va […]

  2. […] per ora fallimentare, di un cantautorato rock dalle caratteristiche poco chiare) e in parte gli Afterhours del neopapà Manuel Agnelli, a salvare il rock italiano ci pensano i Verdena (splendido il loro […]

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