Nov 142016
 

Auditorium Parco della Musica 13 – 23 ottobre 2016

 

poster festa del cinema 2016Sin dallo scorso anno il Festival di Roma ha rinunciato ad ogni competizione con la Mostra di Venezia, per diventare evento per la città di Roma, semplice festa.

Le presenze hanno premiato la scelta di puntare soprattutto sul red carpet, con la presenza di numerosi divi, che, purtroppo, attirano molto più della presentazione di un film. Comunque la scelta del nuovo direttore, Antonio Monda, è stata quella di puntare sul “glamour” e su di un modello che non fosse Venezia, bensì Toronto, da cui proveniva più della metà delle opere presentate.

Va comunque rilevato che, anche se, tutto sommato, le opere interessanti presentate non sono state moltissime, e quelle italiane, con la parziale eccezione di “7 minuti” di Michele Placido, hanno costantemente deluso, non è mancata vivacità e grande spettacolo, come è stato con una Meryl Streep brillante, venuta per presentare il suo “Florence Foster Jenkins” di Stephen Frears, tra i migliori film della festa.

E soprattutto riteniamo sia stato molto lodevole ripresentare, sia pure in una sezione parallela, le opere di Valerio Zurlini, uno dei più grandi registi di sempre, per decenni misconosciuto, mentre la sezione giovanile “Alice nella città”, pur non presentando opere eccelse, è sembrata all’altezza della situazione.

E veniamo alle opere che abbiamo avuto l’opportunità di vedere:

Moonlight: Regia di Barry Jenkins, con Mahershala Ali, Naomie Harris, Trevante Rhodes, Andrè Holland, Janelle Monae – Stati Uniti, 2016, 110 minuti.

★★★☆☆

Moonlight Regia Barry JenkinsL’opera descrive l’adolescenza e la giovinezza del giovane nero Chiron, che vive in un quartiere degradato di Miami, in una zona in preda agli spacciatori, la sua silenziosa lotta per salvarsi dal bullismo, il difficile rapporto con la madre tossicodipendente, la presa di coscienza della sua omosessualità, l’apprendistato di “pusher” e la scoperta del sentimento d’amore che lo lega al suo migliore amico.

Il film ha il pregio di essere abbastanza realistico, ma si perde in alcuni estetismi di maniera. Buona l’interpretazione degli attori, che rendono abbastanza bene la situazione di degrado e di abbandono sociale nell’ambito del quale crescono e si formano tanti giovani neri, il cui destino di emarginazione sociale sembra segnato fin dalla nascita. In definitiva, un racconto di formazione senza pietismi, che più che sottolineare la presa di coscienza, da parte del protagonista, della propria sessualità, insiste sull’ambiente sfavorevole ed estremamente repressivo, con una messa in scena sobria ed accurata.

Manchester by the Sea: Regia di Kenneth Lonergan, con Casey Affleck, Michelle Williams, Kyle Chandler, Matthew Broderick

★★½☆☆

Manchester by the SeaSi racconta la storia di una famiglia della classe operaia a Manchester by the Sea, nel Massachusets, le vicende tragiche che l’attraversano, nella forma di un melò familiare, visto al maschile. Viene sopratutto seguito il filo della “paternità”, descrivendo il rapporto tra due fratelli, uno dei quali con una malattia congenita, che muore, e nomina nel testamento il fratello minore Lee tutore dell’irrequieto figlio adolescente Patrick. Il film è abbastanza accurato nel descrivere il rapporto di amore odio che viene a instaurarsi tra zio e nipote. Ma Lee, che proviene da una sua tragedia familiare, avvenuta per un incidente da lui causato involontariamente, è chiuso alla vita per i suoi sensi di colpa, relativi ad un passato che non può perdonarsi, non riesce a recuperare il rapporto con la moglie, e mal sopporta la vivacità del nipote. Ma a poco a poco i rapporti forse cambieranno.

Il film parte da uno spunto interessante, ma è prolisso, confuso e spesso stucchevole. Filmare il flusso delle esistenze, della vita, i rapporti umani ed il loro divenire, non è semplice, e Lonergan non ha forse la sensibilità giusta. La regia, per la verità, non è del tutto banale, come la fotografia, molto curata, ma l’opera risulta alla fine piatta.

Denial (La Verità Negata): Regia di Mick Jackson, con Rachel Weisz, Andrew Scott, Timothy Spall, Tom Wilkinson – Stati Uniti, Regno Unito, 2016 110 minuti.

★★★☆☆

la verita negataUno dei film più interessanti della festa. Ricostruisce sapientemente, con la forza delle immagini e la qualità di un thriller psicologico la battaglia giudiziaria che si tenne a Londra sul caso dello storico David Irving, che negava la Shoah, pubblicando numerosi libri sull’argomento, basati su di uno pseudoscientifico rapporto Leuchter. La storica Deborah Lipstadt lo definì negazionista e lui la denunciò per diffamazione. Dal momento che la legge inglese prevede che l’onere della prova spetti all’accusato, la Lipstadt nominò un team di avvocati che, dopo aver setacciato tutti i testi di Irving, dimostrarono la totale infondatezza delle tesi negazioniste. L’opera ha una sua lucidità nella scansione drammatica, che la riporta ai grandi film di denuncia degli anni sessanta e settanta.

Il dibattito in aula viene descritto in modo appassionato e affatto manicheo, sottolineando le ragioni degli uni e dell’altro, ostinato nel difendersi da solo, sostenendo tesi infondate. Fin quando, dimostrando la falsità del rapporto Leuchter, e senza utilizzare testimoni dell’olocausto ancora in vita, considerati facilmente manipolabili dall’abilita oratoria di Irving, il team della Lipstadt ottiene piena soddisfazione. Avvincente, mai scontato.

Maria per Roma: Regia di Karen di Porto, con Karen di Porto, Andrea Pianamente, Cyro Rossi, Diego Buongiorno – Italia, 2016 93 minuti.

★★½☆☆

Maria-per-RomaQuest’opera è la storia di una giornata di Maria, una giovane donna dinamica e creativa, ma confusa e delusa dalla vita, che insegue una difficile carriera di attrice, e sbarca il lunario affittando appartamenti a turisti per conto di una agenzia. Sballottata per la città, in un universo stralunato e surreale, tra appuntamenti mancati e situazioni comiche, tra provini in teatro e corse improvvise, avrà la fortuna di conoscere un giovane emarginato, che si veste da Gesù Cristo per i turisti, e con lui forse potrà cominciare un nuovo percorso esistenziale.

Un film gradevole, non molto originale, un morettismo di ritorno. Il problema è che Nanni Moretti già trentanni fa dava vita a delle situazioni e dei personaggi di ben altro spessore.

Florence Foster Jenkins: Regia di  Stephen Frears, con Meryl Streep, Hugh Grant, Simon Helberg, Rebecca Ferguson

★★★☆☆

Florence Foster JenkinsStephen Frears ritrova una vena felice in questo film, che racconta la storia, realmente accaduta negli anni quaranta, di Florence, cantante lirica generosa, appassionata, mecenate di New York, che si ostinava a cantare pur essendo dotata di un tono di voce orribilmente ridicolo. Nella frizzante rappresentazione filmica di Frears vediamo Il marito inglese, St. Clair Bayfield, suo manager, nobile decaduto, che la sostiene strenuamente, ingaggiare uno dei migliori pianisti sulla scena, e pagare costantemente giornali per avere recensioni positive, e fare in modo che lei non sappia la verità, in quanto la donna non percepisce correttamente la sua voce, e rimane convinta di essere una cantante di inestimabile valore. Ma quando Florence deciderà di esibirsi alla Carnegie Hall, davanti ad un pubblico senza inviti controllati, per St. Clair si aprirà una sfida difficile. Una storia d’amore, a suo modo, brillante, ben costruita, con una Meryl Streep superba ed un Hugh Grant molto professionale. Il regista de “Le Relazioni Pericolose” ritrova un po’ di malizia, ma l’agro dolce prevale, e comunque, sempre in maniera intelligente e piacevole, con situazioni spesso esilaranti, come quando Florence irrompe nell’appartamento dove il marito si intrattiene con la sua amante. L’opera è tra l’altro, nonostante si svolga a New York, pervasa da un sottile, piacevole humor britannico .

7 Minuti: Regia: Michele Placido, con Clèmence Poèsy, Anne Consigny, Cristiana Capotondi, Violante Placido, Ambra Angiolini, Fiorella Mannoia, Maria Nazionale, Ottavia Piccolo-Italia, 2016, 92 minuti.

★★★½☆

IMG-20161023-WA0010Un film coraggioso, che affronta la “questione operaia”, quando ormai non va più di moda da molti anni.

Si basa su di una storia vera, avvenuta in Francia nel 2012, trasposta in Italia. I proprietari di un’azienda tessile cedono la maggioranza delle azioni ad una multinazionale, la quale annuncia che non ci saranno licenziamenti, tanto che le operaie e impiegate sembrano essere al sicuro. Ma una clausola viene proposta al Consiglio di Fabbrica, che si riunisce per deliberare per sé e per tutti le lavoratrici della fabbrica: la nuova gestione richiede di ridurre la pausa pranzo da 15 a 8 minuti; una minuzia, apparentemente.

Si apre un dibattito appassionante che mette a nudo le diverse storie delle donne, le loro provenienze, le generazioni diverse, la loro concezione dei diritti, in un drammatico conflitto tra la necessità di salvare il posto di lavoro e la dignità ed il proprio futuro. Il conflitto tra le anziane che si sentono più tutelate e le giovani, più precarie, compresa una extracomunitaria, si fa aspro, la crisi economica morde e terrorizza tutti.

Un mirabile “thriller”, con una scansione drammatica perfetta, che ha fatto storcere (ingiustamente) il naso ad alcuni critici, che lo hanno definito “ideologico”. In verità è un film coraggioso ed aspro, che lo stesso regista Michele Placido ha confessato di aver sofferto molto a realizzare. In Italia non si trovano finanziamenti, se non per le sciocche usuali commedie. E le attrici sono eccellenti: Ottavia Piccolo incarna con pacatezza e fermezza il ruolo della delegata anziana, Fiorella Mannoia un’operaia che lavora in fabbrica con la figlia incinta, Ambra Angiolini, che si conferma eccellente in un ruolo drammatico, Violante Placido è un’impiegata disabile per incidente sul lavoro. Tutte le attrici si sono mobilitate con entusiasmo e passione, realizzando un’opera vibrante ed insolita, che forse perde un po’ di originalità nelle scene girate fuori dalla fabbrica, un po’ convenzionali.

The Hollars: Regia: John Krasinski, con John Krasinski, Richard Jenkins, Sharito Copley, Anna Kendrick,- Stati Uniti, 2016, 88 minuti.

★★★☆☆

The HollarsClassico film indipendente, a suo modo lineare ed intenso. John Hollar, artista di New York torna nella piccola città di provincia ove è nato, quando riceve la notizia della grave malattia della madre.

Ritornato nella sua casa, rimane nuovamente invischiato nei problemi della sua famiglia, ritrova come infermiere un vecchio rivale che gli aveva soffiato la fidanzata, la quale, però, ancora si interessa a lui.

La sua ragazza, a New York, aspetta un bambino, ma non riuscendo a rimanere tranquilla, decide di raggiungerlo.

Di qui una serie di piccoli eventi, che girano intorno ad un intervento al cervello che la madre di famiglia dovrà subire, e al quale non sopravviverà. Ma il bimbo nascerà, per una vita che scompare, una nasce. Detto così, sembra un intreccio di banali eventi, in realtà il film è sottile e non privo di sensibilità, corredato di bei brani musicali, composti per lo più da Josh Ritter, tra i quali spicca Airline to Heaven di Billy Bragg e Wilco, intenso e soffuso.

Una commedia drammatica ben costruita, molto ben recitata soprattutto dal simpatico regista attore, non destinata necessariamente ad un pubblico “mainstream”, e già presentata al Sundance Festival 2016.

The Accountant: Regia: Gavin O’ Connor, con Ben Affleck, Anna Kendrick, Jon Bernthal, J.K. Simmons, John Lithgow

★★★½☆

accountant_ver2Christian Wolf è un giovane autistico ad alto funzionamento. Genio della matematica è un contabile freelance che lavora per diverse organizzazioni criminali. Dopo anni di indagini, il servizio investigativo riesce a mettersi alle sue costole, e lui, rendendosene conto, si ricicla lavorando per una società di robotica pulita, dove conosce un’altra contabile di grande valore, con la quale, pur scattando una attrazione reciproca, non riesce ad empatizzare più di tanto a causa dei suoi disturbi. Verificatosi un buco di bilancio, molte persone cominciano a morire. Braccato sia dagli investigatori, sia dalle organizzazioni criminali che ha abbandonato, Christian dovrà vendere cara la pelle, dimostrando doti di killer spietato ed abilissimo, sino ad un drammatico e sorprendente epilogo familiare, non senza aver salvato da morte certa la donna.

Il film è un pregevole thriller, dove con una certa accuratezza è illustrata la genesi del disturbo neurologico di Christian bambino, vengono rappresentati i dialoghi con i medici, l’addestramento paramilitare cui lo sottopone forzosamente il padre, determinando il suo futuro, il rapporto con il fratellino.

L’opera è tesa, acuta, realizzata come un action movie, che però ha momenti di raccoglimento e di riflessione. La regia è abile, le immagini ricercate e sorprendenti, Ben Affleck, nella descrizione di un personaggio limite, abbastanza credibile.

La Prima Notte di Quiete: Regia: Valerio Zurlini, con Alain Delon, Sonia Petrova, Giancarlo Giannini, Lea Massari, Salvo Randone, Adalberto Maria Merli, Renato Salvatori, Alida Valli- Italia, 1972, 132 minuti.

★★★★½

la-prima-notte-di-quieteGrande merito della Festa diretta da Antonio Monda, come dicevamo nelle note di apertura, è stato rendere omaggio ad uno dei più sottovalutati e genialii registi del cinema italiano di sempre, Valerio Zurlini, sia pure utilizzando una sala lontana dall’Auditorium, suo cuore pulsante.

Abbiamo avuto l’opportunità di rivedere il film che, insieme al “Deserto dei Tartari”, rappresenta il suo apice artistico, e, nel contempo, un capolavoro assoluto del cinema italiano.

Daniele Dominici (Alain Delon), professore di liceo classico giunge a Rimini per una supplenza. Stringe subito amicizia con una banda di persone scapestrate ed irresponsabili, tra cui c’è il fidanzato di Vanina Abati, studentessa che frequenta la sua classe, e che appare in preda ad una perenne malinconia.

Intellettuale decadente e raffinato, Dominici torna in realtà nella città della sua giovinezza, durante la quale aveva frequentato dimore gentilizie di nobili in decadenza, scossi da tragici eventi di vita. Distaccato, disinteressato all’insegnamento, assolutamente estraneo ai fermenti politico sociali del momento, Dominici ambisce solamente a spiegare “perché un verso del Petrarca è bello”.

Vive con la compagna Monica (Lea Massari) aggressiva, insoddisfatta ed infedele, ma profondamente legata a lui, ma ben presto si invaghisce della studentessa Vanina, colpito dalla cupa tristezza che la ragazza esprime, certamente determinata da un oscuro passato. Lei, confusamente, lo corrisponde, rendendo pertanto inevitabile lo scontro con Gerardo (Adalberto Maria Merli), il facoltoso e vacuo fidanzato di Vanina. Ma Spider (Giancarlo Giannini) lo aiuta, segretamente affascinato dalla tragica profondità del professore. La corsa di Daniele Dominici è però inesorabilmente rivolta verso l’autodistruzione.

Uno dei film più importanti del cinema italiano, pervaso da un cupo romanticismo, per nulla smielato e stucchevole, ma denso, drammatico, essenziale, profondo, caratterizzato da molti momenti di intenso lirismo, e da una poetica della fine molto letteraria.

“La prima notte di quiete” (verso di Goethe che indica la morte, la notte senza sogni) è un’opera fortemente dissonante, dalle inquadrature moderne, per l’epoca molto ardite, fatte di scatti della macchina da presa, allontanamenti improvvisi, passaggi d’incubo, zone d’ombra, con un uso del colore in funzione prettamente psicologica: pericolo, ostilità, contemplazione artistica, dolore. E il film nel suo complesso è pervaso da un forte sentimento di morte, di irreparabilità, con una strana fascinazione intensamente poetica che prende lo spettatore e non lo abbandona dall’inizio alla fine. Delon indossa costantemente lo stesso cappotto di cammello, diventando un’icona indimenticabile degli anni settanta.

Una festa dunque complessivamente riuscita, che sceglie il “mainstream”, con un occhio al cinema autoriale, e viene premiata dagli incassi, mostrando una gestione intelligente e dinamica, che certamente mette un’ipoteca sugli anni futuri.

Reportage di Dark Rider

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