Mag 252009
 

Regia di Steven Soderbergh con Benicio del Toro, Demian Bichir, Catalina Sandino Moreno, Rodrigo Santoro, Kahlil Mendez. Musica Alberto Iglesias. Durata 131 min. – Usa, Francia, Spagna, 2008

★★★★☆

locandina-guerriglia.jpg La seconda parte dell’importante pellicola di Soderbergh racconta la tragica spedizione boliviana di Guevara, descrivendo dettagliatamente, quasi giorno per giorno, gli avvenimenti che si susseguirono fino alla cattura ed alla morte della grande icona rivoluzionaria. Il regista affronta con coraggio il problema di descrivere il personaggio nella sua dimensione umana, senza perdere di vista la complessità storica degli eventi. L’opera è drammaticamente pervasa dal senso imminente del fallimento e della fine; l’inospitale giungla boliviana fa da sfondo alle vicende, alle notizie circa gli accerchiamenti dell’esercito regolare, laddove la prima parte di essa, descrivendo la rivoluzione vittoriosa in atto, era fortemente animata da ottimismo e vitalità. Ora assistiamo al lento cammino verso l’abisso: il Che subisce l’aggravamento della sua malattia asmatica, ha forti difficoltà respiratorie, alla sfiducia che comincia a serpeggiare tra le fila dei guerriglieri, dopo che Mario Monque, leader del Partito Comunista Boliviano, a seguito di estenuanti dibattiti ideologici, nega il suo appoggio e quindi quello dei campesinos alla Rivoluzione. Si delinea un’esperienza di ineluttabile e tragica sconfitta, per molti versi simile a quella del nostro Carlo Pisacane, ben raffigurata nel bel film di Ennio Lorenzini Quanto è bello lu murire accisu (1978) che si trovò contro proprio i contadini di Sapri che voleva sobillare; nel caso del Che, i campesinos tradiscono ed il film è molto oculato nel descrivere l’atmosfera di sospetto e lo sguardo obliquo di molti di loro. Eppure Guevara rispettava profondamente la popolazione e non fece assolutamente nulla per metterne in pericolo la sicurezza, guadagnando pertanto alla sua causa anche alcuni consensi e solidarietà. Lo scontro finale, successivo ad un tragico agguato delle forze governative, vede il leader combattere eroicamente arma in pugno ed affrontare la prigionia con grande dignità, come quando si trova a delineare i profili della rivoluzione cubana ad un soldato palesemente intrigato dal suo fascino.
Soderbergh, sobriamente, ci fa solamente intuire il momento della morte; vira, con pochi essenziali tratti degni del cinema d’avanguardia, su un’immagine angosciosa ed obliqua del pavimento della prigione, e sembra poeticamente voler raffigurare in senso cristologico il martirio del Che.
Questa asciuttezza antiretorica rappresenta la cifra ed il merito dell’opera, e la rende molto credibile, anche se il profilo psicologico di Guevara non viene chiarito del tutto e gli altri guerriglieri sono appena tratteggiati senza alcuno spessore analitico. Benicio del Toro si è totalmente immedesimato nel personaggio ed ha offerto una prova comunque eccellente. La progressiva disillusione ed il romantico cammino verso la morte rendono l’opera dolorosa ed intensa, anche se sono presenti, soprattutto nei primi momenti di essa, alcune lungaggini. L’ineluttabilità del fallimento dell’utopia rivoluzionaria viene descritta con molta sobrietà, e molto ben delineato è il senso tragico del destino del leader sconfitto. Ma in realtà il Comandante non è passato del tutto invano in Bolivia; molti dei campesinos che lo avversarono oggi hanno nelle loro camere da letto un santino con la sua effigie, che viene venerata come fosse quella di un santo sacrificatosi per loro. In definitiva un’opera complessa, articolata, profonda, che determina un sottile e quieto impatto emotivo; ci si domanda come sia possibile che siano dovuti passarre tanti anni dalla morte del Che perché si potesse finalmente vedere un film di questo calibro sulla sua figura. Merito ulteriore del regista è quello di essersi fermato agli eventi storici e di non aver voluto tentare di spiegare perché una figura così limpida e pura, vero mito del nostro tempo, si sia potuta trasformare dopo la morte in un gigantesco affare commerciale di gadgets, e sia stato, pertanto, riassorbito da quel mercato che tanto eroicamente aveva combattuto.

Recensione di Dark Rider

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