Mag 042014
 

Un film di Wes Anderson. Con Ralph Fiennes, F. Murray Abraham, Mathieu Amalric, Adrien Brody, Willem Dafoe, Jeff Goldblum, Harvey Keitel, Jude Law, Bill Murray, Edward Norton, Saoirse Ronan, Jason Schwartzman, Léa Seydoux, Tilda Swinton, Tom Wilkinson, Owen Wilson, Tony Revolori. Commedia, durata 100 min. – USA 2014.

★★★★½

GrandBudapestLoc1Nell’immaginaria repubblica di Zubrowka, monsieur Gustave gestisce il Grand Budapest Hotel con un occhio di riguardo del tutto particolare alle anziane e danarose clienti. Una di loro, alla sua morte, gli lascia in eredità un preziosissimo quadro a dispetto delle proteste dei familiari i quali riescono a far ricadere le accuse di omicidio su Gustave che finisce in galera, in compagnia del fido e prezioso Zero, fattorino dell’hotel che incarna idealmente il perseguitato per eccellenza. Da qui un susseguirsi di peripezie, colpi di scena e omicidi a catena in una modalità allo stesso tempo divertente e grottesca, ironica e demenziale, ma che incatena lo spettatore alla poltrona con un ritmo serrato di rimandi storici, citazioni artistiche e filmografiche, che varrebbe la pena scriverne un trattato piuttosto che due righe di recensione. Infatti in questo suo ultimo film, presentato al 64° festival del cinema di Berlino e premiato dalla giuria, il genio di Wes Anderson amalgama con maestria epoche storiche (almeno 4 piani temporali diversi) in cui gli eventi epocali restano comunque sempre a fare da sfondo alle vicende surreali dei protagonisti; cambia formati di proiezione, serrando il ritmo del racconto al punto da trasformarlo in alcuni passaggi (su tutti l’inseguimento sugli sci, ma anche la rocambolesca fuga dal carcere) in sequenza comica da cinema muto; si diverte in maniera sublime e raffinata a regalarci inquadrature e scenografie talmente curate quanto paradossali da rendere l’idea di essere all’interno di un cartoon. Il regista alla fine cita lo scrittore austriaco Stefan Sweig al quale il film è dedicato, attivo tra gli ani 20 e 30 e morto suicida dopo che i nazisti avevano distrutto tutte le sue opere tranne un racconto. Ma la pellicola, come già accennato, è piena di citazioni e rimandi: dalle opere di Lubitsch e Wilder, alle metafore di Chaplin. Il tutto condito da una regia che muove un cast stellare come le tessere di un domino, l’una perfettamente incastrata all’altra, con precisa, dinamica e fantasiosa geometria. Ecco così un grandioso Ralph Finnies nel credibilissimo ruolo di Gustave, che si divide la scena in principio con un’attempata (irriconoscibile dal trucco) Tilda Swinton, per poi veder subentrare i due di lei figli interpreatati da Adrien Brody e da un davvero inquietante Willem Dafoe. Ma anche Jeff Goldblum, Bill Murray, Edward Norton, Harvey Keitel, Jude Law, F. Murray Abraham. Ognuno ben collocato all’interno del proprio personaggio da apparire del tutto verosimile seppur platealmente paradossale. I dialoghi, i ruoli, il montaggio, la scenografia. Il tutto funziona a meraviglia, serrando il ritmo per circa due ore su quest’ottimo racconto noir dalle sfumature comiche che si pone in superficie con leggerezza e divertimento ma che va ben oltre le apparenze, ripercorrendo le tappe dell’Europa e dei suoi totalitarismi, mettendo a nudo i pro e i contro di un’umanità complice quanto vittima. Confezionato come una coloratissima torta multistrato, raffinatamente e sapientemente decorata.

Recensione di Claudia Giacinti.

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