Apr 222017
 

nicholson-00Se vi capitasse di vedere l’esordio alla regia di Peter Bogdanovich, Bersagli, stentereste a riconoscere un giovane Jack Nicholson accanto a blasonati dell’horror come Vincent Price e Boris Karloff. Un film del 1968 in cui l’alta tensione deflagra a perdifiato in un drive-in, dove degli ignari spettatori vengono abbattuti a fucilate da un killer psicopatico mentre stanno vedendo I maghi del terrore. Jack Nicholson compare all’interno di una scatola cinese di celluloide: un film nel film. Con questa citazione Bogdanovich ci ricorda che Jack Nicholson ha mosso i primi passi come attore proprio grazie al genere horror, a cominciare da La piccola bottega degli orrori, un piccolo grande cult di Roger Corman del 1960.

All’epoca aveva 23 anni, essendo nato a Neptune City, nel New Jersey, il 22 aprile 1937. Origini italiane da parte di padre. Più intrecciate quelle della madre, June Nicholson, nelle cui vene scorreva sangue irlandese, inglese e olandese. In realtà origini da romanzo d’appendice che Nicholson scoprirà solo a 37 anni, grazie al colpo di scena di una giornalista del Time: June, che ha sempre ritenuto una sorella, è in realtà sua madre, mentre quella che ha sempre chiamato mamma è sua nonna. Non sentirà mai rimpianto per un padre sconosciuto, Donald Furcillo, sparito subito dopo il parto della giovanissima June.

Quando pubblico e critica lo notano in Easy Rider (Dennis Hopper, 1969) ha già alle spalle nove film, che non lasciano immaginare che di lì a poco potrebbe diventare una stella di prima grandezza nel firmamento hollywoodiano. Da questo cult-movie in poi il successo è assicurato, tanto che con Cinque pezzi facili (Bob Rafelson, 1970) si aggiudica una candidatura all’Oscar come migliore attore protagonista.

Riesce a conquistare l’ambita statuetta col personaggio di Randle Patrick McMurphy, lo sbruffone malandrino di Qualcuno volò sul nido del cuculo, diretto da Milos Forman nel 1975. Uno sbruffone che prova a incrinare gli schemi del Sistema senza alcuna spinta ideologica o altruista. La sua è una rivolta da sabato pomeriggio, solo per il gusto di trascinare in gita un gruppo di poveri diavoli come lui.

L’impegno sociale e politico rimarrà nel tempo una delle sue più costanti passioni. Nel 1992 presenzia soddisfatto all’insediamento alla Casa Bianca di Bill Clinton, candidato vincente del Partito Democratico. Una cerimonia che gli tornerà molto utile quando vestirà (con gran divertimento) i panni del Presidente degli Stati Uniti in Mars Attack! (Tim Burton, 1996).

Nel 1980 prova nostalgia per l’horror e immortala il ritratto di Jack Torrance, un aspirante scrittore che si aggira con moglie e figlio per i saloni deserti dell’Overlook Hotel. Ma l’ispirazione tarda ad arrivare e intanto lui subisce una diabolica trasformazione che lo porterà a voler uccidere a colpi d’accetta moglie e figlio. I tasti della macchina da scrivere provano già il segnale dell’incipiente follia mentre battono all’impazzata le stesse parole: “Il mattino ha l’oro in bocca”. Tratto dall’omonimo romanzo di Stephen King e diretto da Stanley Kubrick, Shining è ritenuto dalla rivista londinese Time Out il miglior film horror della storia del cinema, secondo solo a L’esorcista.

Nel 1981 Bob Rafelson lo vuole per l’ennesima trasposizione cinematografica del romanzo di James Cain Il postino suona sempre due volte, uno dei pochi film in cui Nicholson si arrischia a interpretare scene ad alto contenuto erotico. Non gli sarà sembrato un sacrificio visto che la sua partner era la bella Jessica Lange. Sempre nello stesso anno interpreta il ruolo dello scrittore Eugene O’Neil nell’avvincente Reds (Warren Beatty), un kolossal che ripercorre il periodo della rivoluzione comunista sovietica.

MSDWIOF EC028Originale, disincantato, eclettico, imperturbabile, ha attraversato per oltre 50 anni generi e furori, disfatte e sentimenti col ghigno irriverente di chi nasconde in bocca una fetta di limone per meglio assuefarsi all’aspro della vita. La vita dei suoi tanti personaggi. Dal detective stile anni ’30 di Chinatown (Roman Polanski, 1974), all’arrogante colonnello della base navale di Guantanamo messo nel sacco da Tom Cruise in Codice d’onore (Rob Reiner, 1992), al killer mafioso Charlie Partanna de L’onore dei Prizzi (John Huston, 1985), dove recita accanto alla compagna del momento, Anjelica Huston, dopo che ha già avuto tre figli da tre attrici diverse. Superato il mezzo secolo diventa ancora padre, di Lorraine e Raymond, avuti dall’attrice Rebecca Broussard.

Oltre sessanta film all’attivo, dodici nomination al premio Oscar. Fa rimpiangere a Marlon Brando di averlo braccato (Missouri, Arthur Penn, 1976) e solo una volta accetta di essere diretto da un regista italiano (Professione: reporter, Michelangelo Antonioni, 1975).

Nel 1997 si guadagna il secondo Oscar come miglior attore protagonista con Qualcosa è cambiato (James L. Brooks), dove interpreta uno scrittore di romanzi rosa, misantropo e razzista, che alla fine scopre il piacere di voler bene al prossimo. Pur se il ghigno irriverente rimane inalterato, la maturità gli ha regalato Voglia di tenerezza. Dopo un periodo di assenza dai set, nel 2001 è protagonista della terza regia di Sean Penn, La promessa, nel ruolo di un vecchio poliziotto sulla tracce di un serial-killer che ha ucciso una bambina.

Nel primo decennio del 2000 gira un film dietro l’altro: è un vedovo in pensione (A proposito di Schmidt, Alexander Payne, 2002), e detiene ancora lo scettro accanto a leoni più giovani e insidiosi del calibro di Leonardo Di Caprio e Matt Damon in The Departed – Il bene e il male (Martin Scorsese, 2006).

L’ultima sua apparizione è in Come lo sai (James L. Brooks, 2010). Ma non ci basta. Nell’attesa di un’altra indimenticabile performance, festeggiamo i suoi ottant’anni e, per regalo, facciamo sbalzar fuori dalla torta la maschera grottesca del suo Joker (Batman, Tim Burton, 1989).

Ornella Magrini

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