Gen 122017
 

Milano, via Padova: Lungometraggio di Antonio Rezza e Flavia Mastrella. Documentario, durata 70 min. – Italia 2013.

Roma, Teatro Palazzo,  8-15 gennaio 2017

★★★★☆

RezzaMastrella-MILANO-via-padova-203x300E d’improvviso mi viene la nostalgia della televisione di fine secolo. Non solo perché dal 2001 è iniziato il Grande Fratello, trascinandosi dietro una miriade di reality di dubbio gusto. Ma anche perché c’era ancora qualche sprazzo di originalità e genialità. Beninteso, qualcosa di buono c’è stato anche nel XXI secolo, ma di una trasmissione come “Troppolitani” si sente troppo la mancanza.

Ricordiamo di cosa parliamo. “Troppolitani”, ideato da Flavia Mastrella ed Antonio Rezza, andava in onda su Raitre in seconda (secondissima…) serata: Antonio Rezza, il performer più volte da noi recensito, girava per i luoghi più frequentati di Roma, ponendo domande apparentemente strampalate (del tipo “Perché se piantiamo dei morti sottoterra, non crescono altri morti?”, “Preferisce l’odore della linea A o della linea B?”, “Che idea ti fai del fronzolo?), ma che spesso facevano emergere personalità e modi di pensare degli intervistati altrettanto strampalati. Il conseguente effetto comico è d’obbligo, e questa recensione non è in grado di farne capire l’entità: Rezza va visto, non raccontato.

Il fatto di non vedere più queste interviste “a corpo libero” (per usare le parole degli autori) mi aveva fatto pensare che la coppia artistica avesse deciso di accantonare il progetto, dopo che la RAI non l’ha più riproposto, o che semplicemente il passare del tempo lo abbia reso più difficile da attuare. Ed invece Rezza e Mastrella sono andati avanti, ed il materiale inedito piano piano sta emergendo. Un’anticipazione l’avevamo avuta con “Troppolitani. Fuori dove?”, mediometraggio incentrato sul tema della follia.

Ed adesso è la volta del lungometraggio “Milano, via Padova”, girato nel 2011 e rilasciato da poco, seppur in un circuito (ed in un cinema) indipendente. È un Rezza inedito, che sceglie un argomento di attualità (mentre generalmente, sia nel cinema che nel teatro, i suoi temi non si riferiscono a periodi particolari), ovvero il razzismo degli italiani nei confronti degli immigrati. Una tematica particolare in un posto particolare, appunto la via di Milano, ad alta concentrazione di stranieri ed in cui gran parte degli italiani hanno origini meridionali. Ed in un periodo particolare, ovvero il ballottaggio per la poltrona di sindaco tra Pisapia (neanche lui risparmiato dal microfono di Rezza) e Moratti, caratterizzato da una campagna elettorale incentrata sul tema dell’immigrazione.

Ed ovviamente, in una tematica più ordinaria, anche le risposte lo sono. Gli intervistati, o meglio la parte più “patriota” (qualcuno ha detto xenofoba?) di essi, tendono a ripetersi: nessuno (o quasi) è contro gli immigrati in quanto tali, ma solo se non hanno un lavoro e se non imparano la lingua italiana; nessuno (o quasi) è contro l’immigrato in quel momento davanti la telecamera, ma contro altri immigrati; nessuno ospiterebbe un immigrato in casa (risposta ad una domanda provocatoria e ricorrente). Non mancano tuttavia posizioni più estreme, come chi propone la castrazione per i transessuali.

In tutta questa “ordinarietà”, il reportage rimane straordinario. Il ritmo è elevato. Inoltre, nonostante le risposte spesso attese, si riesce a mettere in luce il modo di pensare degli essere umani, spesso strampalato di suo. Insomma, la domanda strampalata spesso va a nozze con l’intervistato. E, in una tematica fondamentale come quella del razzismo, far uscire la bizzarria del pensiero umano aiuta molto a comprenderne il fenomeno. Ciò che fa più sorridere è che l’inchiesta non è pensata per propagandare un pensiero antirazzista, neanche per sogno, o per lo meno non è strutturata come tale. È invece strutturata più come un approfondimento sociologico, che però risulta molto più efficace di qualsiasi argomentazione.

Ma non basta: alla fine emerge che il razzismo è solo un aspetto, o forse un pretesto per far emergere altre contraddizioni della società odierna, che riguardano la famiglia, l’integrazione, il rapporto con il lavoro. Citarle, ancora una volta, non renderebbe giustizia al reportage. Vedere come emergono è molto più interessante. Soprattutto se tale visione fa divertire continuamente.

recensione di Andrea Longobardo

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