Apr 232013
 

Lia Fail: Cynical Stones, TLC Records, 2012

★★★☆☆

Esistono piccole gemme, nell’ambito musicale underground, che a volte è estremamente piacevole scoprire.
E’ il caso di questa band neofolk di Bologna, che prende il nome “Lia Fail” dall’irlandese “Pietra del Destino”, guidata dal bassista Nico Solito.
Cynical Stones, il nome dell’album da loro realizzato, offre all’ascoltatore, anche esperto delle sonorità dark e neofolk un certo impatto emozionale; i brani, di sapore prettamente acustico, scivolano via con insolita suggestione. La copertina dell’album è già, di per sé, originale ed inquietante, con quelle statue di pietra senza volto, le cui immagini sono state riprese dal parco Pier Paolo Pasolini di Bologna, e che sembrano voler evocare esoterica suggestione.
Va innanzitutto sottolineato che l’album possiede una notevole maturità compositiva, ed una unitarietà senz’altro meritoria: un sapiente miscuglio di sonorità neofolk, dark wave, e persino suggestive reminiscenze folk irlandesi, evocate dallo splendido suono di un violino. Colpisce l’intreccio tra le voci di Andrea Carboni, dai toni austeri e sepolcrali, e quella di Sabella Spiga, impastata di toni forti e melodrammatici, intrise entrambi, in definitiva, di un romanticismo gotico assolutamente insolito nel nostro paese. Le ballate si dipanano lente, avvolgenti, suggestive, piene di pathos ed a volte di furore represso. I numi tutelari della band vanno ricercati nei campioni del neofolk britannico Sol Invictus e Death in June, ma la via intrapresa è assolutamente originale.
La forma compositiva è di ottimo livello, le canzoni suonano come piccoli cristalli di luce, arricchite da testi fortemente emozionali, che, lungi da un’estetica nichilista, generalmente adottata dalla neo folk bands, si soffermano sui temi della guerra e della devastazione che ne consegue, sul disagio del vivere sotto un regime tirannico che porta inevitabilmente alla distruzione, ma lasciando uno spiraglio per il riscatto dell’umanità.
Coadiuvato musicalmente da Saverio Tesolato (degli Autunna et Sa Rose) e da Cristiano Santini (dei Disciplinatha), l’ensemble bolognese si è avviato su di un sentiero artistico suggestivo ed allucinatorio, che si snoda in una ricerca melodica profonda ed avvolgente, che spazia dal folk, al dark, al pop, creando una miscela assolutamente originale nel panorama italiano.
Restless Eyes comincia alla grande, con la voce cupa e grave di Andrea, fortemente venata di spirito gotico, cui porge magistralmente il controcanto Sabella, evocando visioni autunnali di stampo neoromantico, assieme all’incanto di un violino, mentre Lonely Anguish, maggiormente cupa, in stile “folk con venature dark wave”, descrive la miseria ed il dolore del mondo, in tutte le epoche, mentre New Dimension trova in un soffuso, lirico pianismo una cifra evocativa fortemente drammatica.
Bellissima Like a Star, ballata lenta ed avvolgente, con la voce di Sabella in primo piano, con forti reminiscenze “traditional” irlandesi, Just a Breath ha, invece, un sapore fortemente “gotico”, mentre Leipzig, canto sullo splendore e la rovina della città di Lipsia a seguito delle distruzioni belliche, sembra uscita dalla tenebrosa ed immaginifica “dark wave”degli anni ottanta. In this Square, invece, con toni evocativi e cupi descrive un popolo in fuga dalla guerra, mentre Battlefield, che descrive le battaglie urbane contro il potere, ha un tipico melodismo neofolk, e Lost in The Wind colpisce ancora per la fascinazione e l’incanto della voce di Sabella, intrisa di malinconica drammaticità, e soffusa nella consapevolezza del dolore che pervade il mondo.
Una band fortemente ancorata alla tradizione, in particolare alle oscure, esoteriche suggestioni del Medioevo, che esprime una lirica ed avvolgente spiritualità, e si nutre di sogni e di angosce ancestrali, dove la cultura “gotica” non si sperde in un modaiolo e artefatto nichilismo, ma dolcemente, con afflato poetico ed intenso lirismo, denuncia le rovine interiori dello spirito umano, che generano la dittatura, il militarismo, la guerra. Così A Soldier conclude l’album con un inno simbolico alla resistenza partigiana contro le dittature di ogni tempo, con una forte chiusura dove la tenebrosa voce di Andrea ed il piano hanno un classico sapore “Death in June”.
Atmosfere oscure e sognanti, forte senso di pathos, spiritualità, strumentazione avvolgente di archi e violini, pregevoli arpeggi chitarristici che si legano con un sapiente impasto di vocalità, di eterea dolcezza senza tempo quella di Sabella, oscura e tragica quella di Andrea, esprimendo una suggestiva teatralità che si nutre delle cupe ed ossessive ombre del Medioevo. Queste limpide sonorità, unite ad un melodismo folk di gran pregio, ci fanno ben sperare per il futuro di questa originale e creativa band, che è auspicabile apra nuove strade al genere neofolk, pressochè sconosciuto dalle nostre parti.

Recensione di Dark Rider

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