Giu 132016
 

Roma, Init Club 27 maggio 2016

 

Ardecore Init 270516 [800x600]In una serata in cui era importante e significativo già il solo fatto di riuscire a venire fin qui e sentire musica, ovvero quando l’ordinario diventa straordinario, si torna a casa comunque contenti e leggeri.

Spieghiamoci meglio: dopo la chiusura del Dal Verme, il destino dell’Init Club sembrava segnato, ed il concerto di stasera sembrava l’ennesima cronaca di una morte annunciata. La follia che sembra aver ottenebrato le menti dei nostri amministratori non offriva molti margini ad una soluzione positiva del braccio di ferro tra istituzioni ed i gestori di uno degli spazi storici dell’indie romano, barricati e pronti alla resistenza passiva pur di non vedersi cacciati dal luogo che da anni, recuperato al degrado e all’oblio, rappresenta un importante punto di riferimento della vita sociale della nostra città.

Poi per fortuna, più per una italianissima tregua elettorale che per una reale volontà di ritornare sui propri passi e cancellare uno sfratto assurdo ed ingiustificabile, eccoci qui di nuovo a parlare di musica. Tiriamo a campare, in attesa del nuovo sindaco….

Ecco quindi salire sul palco Giampaolo Felici in solitario, ovvero gli Ardecore ★★★½☆ in versione minimal, ma non per questo meno apprezzabili ed appassionanti.

In attesa di nuovi brani originali che ci indichino quale direzione prenderanno gli Ardecore dopo dieci anni di attività, il palco dell’Init ci presenta un Felici sempre ironico e disincantato, sornione ma pronto alla zampata del campione. Anche in versione scarna ed essenziale il repertorio di canzoni romane dimostra il suo valore: Girasole, Signora Fortuna dall’ultimo Vecchia Roma, si alternano ai brani del primo album, Madonna dell’Urione, Fiore de Gioventù e Serenata de Paradiso. Passano gli anni, cambiano i palchi e il modo di presentare i brani, ma il valore della proposta non cambia, il piacere dell’ascolto resta invariato.

Dopo un veloce cambio palco, ecco un vecchio amico d’oltreoceano di Felici, ovvero Geoff Farina ★★★★☆, ormai stabilmente in versione acustica, con un fingerpicking preciso ed accurato ed una voce delicata ma espressiva. La proposta attinge principalmente allo splendido CD The Wishes of the Dead, eseguito quasi per intero, insieme ad altre canzoni della tradizione folk irlandese e nordamericana. La fluidità e l’apparente semplicità dei brani sono il risultato di una tecnica sopraffina, mai fine a se stessa e sviluppata in più di vent’anni di carriera, dapprima coi Karate, poi con altri progetti paralleli alla carriera solistica, che lo vede oggi protagonista di un lungo tour lungo tutto lo stivale. La serata scorre veloce ed è talmente piacevole che in un batter d’occhio si arriva a notte fonda.

Il contrasto con la prima parte della serata, di certo più oscura e spigolosa,  è evidente ma particolarmente azzeccato, come se si trattasse di due anime in un solo corpo, o le classiche due facce della stessa medaglia. Due idee di come proporre musica tradizionale nel rispetto delle radici ma con una forte connotazione personale nell’interpretazione.

E’ in serate come questa che si dimostra chiaramente quanto la nostra città abbia bisogno di spazi come l’Init e di proposte musicali di questo genere e non osiamo pensare a quanto ci sentiremmo più poveri se la stupiditità l’ottusaggine o, ancora peggio, la malafede dei burocrati cancellassero questo piccolo ma indispensabile angolo di libertà. Restiamo quindi vigili e con la guardia alta, a protezione di questo prezioso bene comune.

 

recensione e foto di Fabrizio Forno

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