Dic 142009
 

Roma, Teatro Tendastrisce, 3 Dicembre 2009
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★★★½☆

Editors27Ben ritrovati al concerto degli Editors a Roma, quasi esattamente due anni dopo il concerto del Piper. Nel frattempo la band di Birmingham, tornata per presentare il suo terzo lavoro, “In This Light and on This Evening”, è pian piano cresciuta, anche se forse meno di quanto ci si poteva aspettare. Tanto per comprendere il fenomeno, almeno qui da noi in Italia, si è passati da una location con una capienza di circa 1000 spettatori come il Piper ad un Tendastrisce, praticamente strapieno, che però può ospitarne solo 3-4 volte in più. Invece le premesse per un salto esponenziale di notorietà c’erano tutte: due album uno più interessante dell’altro, suoni che facevano rivivere in tutto il suo splendore la wave più scura degli anni 70-80, una delle migliori Editors292voci rock (Tom Smith) degli ultimi anni. Si potrebbero invocare mille ragioni per questa mancata escalation, una di carattere meramente musicale è proprio da ricercare nella loro ultima fatica in studio. L’album presenta sonorità molto differenti rispetto ai primi due, molta elettronica, suoni decisamente più pop, melodia francamente un pò troppo facile. Insomma, sicuramente un lavoro di rottura ma abbastanza anonimo. Il concerto non può essere aperto che dal primo brano dell’ultimo album, ma poi i pezzi seguenti vengono selezionati sia da The Back Room sia da An End Has a Start. Ed è un fiume in piena di brani, praticamente senza interruzioni, tranne un piccolo passo falso di Tom Smith che si scusa con il pubblico “It’s my fault” per un errore in fase iniziale e ricomincia il brano, acclamato a più non posso dai suoi fans.
Il bis è un finale prodigioso con tre tra i migliori pezzi della band, con la solita, bellissima, Finger in the Factories a chiudere, come nel 2007, un godibile concerto.
Il quartetto Inglese si dimostra, come al solito, molto dotato dal vivo. Il sornione Tom Smith è accattivante nella sua performance, vive il sound con grande calore si muove su tutto il palco, abbandona la chitarra per la tastiera, gesticola, fa smorfie a più non posso. Ma su tutto, sulle distorsioni di Chris Urbanowicz, sulla struttura ritmica impostata da Russell Leetch, sulle percussioni nascoste alla vista dei più, sulle braccia alzate del pubblico, su tutto, regna la barbarie indomita di una voce splendida. L’ampiezza vocale di Tom Smith è la vera colonna portante di questo gruppo, capace di reggere quasi due ore di concerto senza il minimo segno di cedimento, trascinando invece la struttura strumentale, risultata a volte un po’ scarna o priva di una forte identità, in un vortice emozionale di rara armonia.

Recensione e foto by Magister

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Setlist del concerto
•In This Light And On This Evening
Editors294•An End Has A Start
•Blood
•You Don’t Know Love
•Bones
•Bullets
•The Boxer
•The Big Exit
•Escape The Nest
•Like Treasure
•Eat Raw Meat = Blood Drool
•Smokers Outside The Hospital Doors
•Let Your Good Heart Lead You Home
•The Racing Rats
•You Are Fading
•Bricks And Mortar

•Walk The Fleet Road
•Munich
•Papillon
•Fingers In The Factories

  One Response to “Editors: il mio nome è Smith, Tom Smith”

  1. […] voce di Harry Mc Veigh, bassa e profonda, quasi baritonale, che ricorda la vocalità di Tom Smith (Editors). Su questo elemento il pubblico del Piper ha potuto contare relativamente, a causa di una […]

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