Mar 012009
 

Roma, Auditorium Parco della Musica 14 febbraio 2009
★★★★½
Torrini_LaMareen_Magaz_Gen2009_2.jpg Cantare/Incantare. Non sempre chi si cimenta nella prima pratica riesce poi agevolmente anche nella seconda. Ad Emiliana Torrini, invece, pare questo non costi alcuno sforzo. Con naturalezza disarmante, la cantautrice islandese disegna intorno a sé atmosfere eteree e rarefatte; pastelli a cera a colorare sfondi tenui e delicati, che un poco richiamano i pallidi azzurri riflessi dei ghiacci. Ma di algido rimane solo la sua terra d’origine, il resto è tepore di parole stese al sole, calore di una voce morbida insieme lieve e possente, sentore di magia sul palco dell’Auditorium, Roma, la sera del 14 febbraio.
Tralasciata del tutto la sterzata trip-hop di ‘Love In The Time Of Science’ (One Little Indian, 2000), la Torrini porta al pubblico -come da copione- quasi tutto il suo ultimo ‘Me and Armini’ (Rough Trade, 2008), per debita promozione del disco, ed in più rispolvera con metodo anche l’album ‘Fisherman’s woman’ quasi interamente (Rough Trade, 2005): come ad assegnare a questi due lavori soltanto l’onere di rappresentarla. Sicuramente quel che la trentunenne-pop-rock-folk sa fare bene, oltre ad incantare, è disorientare. A suo stesso dire non è cosa buona e giusta ingabbiarsi in sterili etichette, in definizioni strette e riduttive: essere liberi, prima di tutto. E questa libertà, che è anche sintomo di ricchezza, certo un poco spiazza, ma senz’altro piace. Torrini_LaMareen_Magaz_Gen2009_3.jpg Libertà che si apprezza a cominciare dall’alternarsi dei brani in scaletta, dove nulla è lasciato al caso ma sembra essere invece frutto di un’attenta e soppesata analisi. Vige la regola dei contrasti, su tutto vince la necessità di lasciarsi scoprire veri e autentici, in ogni possibile molteplice sfumatura. Le disperate suppliche di ‘Hold heart’ (No tears, don’t you come out/if you blind me now I am defeated) toccanti e malinconiche, lasciano subito posto ad un’incalzante e vivacissima ‘Big jumps’. I poetici e dolci arpeggi in acustico di ‘Birds’ si alternano poi ai ritmi agitati e forsennati di ‘Jungle drum’, canzone d’amore, questa, un po’ fuori dai ranghi, come ammette la stessa cantautrice all’eco di un ossessivo ‘my heart is beating like a jungle drum’. Ed ecco l’ennesimo spezzarsi e ricucirsi del filo melodico quando ancora, per esempio, alla delicata ‘Bleeder’, impreziosita da uno struggente mandolino, segue immediatamente ‘Gun’, in un tripudio di chitarre elettriche cupe e distorte. Non mancano neanche momenti più solari e scanzonati, come ‘Sunny road’ o ‘Nothing brings me down’ ad arricchire e completare la scala cromatica di questa esibizione, che molto deve anche alla bravura dei musicisti che l’accompagnano (batterista, bassista e i due chitarristi). Tensione e carica emotiva abilmente mantenuti costanti per tutta la serata, attraverso un sottile gioco di equilibrio tra gli estremi, per non annoiare, per continuare a disorientare, sorprendere e stupire.

Recensione by Rosa Rosae

Le foto si riferiscono al concerto di Milano (12 febbraio 2009) (autore LaMareen)

Scaletta:
1. Fireheads
2. Heartstopper
3. Lifesaver
4. Today has been ok
5. Sunny road
6. Hold heart
7. Big jumps
8. Haha
9. Birds
10. Jungle drum
11. Me and armini
12. Bleeder
13. Gun
14. Heard it all before
bis
15. Fisherman’s woman
16. Nothing brings me down
17. Beggar’s prayer

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