Gen 282018
 

Roma, Auditorium Teatro Studio, 12 gennaio 2018

★★★½☆

cov (Copia)Le emozioni che non ti aspetti, due ore e mezzo intense e corpose. Flavio Giurato, pischello del 1949, si affaccia all’Auditorium per presentare il recente Le promesse del mondo con un manipolo di baldi e giovani musicisti, gli stessi che hanno suonato nell’album, suo supporto non solo sonoro ma veri compagni di viaggio e sodali, a cui chiedere anche consigli e conforto, ad esempio quando con disappunto si accorge di aver saltato o dimenticato un verso nel finale di Digos, uno dei pezzi più rappresentativi del nuovo disco, la cui pressochè totale esecuzione ha riempito la prima parte della serata. Colpisce innanzi tutto l’anomalia di brani lunghi, dilatati che si spandono a macchia d’olio invadendo la sala, che ha registrato un appassionato sold-out, uniti dal filo conduttore della migrazione, del viaggio e del movimento, tema centrale del nostro tempo. Tra i meriti di Giurato, l’abilità nel raccontare le sue storie sapendosi calare nel punto di vista dei protagonisti del racconto, con frasi, immagini, flash, osservazioni che sembrano uscire dalle loro labbra, non da quelle del cantautore e che riescono con sorprendente efficacia a catturare l’attenzione dell’ascoltatore, proiettato immediatamente al centro delle storie, tra commissariati, Balcani, barconi, Messico ed Argentina. Un canto, quello di Flavio Giurato, originale e inconfondibile, a metà strada tra Lindo Ferretti e Nick Cave, cupo, straniato e a volte cantilenante, sempre sofferto e lancinante. L’allestimento musicale si basa su un live set asciutto, quasi minimalista, perfettamente funzionale alla poetica del repertorio. Versi e frasi musicali si integrano e colpiscono il bersaglio, cazzotti allo stomaco ai quali il pubblico non può sottrarsi, ma anzi si predispone ed abbandona nello svolgimento del concerto. Oltre alla title track e la già citata Digos, Agua Mineral, In Mezzo al Cammino (dedicata a papa Francesco) e I Lupi lasciano un segno profondo e indelebile nell’ascoltatore. Menzione personale e particolare per Ponte Salario, dedicata alla memoria del dodicenne Ugo Forno, eroe ed ultimo caduto della resistenza romana il 5 giugno del 44. Dopo quest’intensa sequenza di nuovi brani, un’altrettanto corposa seconda parte viene dedicata a brani degli album precedenti, da Centocelle a Majorana, al Tuffatore, a comporre un quadro composito ed esauriente della lunga e per molti misconosciuta carriera di questo menestrello fuori dagli schemi, sincero ed unico in un’epoca di  stracelebrati  cantautori dalla vena ormai esaurita, cloni musicali e replicanti sonori, prefabbricate cavie da talent show.

 

Recensione e foto di Fabrizio Forno

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