Mar 192009
 

Roma, Teatro studio, Auditorium Parco della Musica

8 marzo 2009 : Mardi Gras ★★★½☆ Marco Di Maggio Connection ★★★☆☆
15 marzo 2009 : Mirella Lipari ★★☆☆☆ Marcosbanda ★★½☆☆

Generazione X, questo il nome del progetto curato dalla Fondazione Musica per Roma, che si propone di portare sul palco dell’Auditorium nuovi talenti della scena cantautorale italiana: una vetrina per artisti più o meno emergenti, una possibilità loro concessa di conquistarsi un piccolo momento di gloria.
Dieci serate in tutto e lo schema si ripete sempre uguale: in apertura un artista o band scelti in collaborazione con Repubblica, poi tocca al gruppo su cui sostanzialmente sono puntati i riflettori ed, infine, 20 tiratissimi minuti lasciati ad un artista già affermato, che veste i panni del testimonial. Ci viene il dubbio -più che legittimo- che il ruolo del padrino (o madrina del caso) vada un poco oltre le nobili cause di solidarietà artistica tra chi ha raggiunto un traguardo e chi invece una strada sta ancora cercando di intraprenderla. Ci viene il dubbio, dicevamo, che il testimonial abbia piuttosto il compito ben preciso di portare tra il pubblico anche qualcuno che non necessariamente abbia legami di sangue con gli emergenti in questione. La serata dell’8 marzo inizia con una breve ma efficace esibizione dei Mardi Gras, folk melodico dalle nette influenze irlandesi, che ci conduce -con un po’ di immaginazione, certo- per le solitarie vie di Dublino in una notte di pioggia. Degni di nota l’intensa e densa voce di Silvia ‘Six’ Olivares ed il contributo ritmico del chitarrista Fabrizio Fontanelli, autore di molti brani, come la sognante ballata ‘Song From The End Of The World’. Lo spettacolo cambia poi decisamente rotta e prosegue all’insegna del rockabilly più furioso, frammisto a surf e rock’n’roll, quando il trio The Marco Di Maggio Connection si insedia sul palco con batteria (Marco Barsanti), contrabbasso (Matteo Giannetti) e sei elettriche indomabili corde (il boss, Marco Di Maggio). Riconosciamo ai tre, nello spaziare dal country al blues al western swing, una profonda padronanza della tecnica che non va, tuttavia, oltre il mero virtuosismo. Il live punta a promuovere il disco ‘The Wildest Game’ che -ahimè- ha visto la luce oramai cinque anni fa (Italia Pirata Rec, 2004). A Greg e Lillo, noti cabarettisti, spetta poi il ruolo di padrini della serata. Il primo dei due si rivela anche uno scatenatissimo chitarrista rock quando, in un perfetto look con occhiali scuri da Iena, si unisce al trio nell’esecuzione degli ultimi brani. La cover di ‘Don’t let me be misunderstood’ in chiusura è forse uno dei pochi episodi veramente piacevoli. E pensare che il toscano Di Maggio è considerato (beffe della sorte, all’estero e non in patria) uno dei più grandi chitarristi mondiali.

Per la serata conclusiva della rassegna (domenica 15 marzo) il palco del Teatro Studio dell’Auditorium Parco della Musica accoglie la band romana dei Marcosbanda, preceduta dal breve e piuttosto insipido contributo della cantautrice Mirella Lipari, protagonista di un opening poco incisivo e affatto coinvolgente. Le cose purtroppo non migliorano con l’arrivo del quintetto capitanato da Marco Panetta, che ha sicuramente un’ottima padronanza della scena, accompagnata da una buona verve da intrattenitore, che però ci sembra più consona a situazioni da pianobar o da locali tipo ‘the Place’ che degna di una band che ambisce ad emergere dal pur interessante ed ampio ambito romano. La sensazione è quella di un ensamble che strizza l’occhio a Fabio Concato, ma al massimo scimmiotta Alex Britti, si ispira allo swing di Sergio Caputo, ma irrimediabilmente frana nel pop più superficiale di Tiromancino, con preoccupanti echi di Eros Ramazzotti, che spesso affiorano nel cantato un po’ troppo da ‘Giggi er bullo’ di Panetta. Certo, la band suona maledettamente bene, la chitarra di Paolo ‘Biochetasi’ Strina emerge per virtuosismo, pulizia del suono e precisione negli assolo, ma la sensazione di fondo è quella di un buon sound a disposizione di una musica senza corpo né sentimento. Tra un’improbabile cover in salsa bossa nova di ‘Un giudice’ (un omaggio a De Andrè non si nega a nessuno, no?) ed una poco più che passabile ‘Il nome dei pomodori’, title-track del loro album d’esordio, il concerto si trascina stancamente, e nemmeno la melodia immortale di ‘Impressioni di settembre’ riesce a scuoterci dal torpore domenicale. Ad aumentare la sensazione di pop senz’anima arriva Paolo Belli, direttamente dai riflettori di mamma Rai, a cantare un pezzo dei Marcosbanda, ‘Una piccola bestia di razza di cane’ incluso nel suo ultimo album. Un brano poco più che onesto, che non sembra affatto il capolavoro degli eredi di Francesco De Gregori (!) descritto in fase di presentazione dal panciuto bolognese. Dopo questo ‘casus Belli’, a dare un senso alla serata arriva la ‘madrina’ d’eccezione, un’altrettanto panciuta (per tutt’altre ragioni, essendo in dolce attesa) Cristina Donà. Ebbene, con soli 5 brani la serata decolla, la musica incanta, arriva l’emozione vera: Goccia, eseguita con l’ausilio della Marcosbanda, seguita in versione unplugged da ‘Il giardino’, ‘Universo’, accompagnata dal fido chitarrista Francesco Garolfi, dal tocco felpato sia con la chitarra acustica che alla slide, per poi terminare con la cover di ‘Sign your name’ e la sempre energica ed irrefrenabile ‘Triathlon’, nelle quali al duo si aggrega il batterista Piero Monterisi, preso in prestito da Daniele Silvestri. Purtroppo si è trattato di una breve parentesi, al termine della quale l’ultimo paio di brani dei Marcosbanda non lascia traccia, se non un moto di simpatia per la cover de ‘La tartaruga’ di Bruno Lauzi, animale per cui il nostro sito ha una particolare predilezione. Aumenta semmai la perplessità per un progetto a nostro avviso sopravvalutato e dalle limitate possibilità innovative nel panorama musicale italiano.
In conclusione, un plauso all’idea della rassegna, con l’impegno però per la prossima edizione ad una scelta più oculata degli artisti da proporre: cercando meglio, qualche perla nascosta si trova sempre.

Recensione by Rosa Rosae e Fabrizio

  One Response to “Generazione X: piccole band crescono?”

  1. […] generale per la cultura in cui venga coinvolto il mondo dell'associazionismo e il compito perGenerazione X: piccole band crescono? Slowcult… insedia sul palco con batteria (Marco Barsanti), contrabbasso (Matteo Giannetti) e sei […]

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