Set 242013
 

Roma, Auditorium Parco della musica, 13 settembre 2013

★★★½☆

Tappa romana all’Auditorium- Parco della musica dell’itinerante Hai paura del buio festival, happening collettivo che include numerose realtà musicali indipendenti più o meno note diretto da Manuel Agnelli, leader degli Afterhours e presente in loco con la band al completo, in una sorta di revival di quello che fu il Tora Tora! Festival, appuntamento che in passato aveva riscosso un discreto successo lanciando al contempo gruppi musicali interessanti come Meganoidi e Linea 77.

La giornata si è aperta con il live elettrico degli Afterhours all’interno della Sala Petrassi, mezz’ora di riproposizione dei cavalli di battaglia della band milanese tratti principalmente dall’ultimo lavoro Padania, che scaldano il pubblico accorso fin dal primo pomeriggio per ascoltare vere e proprie perle del recente passato come Costruire per distruggere o la stessa Padania, oltre alle bellissime versioni di Metamorfosi e Ci sarà una bella luce, riproposte per l’occasione in aggiunta a classici come La sottile linea bianca o Bungee-Jumping che esauriscono l’esibizione nel breve volgere di mezz’ora. Il programma prosegue articolato in svariati segmenti: i live-set dei numerosi artisti emergenti, l’esibizione del Chamber Trio (formato da Manuel Agnelli, Angelo Maria Santisi e Rodrigo D’Erasmo), i reading poetici (lo stesso Agnelli, ma anche Pierpaolo Capovilla) che vedono i protagonisti alternarsi tra la Sala Petrassi e la Cavea, creando un’atmosfera molto seventies che esprime appieno lo spirito militante della proposta, con gli intermezzi di danza moderna in chiave simil psichedelica delle Nebulae, o la polka collettiva dominata dal sax di Enrico Gabrielli che, coadiuvato “dall’Orchestrina di molto agevole”, movimenta la platea prima dell’evento serale più atteso, ovvero il ritorno on stage degli Afterhours stavolta nella ben più capiente Cavea, gremita dalle circa 2000 presenze che sono accorse per la parte finale della serata. Il live di Agnelli & co. è al solito emozionante e coinvolgente, passando dall’intensa Voglio una pelle splendida ai brividi di Ci sono molti modi, senza trascurare l’intramontabile Ballata per la mia piccola iena o la storica 1.9.9.6., a cesellare un concerto breve ed intenso chiuso dalla splendida orazione di Quello che non c’è. Gradita sorpresa all’interno del set, l’ospitata di Vasco Brondi (Le Luci della centrale elettrica), che propone dappri€ma una rabbiosa versione voce e chitarra di Cara catastrofe, bissando poi con una rivisitazione quasi solfeggiata di Summer on a solitary beach di Battiato. La conclusione della serata è invece affidata all’applaudita performance del Teatro degli Orrori del maudit (…?) Pierpaolo Capovilla, nuovamente all’interno della Sala Petrassi, mentre in Cavea lo spettacolo prosegue con la commovente esibizione di Niccolò Fabi che al piano accompagna le letture di Lorenzo Amurri, artista poetico e coinvolgente che racconta della propria disabilità e delle problematiche esistenziali (ovvie) connesse alla personale condizione, il tutto scevro da qualsiasi forma di pietismo, lanciando un messaggio di sensibilizzazione apparentemente scontato ma, in realtà, troppe volte relegato nelle retrovie dell’empatia umana. Termina così questo esperimento (nel complesso riuscito) di ennesimo rilancio della musica italiana indipendente, con un cast intelligentemente assemblato (i tanti esordienti che “sbucano” tra un set e l’altro) ed un occhio all’arte ed al suo significato, tra i dipinti che adornano il retropalco della Cavea (opera dell’artista Isabella Staino) e danze sincopate, il tutto condito da una reminiscenza dal sapore anni ’70 che ben si sposa alle intenzioni della serata, pur suonando a tratti anacronistico se rapportato alle condizioni attuali del paese, dove la distruzione imperante della cultura sembra proseguire imperterrita. Detto ciò, è grazie anche ad eventi collettivi e spontanei come l’Hai paura del buio festival che si può porre un argine alla stasi creativa che attanaglia l’Italia in crisi, rilanciando la cultura musicale (e non solo) che dal basso lotta per non sprofondare. Non sarà molto, ma pur sempre resta una base sulla quale poter lavorare, soprattutto in prospettiva futura. E non è poco.


Recensione di Fabrizio ’82

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