Gen 212009
 

Il Genio, ‘A questo punto’ Tour
16/01/09, Circolo degli Artisti, Roma

★★★½☆

Il sold out è una prerogativa dei grandi nomi e che fosse sold out la serata del 16 Gennaio al Circolo degli Artisti a Roma, che vedeva protagonisti ‘Il Genio’, onestamente non l’avrei immaginato. Eppure, vuoi per la grande attenzione mediatica, vuoi per l’effettiva qualità del loro disco d’esordio, pare che i due giovani leccesi vadano conquistando sempre più consensi con il loro ‘porno-pop’ e relative atmosfere rarefatte e fumose, un po’ synth un po’ retro. In una sala piena di gente, al limite di quanta ne potesse contenere, inizia la performance: il Genio, nelle persone di Gianluca De Rubertis (Studiodavoli, tastiere e voce) ed Alessandra Contini (basso e voce), appaiono affiancati da Andrea Garbo alla chitarra (Jennifer Gentle) e Paolo Mongardi alla batteria (un Jennifer Gentle anche lui). Tendenzialmente poco loquaci, fatta eccezione per le poche battute al confine tra l’arguto e il non-sense di De Rubertis, è palese che i quattro preferiscano la musica alle chiacchiere. ‘Povera stella’ non è un’esclamazione compiaciuta ma il titolo del primo brano in scaletta: ed eccola lì la vocina flebile della Contini du-du-a du-du-a, in un vestitino a righe, ad insinuarsi tra i giri del suo stesso basso e tastiere in refrain. ‘Sono piccola come Lolita’ continua poi a cantare con enfasi bambina, un poco ingenua un poco maliziosa, in ‘Una giapponese a Roma’, cover della nipponica Kahimie Karie, mentre De Rubertis al suo Farfisa VIP appare più vintage che mai. Ma è con brani come ‘Non è possibile’ e ‘Applique’ che il Genio comincia a carburare. Il pubblico è visibilmente coinvolto e ciascuno porta il tempo come crede, chi con la testa, chi con le mani, con una timida punta del piede o con la gamba intera.
Tutta colpa di questo nostalgico e melodico electro-pop dai ritmi ben scanditi e sempre uguali, della vocina suadente ed ammiccante di lei, del vocione basso e greve di lui, dei ritornelli martellanti ed epidemici, contagiosi quasi. Il concerto prosegue, tra sguardi d’intesa e sorrisi che i quattro di continuo si scambiano, con ‘Gli eroi del Kung-fu’ e le scherzose citazioni dal mondo cinematografico delle arti marziali, tra Charles Bronson e Jackie Chan, Chuck Norris e Bruce Lee, uata uata uata. ‘A questo punto’ è il brano successivo, che dà anche nome al tour: sonorità vintage, farfisa a tutto spiano, ritornello maledettamente viscoso, che non scivola via facilmente ma ti rimane in testa e fatica ad uscirne. E’ poi la volta di ‘Tutto è come sei tu’, poetica e criptica, che comincia con la sensualissima voce di De Rubertis.
Ed ecco che a metà serata, con strategica centralissima posizione in scaletta, arriva lui, il tormentone, che probabilmente non è il pezzo più bello della collezione, ma sicuramente è quello che fa da esca e attrae, parliamo di ‘Pop porno’, parliamo del singolo in vetta alle classifiche per mesi, del pezzo che ha fatto conquistare ai due artisti l’Indie Music Like 2008 (a cura del M.E.I., meeting delle etichette indipendenti). Ma forse proprio perché abusato ed usurato, l’ascolto dello stesso -per quanto ben eseguito- stanca, o sono io che semplicemente non amo i tormentoni; il resto del pubblico infatti pare aver gradito. La scaletta prosegue con ‘Fortuna è sera’, che il nostro Gainsbourg all’italiana ha scritto tutto da solo (a differenza degli altri brani, scritti a due mani con la Contini), poi con una non meglio identificata cover francese ed infine con ‘Le bugie di François’ che sfuma piano in lunghi minuti strumentali, a decretare la fine del concerto. Applausi, applausi, ancora applausi. Poi, come da copione, i nostri quattro tornano sul palco per gli ultimi due o tre brani, tra cui, neanche a dirlo, l’inflazionatissimo ‘Pop porno’, questa volta però riarrangiato in chiave esotica. Scorgo soddisfazione e sorrisi tra la folla; eppure chi conosce bene il disco torna a casa un po’ deluso, perché questo live è appena un passo indietro rispetto alla completezza ed eleganza dell’album. I pezzi sono scivolati via a margine del palco un poco anonimi, senza entusiasmanti interpretazioni. Già, il disco vale molto più del live, peccato, di solito è il contrario.

Recensione by Rosa
Foto di Grandepiccio

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