Dic 162008
 

Roma, Circolo degli Artisti, 8 dicembre 2008

★★★☆☆

Vasco Brondi sembra essere un predestinato. Con un album, ‘Canzoni da spiaggia deturpata’ ed un libro ‘Cosa racconteremo di questi cazzo di anni zero’ entrambi di recente pubblicazione, con un paio di copertine piazzate sulle riviste ‘giuste’ e solitamente poco propense ad evidenziare i nuovi artisti italiani (Rumore e Blow up), grazie anche al tam tam di myspace, eccoci di fronte ad un nuovo Vasco pronto a raccogliere il testimone del signor Rossi, ormai troppo ‘anziano’ per esprimere i sentimenti ed il malessere delle nuove generazioni. Certo, il Blasco parlava la lingua del rock più convenzionale e mainstream, con melodie azzeccate ed un paio di brani diventati veri e propri inni nazionali di fine novecento, mentre il cantautore ferrarese ha scelto una strada più tortuosa e molto meno orecchiabile, alla ricerca del punto di congiunzione tra i CCCP ed i brani più arrabbiati di Rino Gaetano. Il legame coi primi è molto evidente, grazie al canto un po’ monocorde che ricorda alla lontana Giovanni Lindo Ferretti, grazie ai versi di un brano (La gigantesca scritta Coop), che ne rimpiangono l’assenza, e soprattutto grazie alla stretta collaborazione col chitarrista Giorgio Canali, responsabile delle registrazioni nonché autore degli arrangiamenti del disco e suo partner sul palco. L’accostamento col compianto cantautore calabrese è certamente meno evidente, ma ascoltando il canto disperato e la metrica di brani come ‘Per combattere l’acne’ e ‘Lacrimogeni’ sarà più facile ritrovare punti di contatto tra due artisti così diversi e distanti.
In una fredda serata di dicembre il Circolo degli Artisti registra il pienone per la data romana della tournèe di Vasco Brondi, recente vincitore della ‘Targa Tenco’ come migliore opera prima.
I brani dell’album presentati sul palco vengono cantati insieme ad un’ampia schiera di fedelissimi fans che rivelano una totale adesione alle atmosfere post-industriali e agli scenari a volte apocalittici descritti dal cantautore. La presenza ingombrante della Montedison di Ferrara nel paesaggio e nella vita di provincia è la lente attraverso la quale leggere la poetica che pervade le canzoni: Brondi decide di adottare i versi di una delle sue prime canzoni, ‘Piromani’ come proprio nome d’arte, per dare maggiore risalto a questa presenza ingombrante, che impedisce allo sguardo di vedere le stelle per chilometri e chilometri, fonte di sostentamento, ma anche di inquinamento e di morte per un’intera cittadinanza. L’insofferenza per quei luoghi e per quella condizione viene trasformata in motore propulsivo per provare a cambiare le cose, l’energia può nascere anche dall’osservazione dei buchi del piercing che si richiudono, l’amore trova nuove forme di espressione nel tentativo di accendersi una sigaretta coi fulmini, senza compassione ed autocommiserazione.
Ci troviamo di certo di fronte ad un personaggio destinato ad un futuro radioso, a patto però di crescere dal punto di vista musicale: se è condivisibile la scelta di un’opera prima scarna e minimalista proprio per dare risalto alla desolazione di certi luoghi fisici e dell’anima, sarà fondamentale arricchire l’ambito musicale con sonorità più consistenti e corpose, che diano più respiro all’ascolto e possano ampliare gli orizzonti sonori. Brani come ‘Sere feriali’ lasciano presagire che questa sia una strada percorribile: ce lo auguriamo aspettando fiduciosi questa evoluzione che possa dare un maggiore equilibrio tra parole e musica.
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Recensione by Fabrizio
Foto by Magister

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