Set 042014
 

Roma, Campo Boario, 7 Agosto 2014

★★★★☆

profondo

Serata estiva romana dal sapore cult, quella tenutasi alla Città dell’Altra Economia (ex Villaggio Globale), alle porte di Testaccio e della movida notturna capitolina. L’evento in questione è, per certi versi, imperdibile: proiezione pubblica di Profondo Rosso con commento musicale dei Goblin… dal vivo! Per dirla tutta, i Goblin in realtà sono rappresentati dal solo Claudio Simonetti, unico membro originario oggi accompagnato dai Daemonia, alfieri della svolta dark-metal intrapresa dal tastierista da un decennio a questa parte. La serata inizia con un ricordo del maestro Giorgio Gaslini, coautore di alcuni brani della soundtrack originaria e recentemente scomparso, mentre a seguire sale sul palco un Dario Argento visibilmente emozionato che introduce lo spettacolo. Nonostante Profondo Rosso sia prossimo al compimento dei quarant’anni, la resa della pellicola resta stupefacente, con brividi di sano terrore che scorrono sullo schermo puntellati dalle martellanti sonorità dei Goblin, esecutori perfetti di una colonna sonora assurta a mito grazie all’inquietante title-track, esempio straordinario di commento musicale superbo ed a tratti perfino sopra le righe, senza meno frammento insostituibile del capolavoro argentiano. Inutile indugiare in giudizi lodevoli riguardo al film in sé: Profondo Rosso resta il capostipite di un filone cinematografico radicalmente stravolto dall’avvento di Argento e dalla sua proposta, ed i volti di Hemmings e Lavia sono oramai parte integrante di un immaginario collettivo che abbraccia l’arco di tre generazioni, stagliandosi di netto dalle produzioni exploitation successive e toccando uno zenit nel passaggio dal thriller all’horror italico mai più raggiunto da altri in seguito, imitato a profusione dai cineasti europei ed americani che sulla scia di Profondo Rosso costruiranno intere carriere destinate ad alterne fortune. Tralasciando quindi la componente cinematografica, l’esibizione dei Goblin è pressoché impeccabile, con arrangiamenti e tempistiche perfette contraddistinte dalla venatura prog-metal che fonde le ritmiche dei vecchi Goblin con le odierne tematiche dei Daemonia. La seconda parte del film apre al gruppo la possibilità di entrare maggiormente nel contesto: le sequenze della villa vengono scandite magistralmente dal basso di Mad puppet, con le lunghe digressioni strumentali che si riallacciano poi al prefinale nella scuola prima della morte di Carlo/Lavia. Forse la performance migliore è offerta dai musicisti nella lunga jam Deep Shadows, altro segmento del film divenuto storico, con Marc che resta sospeso nel vuoto e le percussioni di Titta Tani che scandiscono il ritmo, prima che le tastiere preludano alla scoperta della stanza murata ed all’incendio nella villa. Superfluo ricordare l’agghiacciante nenia infantile (ripresa in School at night), o il funereo Death dies che accompagna la truculenta uccisione di Giordani (l’ottimo Glauco Mauri), prima che la pellicola si chiuda sull’immagine fissa di Marc riflesso nella pozza di sangue davanti al mitico ascensore con l’omonima Profondo rosso che scorre esiziale sotto i titoli di coda. Difficile ipotizzare una riuscita migliore relativamente alla proposta in questione, con una cornice di pubblico di tutto rispetto (è pur sempre il 7 di agosto) e la professionalità impeccabile di questi eccellenti musicisti in grado di riproporre un simile gioiello rilucidato ad hoc a distanza quarantennale. A fianco di Simonetti (tastiere) e di Titta Tani (batteria), troviamo Federico Amorosi al basso e Bruno Previtali alla chitarra, ovvero l’ensemble completo dei Daemonia che da quindici anni si diverte a rispolverare a dovere i grandi classici dei film di Argento. Dopo l’esperimento effettuato a Torino, il revival romano ha ribadito, semmai sussistessero ancora dei dubbi, l’immortalità di Profondo Rosso e della sua colonna sonora venerata e collezionata da mezzo mondo (Giappone in primis), dimostrando quanto il mito di Argento sia ancora presente nella memoria degli appassionati di genere, a prescindere dalle poco fortunate produzioni recenti. E Profondo Rosso rimane una vetta insuperata del thriller nostrano. Nel suo genere, un capolavoro.

Recensione di Fabrizio ‘82

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