Dic 142014
 

Monte del Lago – Magione (PG) ,  27 settembre 2014

vila fest posterAnche se in ritardo, ci occupiamo del Villa festival in quanto esso costituisce, soprattutto per la serietà organizzativa e l’ottima selezione dei musicisti, una delle rare occasioni che in Italia offrano la possibilità di assistere a concerti di ottima levatura per chi ama le sonorità oscure, dal neofolk alla dark wave, al dark ambient, al neoclassical ed all’industrial.
La cura nella scelta degli artisti, la qualità delle esibizioni e delle proposte culturali è molto qualificata e viene portata avanti da sempre con costanza e determinazione.
Nell’edizione del festival di quest’anno lo sforzo organizzativo dei valenti operatori culturali è stato però messo a dura prova dalla scarsa partecipazione del pubblico. Ed è veramente un peccato, vista la qualità degli artisti che come nelle passate edizioni hanno animato il palco del Teatro Comunale di Magione, scelto per l’evento, dopo il consueto appuntamento pomeridiano a Villa Aganoor Pompilj, dove c’erano pochissime persone e dove abbiamo potuto assistere alla seduta di prova del duo Chordiform, animato da Johan Levin (Desiderii Marginis) e Ji Young Son (organizzatrice del Villa Festival).
Sono bastate poche note per lasciar intuire l’ottima qualità dell’ensemble, l’avvolgente fascinazione ambient noir del suono, carico di malinconica suggestione. Un progetto di elettronica soft sperimentale che speriamo possa vivere e svilupparsi. Vista la scarsissima presenza di spettatori, abbiamo dovuto constatare con grande rammarico l’avvenuto annullamento dei concerti non solamente di Chordiform, ma anche di Lost in The Woods (John Levin, Lars Tangmark) ed Endless Asylum, il progetto solista di Sathory,s Elenhort (Der Blaue Reuter, Narsilion, Ordo Funebris), inerente immagini e prospettive visuali di posti abbandonati, (con il quale, peraltro, avevamo piacevolmente scambiato opinioni), previsti per il pomeriggio alla Villa.

DIGAMMA COTTAGE: Incanto Psichedelico
★★★☆☆
digammaUn suono avvolgente, liquido, coinvolgente ci è stato offerto dai Digamma Cottage, gruppo underground di matrice neofolk psichedelica, che hanno aperto le danze al Teatro comunale Mengoni di Magione, ove ci siamo opportunamente trasferiti.
Digamma Cottage è la denominazione dell’ultima residenza londinese di Ugo Foscolo, prima della morte. Il richiamo alla poetica romantica dell’ensemble è forte e pieno di suggestione, animato da intense note di luci e d’ombra, mai banale, introspettivo e magicamente soffuso di eterea bellezza. I riferimenti del loro suggestivo album del 2013, “Tout Est Et N’Est Rien” sono tutti infatti per i poeti John Keats e Iginio Ugo Tarchetti e le sonorità appartengono ad un neofolk decadente, malinconico e certamente di grande originalità, come abbiamo potuto rilevare dall’ottima performance che l’ensemble di VincEnzo Loffreda ha realizzato, riproponendolo, insieme a nuove composizioni realizzate appositamente per il festival.
Scultori di suoni, la loro crepuscolare performance, interamente strumentale, risulta profonda e ipnotica, articolata su tre chitarre virtuose e protese verso l’infinito, ed una quarta baritonale, in sostituzione del basso, in una sorta di post rock straniante, originale e creativo. Ed alla fine, una ciliegina sulla torta: in virtù di una precedente collaborazione con Andrew King e con AIMA (Les Jumeux Discordants, AimaProject), i Digamma Cottage hanno accompagnato prima King, che ha declamato, con versi di grande impatto emozionale, la loro “The Sea Voyage”, tratta dal poema “Ulysses” di Alfred Tennyson, e per l’ultimo brano entrambi i musicisti, che insieme, si sono esibiti in una breve ma suggestiva performance.

ANDREW KING: Il Menestrello dell’Apocalisse
★★★½☆
andrew_king1Sale sul palco Andrew King, istituzione del folk tradizionale britannico, già collaboratore, a più riprese, con gli epocali Sol Invictus: la sua performance è subito tesa, allucinata, visionaria. Egli si dimostra in realtà un artista estremamente poliedrico, musicista sperimentale ed originale, dotato di una voce pastosa. E’ solo, ma si avvale di molti strumenti, sembra quasi una piccola orchestra.
Fortemente coinvolto, anche per retaggio familiare nella Grande Guerra, di cui quest’anno ricorrono le celebrazioni del centenario, egli per l’occasione ha registrato composizioni che richiamano le memorie di quella grande tragedia dell’umanità, come la lunga, drammatica, recitativa “The Stripping of The Alters” e la splendida “Gethsemane”. La sua voce stentorea declama, accompagnata da tracce preregistrate da un harmonium, e suona dal vivo timpani, gong, e diverse percussioni di origine medioevale. Diversi sono i brani di grande impatto emotivo come “The Stalls of Barchester Cathedral” e “The Wife of Usher’s Well”, basato su un canto tradizionale scozzese, che richiama le antiche tradizioni matriarcali, e che alterna un recitativo fortemente allucinatorio alla sua evocativa potenza baritonale. Quest’ultimo brano è tratto dal suo album capolavoro, “Deus Ignotus” compendio di musica antica, di argomento biblico, coniugato con il moderno neofolk, di cui è divenuto un autentico architrave.
Menestrello gotico, apocalittico e raffinato, King possiede una straordinaria, magnetica presenza scenica: la sua narrazione da teatro elisabettiano, la sua voce straordinaria, la sua concitata e drammatica recitazione rammenta un suggestivo, cupo canto funebre.

LES JUMEAUX DISCORDANTS: Cuore di Tenebra
★★★½☆

Les Jumeaux DIscordaLES JUMEAUX DISCORDANTSnts, Il progetto Dark Ambient di Roberto Del Vecchio (ex Gothica) e AimaProject (scrittrice, musicista) è originale ed inquietante, la loro esibizione è stata avvolta da una cupa aura di mistero e di tenebrosa fascinazione. Fortemente influenzati dalla poesia e dalla filosofia, i musicisti sembrano ispirarsi ad alcune sonorità dei Dead Can Dance, di Der Blutharsch e di Diamanda Galas. Il percorso creativo è però autonomo e foriero di una forte, emozionale suggestione, che il suono del synth e delle percussioni marziali, cupo, potente, facendo da contrappunto alla vocalità di AIMA, che dà corpo alle sottese inquietudini esistenziali, sottolinea con cupa, rituale fascinazione, come nella inquietante e bellissima “Delfica”.
Non mancano splendide citazioni neoclassiche nella loro poetica, come “Deduke mèn a Selanna kai Pleiades”, di cui hanno realizzato un bellissimo video. Una performance che ci ha messo a confronto con un ensemble criptico, dalla forte ed autorevole presenza scenica, i cui riferimenti esoterici, particolarmente colti e raffinati, determinano un’aura di arcana fascinazione, e che merita certamente una maggiore visibilità. D’altronde, gli stessi progetti solisti di AimaProject spaziano mirabilmente tra tematiche neoclassiche, gotiche, mistiche ed arcane.

HIDDEN PLACE: Electro Dance dell’Oscurità
★★★½☆

HIDDEN-PLACEGli Hidden Place , che traggono il nome da una splendido brano di Bjork, con la loro piacevole, fascinosa e raffinata Electro Wave anni ottanta, portano un tocco Dance al Villa Festival, ma una tipologia di dance fortemente dark vista come anelito di libertà e di ricerca estetica, improntata a raffinatezza stilistica. Il loro sound è una Coldwave intrigante, piacevolmente intrisa di un delicato tocco vintage.
Le loro composizioni sono comunque profonde ed impegnative, quanto a riferimenti letterari: il D’annunzio di “Fuochi Fatui”, il minimalismo teso e drammatico di “Scenari d’Occidente”, che si staglia sopra la voce di Marinetti che declama il manifesto futurista, ci fanno ben intendere che la loro musica non vuole limitarsi ad un orientamento dance, ma richiede di essere fruita anche intellettivamente.
“Emotional Frequencies” è un dark elettronico cupo e suggestivo, lento e solenne; si sentono influenze dei Kraftwerk e dei misconosciuti, seminali “Kirlian Camera”, che fondendo il suono di Donna Summer con quello dei Visage, hanno introdotto nella musica dark l’elemento dance, ma con un tocco di cupa austerità, ma anche dei “Frozen Autumn”, con cui l’ensemble ha in passato collaborato. Così Hidden Place, che tiene molto bene il palco scenico, e ci ammalia con gelide ma attraenti composizioni, dove la sensuale voce di Sara Lux si staglia potente, come nella bella “Picture Hall”, in un geniale incastro di chitarre e tastiere. “Gioco Cromatico” è una melodia malinconica e suggestiva. “Without Time” torna ai ritmi dance, in modo languido e solenne. “Centrali Termoelettriche”, inizia robotica, angosciosa, e poi si staglia, ancora con la voce di Sara Lux, in una raffinata, malinconica melodia. Un concerto di qualità, una elettronica solenne e nello stesso tempo godibile. Ben più pesanti erano le sonorità rappresentate nell’album “Weather Station – Early Works, che proponeva versioni di “Emotional Frequencies” e “Centrali Termoelettriche” ancora più cupe, robotiche, di sapore quasi “industrial”.

LUPI GLADIUS: Passione Neofolk

★★★½☆
lupiLupi Gladius è il progetto parallelo, che brilla comunque anch’esso di luce propria. Qui siamo nel campo del “neofolk” più puro ed originale. Come si evince dallo stesso nome dell’ensemble è la Romanità il riferimento culturale: scorrono su di uno schermo retrostante le immagini di antiche statue di guerrieri dell’antica Roma, come riportati sulla copertina del loro recente album, “Veritas”, di cui l’ensemble ha riproposto alcuni dei brani più immaginifici. La loro musicalità è quella di uno struggente, fascinoso neofolk, che ricorda i Forseti, i Sonne Hagal, ed in certe sonorità neoclassiche, persino i Seelenthron.
Anche qui si sente la netta influenza della poesia futurista marinettiana, ma più che i riferimenti culturali, nell’album, contano la fascinosa, malinconica musicalità, un misto di martial folk e new wave anni 80. La voce di Sara Lux si staglia anche in questo caso libera e potente. Suggestione onirica, richiamo della Tradizione contro una società disumanizzata, suoni cristallini soffusi di un intenso lirismo, non usuali nel panorama neofolk del nostro paese, se non in ensemble come Argine, nei confronti del quale Lupi Gladius rivendica affinità artistiche e spirituali.
Se dunque la cupa, aspra weltanschauung dell’ensemble appare certamente opinabile, la purezza dei suoni, l’elegiaco lirismo esprimono un talento assolutamente non convenzionale.

SIXTH COMM: Tenebre Pagane
★★★★☆

SIXTH COMMSixth Comm, headliner della rassegna, non delude affatto le aspettative. Questo progetto di musica sperimentale nacque nel 1986 da una costola dei Death in June, con la separazione di Patrick Leagas, che sembra abbia scelto detta denominazione ispirandosi al “Sesto Comandamento, Non Uccidere”.
Inizialmente fu un progetto parallelo ai Death in June, di matrice neofolk, ma a poco a poco Leagas dette un’impronta più “industrial” e “dance elettronica” all’ensemble, rivolgendosi, tematicamente, a contenuti fortemente esoterici, in particolare runici, ispirati al suo mentore, l’occultista inglese Austin Osman Spare, sino a connotarsi fortemente di paganesimo, avvalendosi, saltuariamente, della collaborazione artistica di Freya Aswynn e più continuativamente di Amodali, sua moglie (con la quale condividerà, per un certo periodo di tempo, il progetto parallelo “Mother Destruction”, caratterizzato da una ethno dance tellurica e sepolcrale), entrambe sacerdotesse pagane.
Un live act, quello di Leagas , teso, aggressivo e potente, che spazia da “Foretold”, “The Calling” e “The Torture Garden” dal capolavoro “Nada” album a suo tempo composto dai Death in June, nell’ambito del quale Leagas, insieme alla compagna Drummer Donadio (sua collaboratrice nell’ultimo album di studio, “Schrage Music”), esegue molti brani, tra cui le bellissime, armoniose “Nothing Life”, e “Drown by Faith”, fino alla ipnotica “One’s Man’s Hell”, con armonica a bocca introduttiva.
Una performance, quella di Sixth Comm, basata essenzialmente, in un palco appositamente dotato di rune e simboli esoterici, su di una drammatica, intensa gestualità sacerdotale, sciamanica, anche nel look dove appare la maschera druidica , densa di aggressiva, primordiale tribalità, nonchè su di una vocalità lacerante, ma, nello stesso tempo, melodica, e sull’uso frenetico di percussioni. L’ensemble è in possesso di una potente presenza scenica teatrale, di una mirabile propensione a rendere partecipe l’audience della propria angoscia tramite il coinvolgimento in uno spasmodico pathos.

Pur se strutturato stavolta in una sola serata The Villa Festival in definitiva non ha deluso le aspettative. Va tra l’altro rilevato che i valorosi organizzatori erano andati in trasferta, in primavera, per organizzare il Valhalla Festival, in Svezia. Certamente non possiamo esimerci dal dire, che pur con la lodevole intenzione di perfezionare la qualità della ricezione del suono utilizzando il Teatro Comunale Mengoni di Magione, i concerti in Villa conservano un fascino ed una magia particolari. A titolo di esempio vorrei rammentare alcuni di quelli che si sono tenuti nel corso del tempo nella bellissima cripta di Villa Aganoor Pompilj, come “Ouroboros”, splendido concerto di magia cerimoniale, “Hexperos”, l’incanto neoclassico, la rivelazione del Villa Fest 2013 ed,” Arcana”, la sepolcrale, geniale suggestione.
Non rimane che da dire ai valorosi organizzatori: l’Italia non può perdere manifestazioni culturali di questo tipo, anche se riguardano pochi eletti. Se anche la cultura underground scompare nel nostro paese, se solamente il mainstream avrà senso compiuto, ci impoveriremo ulteriormente. Lunga vita al Villa Festival!

Reportage di Dark Rider

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