Mar 142012
 

Milano, Alcatraz 8 marzo 2012

★★★★☆


Grandi, a tratti grandissimi. Ecco i Wilco che hanno riempito l’Alcatraz per la prima data italiana del loro The Whole Love Tour. Preceduta dal (breve, per fortuna) set in solitaria di una tale e non meglio identificabile Scarlett O’Hanna, cantautrice di belle e un po’ malriposte speranze che si posiziona a metà strada tra Tori Amos e Joan As a Policewoman, ma molto distante da entrambe per resa, presenza e repertorio, una delle più grandi rock band americane degli ultimi anni si presenta sul palco milanese in stato di grazia: scaletta corposa e variegata, amplificazione perfetta ed ottimamente calibrata (..un pelino di volume in più alla voce non avrebbe però guastato…) la giusta miscela di brani nuovi e vecchi (ben sette dal Cd uscito in settembre, ma anche un bel po’ da A Ghost is Born, sorprendentemente solo Bull Black Nova dal penultimo Wilco-The Album). Più in generale, la sensazione di una band davvero affiatata, padrona assoluta del palco ed in totale sintonia con il caloroso pubblico (ruffianamente giudicato da Jeff Tweedy come ‘the best audience in the world’!). Il concerto rispecchia l’attuale posizione dei Wilco nel panorama musicale della seconda decade del terzo millennio: una fortissima radice negli anni settanta (the Art of Almost, titolo e brano davvero rappresentativo della loro attuale poetica, quell’Arte del Quasi che sembra per loro rappresentare la sola strada attualmente percorribile da un musicista degno di questo nome); una vena pop un po’ sbarazzina che denota una raggiunta serenità e coesione dei membri della band (il gioiellino Dawned on Me col consiglio di andarvi a vedere il video/cartoon su YouTube), davvero sodale e coesa come non mai, una costante attenzione alla tradizione country & folk rivisitata ed inacidita da fermenti hard-rock (Misunderstood), un ricorrente riferirsi al nume tutelare Neil Young (At Last That’s What You Said) e sullo sfondo la presenza lieve ma di certo perfettamente percettibile dei Beatles di Revolver. E’ sempre però antipatico riferirsi ad una band collegandola ad i suoni ed alle atmosfere di altri: qui si tratta di solo di grande musica, una sorta di grande antologia della buona musica americana, non importa definirne l’origine, la provenienza o la destinazione, musica che parla al cuore, che parla dell’amore nella sua interezza, a cui consentire con totale fiducia l’accesso alle nostre menti. Due ore e venti difficili da descrivere rendendo appieno il piacere di essere stati tra il pubblico a cantare Jesus etc., a restare come sempre incantati all’ascolto del perfetto intreccio di chitarre di Impossible Germany, zompettare con il r’n’r di I’m the man Who Loves You, e l’elenco potrebbe continuare ancora a lungo visti i ventisette brani in scaletta. Qualcuno per descrivere i Wilco, soprattutto dal vivo, ha parlato di una rodata macchina da guerra, ma siamo più propensi a considerarla un prodigioso e gioioso veicolo di pace e amore, che riempie testa e cuore e che dopo il concerto ti trasporta a casa un po’ più sereno e di certo una persona migliore. Grazie Jeff & c., get well soon everybody !!

Recensione di Fabrizio Forno

Scaletta:
Hell Is Chrome
Art Of Almost
I Might
Misunderstood
Bull Black Nova
At Least That’s What You Said
Spiders (Kidsmoke)
Impossible Germany
Born Alone
Laminated Cat
Open Mind
Hummingbird
Handshake Drugs
Box Full Of Letters
Capitol City
War On War
Dawned on Me
A Shot in the Arm

Encore:
Whole Love
I’m the Man Who Loves You
Jesus, Etc.
Theologians
Heavy Metal Drummer
Red-Eyed and Blue
I Got You (At The End Of The Century)
Outtasite (Outta Mind)
Hoodoo Voodoo

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