Mar 292021
 

Incontriamo Alessandro Tomaselli, un viaggio musicale che parte dalla Puglia fino ad arrivare a Berlino. Ecco questo viaggio raccontato dal musicista che ha fatto da poco fatto uscire” Guarda come ti guarda” il suo secondo lavoro, realizzato con il prezioso apporto di Amerigo Verardi.
“Guarda come ti guarda” è uscito per la XO la factory

Ciao Alessandro e benvenuto su Slowcult! Questo tuo secondo lavoro è ben diverso dal tuo esordio in solitaria. Come spesso dico io a volte le canzoni una volta nate nude e crude hanno bisogno di vestiti da indossare e questi colori che scelgono vengono da lontano. Come hai scelto questi vestiti per le nuove canzoni?

A.T: Ciao Slowcultl! Non proprio da così lontano. Mi sono lasciato un promemoria prima di cominciare a registrare, vicino al computer, un “ricordati che devi morire” troisiano, una specie di manifesto, un’agenda a cui attenermi nei momenti di confusione che già tomaall’nizio sapevo si sarebbero manifestati (e così è stato), conoscendo a cosa si va incontro quando si decide di registrare un album intero da soli. Questo promemoria diceva di ricordarmi di non spendere troppo tempo sul computer e di cercare di suonare gli strumenti acustici il più possibile. Lo stabilire così a priori di restare ancorato alla realtà, alla riproducibilità è stato a conti fatti una scelta stilistica vera e propria e ha condizionato il suono dell’album. Il sound sarebbe potuto essere tutt’altro. Con lo schermo e i plugin davanti spesso tralascio il bisogno fisico di uno strumento acustico. Menomale che ci sono i promemoria.

Come è nato l’incontro con Amerigo Verardi che ricordo essere persona molto attiva nel circuito del rock indipendente italiano. Bello rivederlo in attività. Sicuro vi lega di essere entrambi pugliesi. Il tuo primo lavoro è uscito poi per la sua etichetta

A.T.:Io e Amerigo ci siamo conosciuti anni fa, tipo nel duemila. Ero all ´Università, vivevo a Lecce. Credo che lui in quel frangente stesse tornando dal nord. Registrò poi quel periodo con i Lotus, “Nessuno è innocente”, un disco meraviglioso. Vabbè, Amerigo è un grande artista, uno di quelli che va per il meglio e che si tira dietro tutti quelli che gli stanno intorno. Un cuore grande. Credo che Bowie fosse proprio quel tipo di generosità, dietro l’artista, da quanto si legge a posteriori su di lui. Non che io mi senta Lou Reed o Iggy Pop.

Anche noi Mardi Gras abbiamo campionato il famoso discorso di Severn Cullis Suzuki all’Onu. Un discorso che anticipò di moltissimi anni i discorsi e le battaglie di Greta. Il campionamento lo ritroviamo nel tuo brano “La Plastica”. E’ importante gettare la luce su questi temi, visto che tutta l’attenzione del mondo è concentrata sulla pandemia. Rischiamo di scordarci tutto il resto

A.T.: L’idea di finalizzare la parte musicale di “La plastica” con la voce di Suzuki mi è venuta in occasione dell’ultima conferenza Onu un paio di anni fa, quando Greta Thunberg sgridò worldwide gli adulti presenti e non, dicendo indignata che le era stata rubata l’infanzia, in parole povere. Molti, anche insospettabili, ebbero da ridire al limite tra l’incredulità e l’imbarazzo, obiettando che la ragazzina sarebbe dovuta essere tra i banchi di scuola o che quantomeno ci doveva essere dietro qualche massoneria che la stava pilotando per ragioni da definire. Nella stessa sede, Bolsonaro dichiarava che l´Amazzonia era affare del Brasile, senza vergogna. Nessuno ebbe da ridire su questo soggetto né si scandalizzò. Sui social, tutti erano accaniti contro la ragazzina indignata e nessuno provò imbarazzo di fronte al governante di una delle nazioni più estese del pianeta, che diceva pubblicamente che l´Amazzonia, il polmone del pianeta, era cosa sua e che ne avrebbe fatto ciò che voleva. Io, non essendo (o non volendolo diventare) capace di dibattere sui social, o semplicemente non volendo cadere nella polemica, ingoiai. Capii con ritardo che tantissima gente preferiva aggredire Greta perché si sentiva in difetto, nascosta dietro avatar, mentre una ragazzina di sedici anni stava rinunciando fisicamente a una vita normale per fare qualcosa di concreto a livello internazionale di mobilitazione collettiva. L’imbarazzo di quella gente non era quindi rivolto verso Greta ma verso se stessa e il proprio inutilismo.
È passato del tempo e poi mi sono imbattuto nel video di Severn Cullis Suzuki, “la bambina che zittì il mondo per sei minuti”, un viral da sempre, almeno da quando sono comparsi i viral come pratica di consumo mediale e ho pensato di usarlo come forma di aiuto, di sostegno a Greta, la quale in realtà sta consumando una battaglia che non è cominciata oggi con lei né finirà domani. Questo tempo di pandemia è poi caduto proprio a pennello, giusto per ricordarci fin dove può arrivare la calamità, qualcosa che non sia una guerra necessariamente, ma di altrettanto inconciliabile, incontrollabile, dove c´è comunque più o meno di mezzo la mano di quel monellaccio dell´uomo. E di questo stato di calamità, attualmente, i giovani sono i più colpiti e coloro che ne soffriranno più nel lungo termine. E molti di loro si stanno pure perdendo come Greta qualche anno di adolescenza.

Raccontaci le tue esperienze berlinesi, e il tuo fare musica in una città che molti descrivono essere molto attiva sul versante culturale

A.T.: A parte il clubbing che a onor del vero è uno stereotipo verissimo, a Berlin c´è davvero tutto. Dipende dove vuoi stare, che cucina vuoi mangiare. Arm aber sexy (povera ma sexy). Certo, dire così in questo momento storico sembra quasi una provocazione.
A parte tutto e raffreddori vari, Berlino mi ha dato tantissimo in questi dieci anni che la vivo. Non ho suonato molto in giro ma quelle poche volte, memorabili. Tre quattro volte ho fatto busking dalle parti di Hackescher Markt e ne ho un bellissimo ricordo. Molti concerti nelle case, alcuni qui e lì nei bar, dalle parti di Kreuzberg- Neukölln, anche Prenz-Berg, di quei bar tirati su con pochi soldi e mobili usati, che sembrano contare più di uno nuovo di zecca. I miei fine concerto si sono spesso rivelati più entusiasmanti dei concerti stessi. Una volta a show finito, entrò nel bar una coppia, un ragazzo e una ragazza, piuttosto giovani di cui mi dissero poi che giravano porno noir nei boschi. Facemmo una jam sul palco frizzantissima. Lui cantava e suonava, lei cantava e basta. Io mi stesi la chitarra sulle gambe e cominciai a suonare battendo le dita sulle armoniche. Di colpo diventai bravissimo. Il pubblico era felice e tutti ballavano. Questi due tizi poi andarono via e non ci fu nessuna orgia. Il concerto lo aveva organizzato mio fratello Gabri, pure lui alla chitarra, anche lui a Berlino da tempo (ora vicino di casa).
A un altro fine concerto dei miei, una volta, in un baretto chiamato Fuks, vicino Hermannplatz, ci sedemmo a show finito tutti in cerchio e a turno ci passavamo il microfono, cantando e improvvisando o semplicemente parlando, su me che suonavo la chitarra e davo una specie di LA.
Pure questo elenco di cose belle mi sta sembrando ora una provocazione. Speriamo si riprenda a suonare dal vivo al più presto.

Grazie Alessandro di questo scambio!

A.T: Grazie Slowcult!

Guarda il video di “About Six Years No Smoking Wow”

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