Feb 132014
 

Roberto ‘Freak’ Antoni: sono i fatti che contano.
Nell’Italia degli anni di piombo, più’ precisamente nella Bologna dove da poco erano morti i sogni rivoluzionari del movimento del 77, la Bologna di Radio Alice, di Cavallo Pazzo e del DAMS, nascono gli Skiantos. Molto di più che i semplici padri del rock demenziale, sono stati lo specchio fedele di una generazione delusa dall’impegno politico, disincantata, ironica e graffiante, caustica e mai allineata. Molto prima della satira di Michele Serra e della rivista “Cuore” e con un taglio più anarchico, meno levigato e solo apparentemente più rozzo dei loro eredi Elio e le Storie Tese, avevano capito che in Italia non c’è niente da capire e che l’antidoto omeopatico per sopravvivere all’assurdo del quotidiano può solamente essere l’assunzione massiccia di dosi di non-sense, follia, ironia attraverso canzoni e performance spiazzanti in perfetta filosofia punk, nuova ondata non solo musicale che proprio in quegli anni emergeva prepotentemente. Leader indiscusso degli Skiantos era Roberto Antoni, uomo di cui faremo davvero fatica a sopportare la prematura scomparsa. Il suo essere un’avanguardia punk fino in fondo, fino alla morte, si manifestava senza bisogno di assumerne le sembianze che l’iconografia del movimento imponeva: niente creste di capelli, niente spille da balia che traforano le guance, piuttosto un atteggiamento sornione ed elegantemente distaccato, apparentemente disfattista e nichilista, un punto di vista lucido che sapeva cogliere le contraddizioni e le assurdità della Prima Repubblica e di quelle a seguire. E non solo attraverso dischi e concerti.
Tra le caratteristiche che contraddistinguono un genio, spesso c’è la capacità di anticipare i tempi. Nel caso di Roberto ‘Freak’ Antoni, a conferma di tale qualità sarà sufficiente sfogliare un suo libro di una ventina di anni fa, geniale già dal titolo: “Non c’è gusto in Italia ad essere intelligenti (seguirà dibattito)”; tra le pagine più comiche e dissacranti che possa capitare di leggere, degne del miglior Woody Allen (quello di “Saperla lunga” e “Citarsi addosso”) con aforismi degni di Ennio Flaiano e Marcello Marchesi e con un’appendice alla quale sono personalmente molto legato: il libro conteneva infatti una serie di testi di canzoni messi a disposizione di band che ne volessero fare liberamente uso. Con la mia band dell’epoca restammo colpiti da due testi in particolare: “Polli”, ritratto metaforico di una società che stava allegramente e inconsciamente (?) precipitando nel berlusconismo, ma soprattutto “Sono i fatti che contano”, che sentimmo davvero nostra e che ispirò l’unico nostro brano che tuttora ritengo degno di nota, al punto che quando poi un paio d’anni dopo gli Skiantos si riformarono pubblicando un album con la loro versione della stessa canzone, fummo convinti (e lo sono tuttora) che la loro non fosse altro che una malriuscita cover del nostro brano. Per rendere alla memoria ed al genio di Roberto Antoni, ecco qui di seguito il brano, per certi versi preveggente e profetico.

Le guerre si inventano
le notizie si gonfiano
i miti tramontano
ma sono i fatti che contano

i filosofi pensano
gli aerei si scontrano
i bambini si comprano
ma sono i fatti che contano

sono i fatti che contano
sono i fatti che contano
sono i fatti che contano
sono i fatti che…
sono i fatti che…
sono i fatti che…

i soldi mi mancano
le ragazze non vengono
i gay poi si offendono
ma sono i fatti che contano

i neri aumentano
i tifosi che rompono
le mamme poi piangono
ma sono i fatti che contano

sono i fatti che contano
sono i fatti che contano
sono i fatti che contano
sono i fatti che…
sono i fatti che…
sono i fatti che…

le passioni tormentano
gli operai che si arrendono
i disk jockey che cantano
ma sono i fatti che contano

le occasioni che tardano
i rossi si pentono
le fortune si spendono
ma sono i fatti che contano

sono i fatti che contano
sono i fatti che contano
sono i fatti che contano
sono i fatti che…
sono i fatti che…
sono i fatti che…
…cantano

Fabrizio Forno

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