Giu 092010
 

Roma, Auditorium Parco della Musica, 14 maggio 2010

★★½☆☆

Ci sono donne che graffiano (PJ Harvey o Tori Amos) e donne che accarezzano (Natalie Merchant). Louise “Lou” Rhodes da Manchester fa parte del secondo gruppo. Da brava mamma quarantenne culla il suo pubblico con le sue dolci nenie riscaldandolo dall’uggiosa serata romana. E dire che ero rimasto folgorato da Lou Rhodes per ben altri contesti, un concerto dei Lamb, band in cui si è formata ed in cui, spero, torni presto a lavorare, a Villa Borghese. In quell’occasione la prestazione di free jazz, drum ‘n bass, talvolta anche trip hop, fu semplicemente memorabile. Di conseguenza fa un certo effetto ritrovarla alla chitarra acustica (suonata più che egregiamente) in versione molto intimista, accompagnata in trio da basso e, alternativamente, violoncello o piano. Per quanto possano essere belle le canzoni ed il trasporto con cui le propone, resta la sensazione di essere limitata dalla semplicità delle stesse. Anche la sua splendida voce, che usa indifferentemente tra toni bassi ed alti, viene usata al massimo al trenta per cento della sua effettiva potenza e duttilità. Ciò non toglie che lo spettacolo sia più che gradevole, sussurrato, con il pubblico che aspetta sempre un cenno della cantante per cominciare ad applaudire come se avesse paura di disturbare. E la stessa resterà per l’intera ora di concerto come sospesa in punta di piedi, come avesse paura di fare rumore. Eppure gli stanti, non troppi per la verità, tanto che il concerto subisce uno spostamento di location in sala meno capiente, apprezzano e dimostrano di conoscere i tre lavori solisti di Lou. Sono applausi scroscianti per One good thing e Each moment new, pezzi di apertura rispettivamente di ultimo e primo disco, si trattiene il fiato per Magic Day, Melancholy me e Why wait for heaven, si apprezza la breve e dolce The More I Run e si esulta per l’unico richiamo del passato Lamb, quella Gabriel, qui presentata in versione molto jazzy, che rientra nel lotto delle migliori composizioni degli ultimi dieci anni, che neanche l’uso e l’abuso pubblicitario hanno reso meno appetibile e stantia.
Una bella serata, Lou. Ma i Lamb sono altra cosa

Recensione di Attilio
foto di Fabrizio

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  2 Responses to “Lou Rhodes: languide carezze, ma i Lamb sono altra cosa”

  1. […] è sempre stata associata al movimento Trip Hop e non risulta difficile capire il perché. Il duo (Lou Rhodes alla voce e Andy Barlow al “resto”) è accompagnato dal fido Jon Thorne al contrabbasso e da […]

  2. […] di Barlow aveva privato la sua voce di un indispensabile solidità, come ampiamente dimostrato dal live set presentato un paio d’anni fa in perfetta solitudine, rivelatosi per l’appunto un po’ moscetto. Basti pensare alla […]

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