Mar 042015
 

“Operamolla” di Ivan Talarico e Luca Ruocco

Roma, Teatro Orologio, fino al 1 marzo 2015

★★★½☆

 

operamollaDopo “La variante E.K.” sul tema del suicidio, e “g.U.F.O.” sul tema dell’alienazione, la trilogia dei DoppioSensoUnico si chiude con “Operamolla”, sul tema della malattia.

Lo spettacolo è incentrato su come la malattia viene sentita sia a livello individuale che collettivo. Tre fratelli sono chiusi in una sorta di casa-bara che diventa il loro rifugio, luogo ricco di false illusioni dove si sentono protetti, ma anche la loro prigione che li isola dalla realtà circostante e li cronicizza in uno stato di perenne attesa della morte. Sperano di finire la loro vita al più presto perché, ormai anziani e stanchi, non hanno alcun altro scopo che seguire il loro terzo fratello “davvero morto”. I morbi che essi avvertono sono vissuti come veri e propri drammi familiari e divertente è la gara tra i due fratelli a chi muore prima, ovvero a chi riesce a liberarsi del fardello della malattia, che altro non è che l’incapacità di accettare se stessi e di vivere gli alti e i bassi della vita. I fratelli si chiudono nelle loro false malattie psicologiche, spirituali ed emotive perché hanno paura di incontrare il loro mostro interiore e di combatterlo per poter davvero essere liberi e per risorgere “davvero”, anziché “pregando”, come suggeriscono i santi con cui entrano in contatto.

Quando finalmente uno dei due fratelli riesce a morire, lo spettacolo assume una piega completamente diversa. C’è dapprima la scena della processione, la parte più esilarante dello spettacolo che vale da sola il prezzo del biglietto.

Parte quindi la seconda parte, in cui i protagonisti sono un dottore, il suo assistente ed i suoi pazienti (anche qui evitiamo lo spoiler), le cui malattie sono spesso fasulle, e le assurde cure somministrate non fanno altro che peggiorare la loro condizione. Al contrario, chi è realmente malato, come Felice Operamolla, uomo davvero esistito a cui è dedicato lo spettacolo, è in grado di ridere della propria malattia.

Lo spettacolo fa riflettere sulle malattie che ci creiamo ogni giorno e di cui non sappiamo trovare mai la ricetta, e su come solo grazie all’aiuto e all’amore possiamo davvero liberarcene, riscoprendo il nostro animale sociale.

L’impianto dello spettacolo ricalca quello di “g.U.F.O.”, anche se la sceneggiatura diventa molto più essenziale, con l’abbandono quasi totale dei giochi di parole, in favore di suoni e versi. La recitazione di Ivan Talarico si fa molto più “classica”, con il solo Luca Ruocco che mantiene una recitazione al di sopra delle righe. Il ritmo è rallentato (soprattutto nella prima parte), e questo rende lo spettacolo più immediato allo spettatore (che, a differenza di “g.U.F.O.” è quasi sempre in grado di capire quello che succede), ma anche meno divertente.

Nel complesso “Operamolla”, pur rimanendo un tentativo ben riuscito di teatro anticonvenzionale, perde un po’ rispetto allo spettacolo precedente. La prima parte potrebbe lasciare interdetti, perché viene compresa pienamente solo a fine spettacolo; la seconda, certamente più divertente, soffre il fatto di avere una struttura troppo simile a “g.U.F.O.”, perdendone l’effetto-sorpresa. Che potrebbe anche andare bene, visto che trattasi di una trilogia.

Tuttavia ci auguriamo di vedere qualcosa di diverso nei prossimi spettacoli dei DoppioSensoUnico. Hanno provato a farci ridere di temi molto seri, e ci sono riusciti. Ma siamo sicuri che siano in grado anche di fare altro. E già lo hanno dimostrato nell’epilogo di “Operamolla”.

Segue intervista ad Ivan Talarico.

Chi sono oggi i veri malati?

Tutti siamo malati. Le malattie sono talmente diffuse che è impossibile vivere con la tranquillità di esserne immuni. E poi c’è la malattia sociale, legata ad un modo di comunicare distorto.

Come nasce “Operamolla” e la scelta del tema della malattia?

L’ispirazione è venuta da una notizia di cronaca. Trattasi della vicenda delle sorelle Tupputi, avvenuta a Barletta. Le tre sorelle erano state adepte di un prete che professava la resurrezione immediata del corpo. Si sono isolate in casa in preda a visione mistiche aspettando la morte, e pregavano tutto il giorno. Quando sono state trovate, vi erano due sorelle morte e tenute in condizioni igieniche pessime, mentre la terza era in forte stato confusionale.

Per realizzare lo spettacolo, abbiamo inoltre ascoltato le esperienze di persone da poco uscite da malattie.

Per quanto riguarda la scelta del tema, più che una scelta di argomento è stata una scelta di percorso, visto che abbiamo adottato cambiamenti anche nella messa in scena. Tanto per cominciare, dopo che io e Luca abbiamo realizzato lo spettacolo, non mi ha dato l’impressione di uno spettacolo che facesse ridere.

Proprio a riguardo della diversa messa in scena, si è notato un ruolo maggiore attribuito al suono, al significante più che al significato…

Fa parte del concetto di naturalezza che abbiamo cercato di ampliare in questo spettacolo. La recitazione è più naturale e più disinvolta, non ci sono giochi di parole, i personaggi non sono statici e caricaturali come in “g.U.F.O.”, ma sono più normali, ed abbiamo dato un’importanza maggiore al movimento.

Parliamo dei tuoi progetti paralleli. Hai appena pubblicato un libro di poesie.

Si intitola “Ogni giorno di felicità è una poesia che muore”. Sono poesie che ho scritto per uno svuotamento personale. Come ha scritto Antonio Rezza, che ha curato la prefazione del libro, “la poesia in un organismo sano è superflua”. Ecco, questa è una raccolta di frammenti superflui, di cui inizialmente non pensavo neanche alla pubblicazione. Scrivevo inizialmente sui social network, che è il modo più immediato per condividere i propri pensieri, anche se questo mi ha portato alcuni problemi quando mi riferivo a relazioni e situazioni personali.

Per quanto invece riguarda il teatro? Cosa c’è nel futuro dei DoppioSensoUnico?

Per il momento ci prendiamo una pausa ed usciamo dalla trilogia, anche se non è escluso che potremo riproporre tutti e tre gli spettacoli. L’obiettivo è adesso cercare d fare qualcosa di diverso, cercando un nuovo livello e nuovi stilemi.

Recensione di Andrea Longobardo & Laura Coppola

Intervista di Andrea Longobardo

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