
Il Flaminio ribolleva quando l’intro di “Where the streets have no name” risuonò forte e chiaro. Aspettavamo questo tour, ci erano giunte voci di cosa sarebbe stato, non c’era internet, ci affidavamo ai racconti e ai giornali musicali. Tutto era da scoprire, ma tutto ci apparteneva e ce lo tenevamo stretto. Un Bono senza voce lottò per tutto il concerto, fino a buttare il microfono sul palco con gesto di stizza. Ma che concerto, che senso di unione con il pubblico. Durò si poco, ma rimase come ricordo indelebile.
E’ rimasto famoso come il concerto del terremoto per i settaggi del basso di Adam, ma terremoto fu quello che suscitò in noi il fatto di vederli finalmente con noi in un abbraccio collettivo. Bono nel suo italiano stentato ci conquistò cosi :«Questo posto è grande… ma noi e voi… siamo più grande»
Erano gli U2 che con le loro citazioni rileggevano tutto il catalogo del rock cosi ecco che sul loro palco si agitavano i fantasmi di Marley, Jim Morrison, arrivava anche Van Morrison con i Them, e gli onnipresenti Beatles, con “Help” che fu anche un grido di aiuto di Bono “La gente di Roma avrebbe cantato per me”.