Lug 112013
 

Roma, Auditorium Parco della Musica, Cavea, 30 giugno 2013

★★★★½

Se siete prigionieri della crisi economica, se avete difficoltà a sbarcare il lunario, se la vita sentimentale va a rotoli, se non avete più idea di che pesci pigliare, allora i National sono il vostro gruppo. Ma, badate bene, non perchè vi aiuteranno ad uscirne, né vi indicheranno la strada per farlo, bensì perchè stanno peggio di voi ! Di conseguenza la loro musica diventa empatia, il loro show condivisione. Date un’occhiata ad i titoli in scaletta e il morale vi finirà sotto i tacchi. Cosa aspettarsi da tanta depressione?
Un trionfo !
Perché il mondo è pieno di persone simili.
Ed è piena anche la Cavea.

Non saranno mai eccelsi musicisti, figuriamoci rockstar. D’acchitto sembrano buttati li sul palco per caso, due coppie di gemelli + Matt Berninger , uomo comune con ascendenti musicali divisi equamente tra Leonard Cohen e Ian Curtis, personaggio insicuro ai limiti dell’autismo, che nervosamente cammina da destra a sinistra per la larghezza del palco come per calcolare il limite delle sue paure. Aiutato inoltre da due bottiglie di vino bianco scolate in due ore (non siamo ai livelli di Shane Mc Gowan, ma si difende).
Il barbuto anonimo canta, qualche volta implora, ogni tanto mugugna, si strugge e poi, all’improvviso, attraversa il confine. Formato dalla linea invisibile tra le sue casse spie a metà palco, ed il pubblico cinque metri più avanti. Un piccolo passo per l’uomo, un grande passo per lo show. L’uomo insicuro continua ad esserlo, ma , per l’appunto, condivide con il pubblico, a questo punto in delirio. Mai visto un cantante passare tanto tempo a ridosso del limite palco\platea, peraltro superandolo abbondantemente più volte, fino a cercare di arrampicarsi sulla galleria con un microfono con filo (tutta la mia stima al lavoro dei roadies). Continua a stringere mani ed abbracciare di sincero affetto decine e decine di persone continuando a cantare e senza perdere il filo (fantastico, ammirevole, commovente, difficile da rendere a parole)

Nel frattempo i newyorchesi avevano sciorinato i primi pezzi del nuovo, bellissimo lavoro, allegramente intitolato Trouble Will Find Me.
I gemelli Devendorf ordinati e granitici alla sezione ritmica, i gemelli Dessner più estrosi a chitarre e talvolta al piano, due musicisti di appoggio con fiati e tastiere ed il piatto è servito. Nessuno di costoro è un virtuoso, nessuno è indispensabile, tutti sono necessari. Il suono è volutamente e perfettamente imperfetto. La sensazione è che sporcarlo con stecche, stonature, errori veniali, sia assolutamente voluto. I brani ne hanno solo da giovarci, crescono, avvolgono, rapiscono ed entusiasmano. Epifania di uomini comuni travestiti da musicisti.
Dopo due ore di simile alchimia non c’è nessuno che non sia rimasto conquistato.
Ma il meglio deve ancora arrivare, perché lo spettacolo finisce, gli strumenti si spengono e questi che fanno? Due chitarre acustiche, una tromba, nessuna amplificazione a parte un unico microfono panoramico, bordo palco, e parte Vaderlyle Crybaby Geeks (ancora non siete corsi ad ascoltarla?).


Chi la sa, la canta a squarciagola, chi non la sa, si gode un’atmosfera da brividi, superiore anche all’invasione di palco al concerto dei dEUS di qualche anno fa.
E’ un finale degno, commovente, da altri tempi.
Inaspettato.
Da brividi.
Memorabile !

Recensione di Attilio

SCALETTA : Squalor Victoria\I should live in salt\Don’t swallow the cap\Bloodbuzz Ohio\Mistaken for strangers\Demons\Sea of love\Afraid of everyone\Conversation 16\I need my girl\This is the last time\Baby, we’ll be fine\Abel\Slow show\Pink rabbits\Sorrow\Graceless\About today\Fake empire\\\\\\Heavenfaced\Humiliation\Mr. November\Terrible love\Vanderlyle crybaby geeks

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