Feb 142008
 

Into the wild, regia di Sean Penn con Emile Hirsch, Marcia Gay Harden, William Hurt, Jena Malone, Brian Dierker, Catherine Keener, Vince Vaughn; USA 2007

Nel bel mezzo della natura selvaggia cosa si può fare? ….Si vive, naturalmente. Questo è un concetto scontato direte voi; e invece no. Molti dei personaggi della storia porranno questa domanda al protagonista, Alex Supertramp.
L’alchimia che si è creata intorno questa storia si perde nei passaggi in cui da vita vissuta (quella di Christopher McCandless) è diventata prima un romanzo (scritto da Jon Krakauer) e poi un film per il cinema.
Chistopher, 22 anni, laureato, amante della letteratura colta russa e della filosofia, rifiuta la cultura occidentale tra la fine degli anni 80 e l’ inizio dei 90, proprio quando il materialismo e l’arrivismo diventano la chiave di volta delle nuove generazioni.
Lui non riesce a immedesimarsi in questo stile di vita, rappresentato tra l’altro, dai suoi genitori che possono essere definiti tranquillamente discutibili. Il ragazzo decide di reinventarsi completamente una nuova vita, cancellando tutto il suo giovane passato, in maniera molto fisica e materiale (curioso, visto che lui fugge proprio da questo modo di fare!).
Diventa così Alex Supertramp: un vagabondo, viaggiatore, saccente conoscitore delle debolezze umane, che con fare arrogante e “saputello” parte all’avventura seguendo nessuna logica e senza alcuna preparazione. Temporeggia tra le rapide del gran Canyon, il confine Messicano, qualche lavoretto da McDonald e visite ad amici sparsi, prima dell’arrivo (in pieno inverno!) in Alaska. Il film a mio avviso inizia solo in questo momento; quando il giovane, illuso che la libertà sia la vita nella natura selvaggia, deve rendersi conto suo malgrado che le leggi esistono, anche in questi luoghi dove gli esseri umani contano zero (e lui impreparato e ingenuo ancor meno).
La Natura è spietata, ma lui miracolosamente tira avanti imparando, apprendendo e riflettendo sui dogmi dell’essenza della vita umana. Questo percorso emotivo è anche più interessante di quello fisico, illustrato nel primo tempo. Consentitemi di sottolineare senza scendere troppo nei particolari che dopo tre ore di film, un romanzo e 22 anni di vita sprecata, si arriva solo alla scoperta dell’acqua calda.
Non potendo anticipare troppo, evito di scrivere ulteriori dettagli e spunti di introspezione che questa storia (in generale) offre.
La regia è interessante. La fotografia sublime. Le interpretazioni magistrali. Le musiche di Ed Vedder perfette. L’accenno poetico è vibrante quanto è commovente l’inutile tentativo di Alex, alias Chris, di sfuggire alle regole della vita, qualsiasi esse siano. Il giovane ripete spesso la frase “Se vuoi qualcosa nella vita datti da fare e prendila” ….Beata Gioventù!
Io tra i suoi motti preferisco invece quello che recita “Solo Chiamare le cose con il loro nome …”, poi, capirete il perché.
Vi impedisco di perdere questo film; è il capolavoro di Penn e un raro motivo di discussione e di stimolo per i cuori e per i cervelli.

Recensione by Simona Moscadelli

  2 Responses to “Into the wild”

  1. Mi permetto di dissentire. Il film anche se godibile non è piaciuto, le scelte registiche non mi hanno convinto. Mi sembra improbabile che Chris riuscisse a lasciare un drastico segno positivo nella vita di chiunque, venendone in contatto per poco tempo (vedi la coppia di hippy o il vecchio solitario). Io ho visto nel film delle scelte molte ‘americane’ nel modo di raccontare gli eventi! Mi aspettavo delle suggestioni in più nelle scelte registiche, mi aspettavo un buonismo meno scontato…

  2. Non concordo sul giudizio della “scoperta dell’acqua calda”:nel film a mio parere si racconta un’esperienza di vita nella quale traspare una ricerca di consapevolezza e di identità del protagonista: non sono tanto le conclusioni che contano, quanto la riflessione sul percorso intrapreso per cercare di raggiungerle.
    Al di là di alcune banalità che effettivamente si riscontrano nel corso del film, secondo me l’aspetto più interessante è proprio il messaggio di “purificazione” a cui il giovane aspira e questo è ben reso.
    La conclusione a cui tu fai riferimento riflette semplicemente l’esito dell’esperienza per come è realmente avvenuta, visto che questo percorso s’interrompe prematuramente e nulla è dato sapere su come sarebbe potuto evolvere.
    Insomma a me non è sembrato il racconto di un “tentativo di sfuggire alle regole della vita” ma semmai la rappresentazione di un passaggio fondamentale di quel giovane, il quale, nonostante l’apparente saccenteria che tu hai rilevato, è completamente rivolto alla ricerca di una sua maturazione spirituale.

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