Set 292009
 

Roma, Circolo degli Artisti, 21 settembre 2009

★★★★★

Duane Denison 01 (drake lelane)Grandissimo e graditissimo ritorno al Circolo degli Artisti nel primo giorno di autunno: i Jesus Lizard, uno dei più importanti e influenti gruppi del rock alternativo degli anni Novanta portano il loro reunion tour a Torino, Bologna e Roma. Avevano annunciato il ritorno sulle scene della formazione originale a inizio 2009, con una serie di concerti tra Stati Uniti ed Europa, iniziata a maggio all’All Tomorrow’s Parties di Minehead, nel Regno Unito. Si erano sciolti nel 1999 dopo sei album (due meravigliosi, due ottimi, e due sottotono), tutti titolati con una parola di quattro lettere. Dieci anni dopo ritornano in forma smagliante, capaci di performance live intensissime e difficilmente dimenticabili per chi ha potuto assistervi.
Aprono gli Edible Woman, un trio (basso/voce, batteria, sintetizzatori) proveniente da Fano e dedito a una strana mistura di noise, hardcore e psichedelia, di cui riusciamo a sentire solo un paio di brani, che non ci permettono di esprimere un giudizio compiuto. Proposta interessante, in ogni caso.
Ma pochi sono riusciti in realtà a concentrarsi sulla musica degli Edible Woman perché era troppo forte l’attesa per il gruppo di Chicago: i Jesus Lizard si presentano sul palco con la formazione che nella prima metà degli anni Novanta li impose come uno dei gruppi più significativi lanciati dalla leggendaria Touch and Go Records, che ha pubblicato gruppi del calibro di Big Black, The Ex, Rachel’s, Blonde Redhead, The Rollins Band, Slint, Don Caballero, Shellac e Butthole Surfers (nonché i siciliani Uzeda), giusto per nominarne alcuni.
David Yow 01 (Nick Helderman)A volte inseriti inspiegabilmente e con troppa fretta nel calderone grunge, probabilmente solo per una coincidenza temporale, i nostri sono in realtà i portabandiera di un noise rock malato e furioso, di chiara derivazione punk e hardcore, in cui spicca il geniale lavoro chitarristico di Duane Denison, suono tagliente e metallico e riff dissonanti, ma incredibile ricercatezza nella composizione e precisione da virtuoso nell’esecuzione. A sorreggerlo ci pensa la perfetta sezione ritmica composta dal batterista Mac McNeilly, ineusaribile picchiatore dal gusto raffinato, e dal bassista David Wm. Sims, suono possente e cavernoso e tecnica notevole. Ma a farla da padrone è David Yow, folle frontman a metà tra Iggy Pop e Johnny Rotten, ma molto meno bravo a cantare: Yow urla, rantola, sbraita e sputa parole incomprensibili, in piena linea con il nichilismo animalesco che traspare dalla musica dei quattro, e passa più tempo a volare sopra il pubblico che sul palco.
Si parte fortissimo con “Puss”, tratta da “Liar”, e che fu pubblicata in uno split single diviso nientemeno che con i Nirvana (peraltro “Puss” stravince il confronto con “Oh, The Guilt”, il brano del gruppo di Kurt Cobain). Denison ha i capelli bianchi, Yow e Sims hanno messo su qualche chilo, ma i dieci anni trascorsi dallo scioglimento non hanno minimamente scalfito la forza e l’impatto live della band, né tantomeno la qualità e la freschezza della musica.
I Jesus Lizard pescano da tutta la loro discografia, privilegiando ovviamente i due capolavori “Goat” (1991) e “Liar” (1992), ma non disdegnando la loro produzione precedente (“Head” e l’EP “Pure”) e successiva (“Down”, “Shot” e “Blue”, gli ultimi due pubblicati per la major Capitol Records). E allora si va dalla magnifica chitarra slide di “Nub”, quasi un brano stoner ante-litteram, ai riff schiacciasassi e alle urla sguaiate di “Mouth Breather”, dal rock ubriaco di “Blue Shot” alla frenesia di “Boilermaker”, dagli arpeggi geniali di “Monkey Trick” alla schizofrenia di “Seasick”, con David Yow che strepita “I can swim! I can’t swim!” mentre effettivamente sta nuotando sulle teste degli spettatori presenti. David Wm Sims 01 (Jeremy Farmer Photog)
Il suono unico della band, a suo tempo cesellato e raccolto su nastro da quel genio anticonformista che risponde al nome di Steve Albini (tra gli innumerevoli album che ha prodotto basti ricordare che Kurt Cobain lo volle dietro al mixer per “In Utero”), è riprodotto fino all’ultimo dettaglio, con la voce di Yow volutamente sommersa nel marasma degli altri strumenti, per rendere ancora più incomprensibili le urla del cantante.
Si va verso la fine del concerto con “Then Comes Dudley”, prima traccia di “Goat”, con un riff davvero geniale di Duane Denison, probabilmente uno dei chitarristi più sottovalutati della storia del rock, perché semisconosciuto all’ascoltatore medio (in realtà il discorso vale per tutta la band, che non raggiunse mai una grande notorietà, nonostante l’importanza storica che ha rivestito). E nei bis è il momento delle urla furiose di “Bloody Mary”, risalente a “Pure”, primo EP dei Jesus Lizard registrato, prima dell’ingresso di McNeilly in formazione, con una drum-machine al posto della batteria vera, come da lezione dei Big Black (storico gruppo post-punk di Chicago capitanato proprio da Steve Albini).
Forse il decennio rock che sta per concludersi verrà ricordato non per le novità discografiche (che pure non sono mancate) ma per le reunion, perché se ne sono viste davvero tantissime, di band più o meno famose, più o meno importanti, più o meno commerciali. Ma è certo che pochissime di queste hanno avuto la credibilità e la forza d’urto di quella dei Jesus Lizard. La Touch and Go li celebra degnamente ripubblicando in questi giorni in edizione rimasterizzata l’EP “Pure” e gli album “Head”, “Goat”, “Liar e “Down”. Non lasciateveli scappare!

Live report di Andrea Carletti

Le foto riportate nell’articolo sono di drake lelane, Nick Helderman e Jeremy Farmer Photog

  One Response to “The Jesus Lizard: a volte, meravigliosamente, ritornano”

  1. […] sprigiona tutta l’essenza dell’Helmet sound, con una partenza basso-batteria tipicamente Jesus Lizard, seguita immediatamente da una voce pulita, ma incisiva, e da un vero e proprio muro di chitarre, […]

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