Mar 162020
 

Nuove Tribù Zulu: Rosa e Fuoco

(2019 Squilibri)

★★★★☆

Rosa E FuocoIn attesa che venga nuovamente programmato il concerto di presentazione dell’album, inizialmente previsto per 16 marzo al Teatro Studio Gianni Borgna dell’Auditorium ma poi inevitabilmente rinviato, anche Slowcult si avvicina a questo lavoro uscito a fine 2019, settimo episodio della carriera dell’ensamble composto dai fratelli Andrea e Paolo Camerini e dalla “nostra” Ludovica Valori.

Sfogliando le pagine del prezioso libro che accompagna il cd ci si imbatte nell’ intro: una sorta di sottotitolo dell’opera che ne spiega il titolo, a simboleggiare bellezza ed energia quali elementi essenziali del percorso che si sta intraprendendo.

Un viaggio in tredici tappe, tra suggestioni balcaniche (Bohemian Superstar), sapori speziati (Figlia del Vento, Tutte le strade portano a Roma) e sguardi sulle periferie dei quattro angoli del pianeta, brani dalla vena cantautorale che in alcuni tratti, quelli più intimi e riflessivi (Passaggi, Che Cosa Resta) ci ha ricordato il primo validissimo Edoardo Bennato di Non farti cadere le braccia.

Tra le tracce di maggiore impatto e presa emerge la solare Viaggerò, di cui è visibile l’originale e inconsueto video a 360°, la massiccia e corposa title track e la suggestiva Nessun rumore, con la partecipazione della Piccola Orchestra di Tor Pignattara.

A proposito di ospiti, segnaliamo l’apprezzabile presenza di Enrico Capuano e Andrea Satta dei Tètes de Bois.

Possiamo tranquillamente affermare che si tratta del disco della raggiunta maturità, un lavoro articolato, complesso seppur fresco e lieve, in cui ogni aspetto della realizzazione, dalla composizione all’esecuzione, dalla registrazione al packaging risulta il frutto di una cura meticolosa e di amorevole attenzione, che denotano uno sforzo notevole, al contempo fluido e scorrevole, come se la rosa del titolo fosse sbocciata spontaneamente e non grazie alla meritevole e appassionata opera di paziente e attento giardinaggio da parte dei tre artefici dell’album.

recensione di Fabrizio Forno

 

 

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