Nov 172010
 

Moon, regia di Duncan Jones. Con Sam Rockwell, Kevin Spacey, Dominique McElligott. Durata 97 min. Usa 2009

★★★½☆

In un non meglio identificato futuro prossimo venturo, l’umanità sembra aver brillantemente superato gli attuali problemi di approvvigionamento energetico riuscendo ad estrarre il preziosissimo Elio3 depositato dal sole sulle montagne situate sulla faccia nascosta della luna.
L’azienda appaltatrice dell’estrazione, la Lunar, spedisce sistematicamente un proprio astronauta/minatore in missione solitaria della durata di tre anni per la manutenzione ed il controllo della base operativa, coadiuvato alla supervisione da Gerty, computer (o meglio dall’intelligenza artificiale) che non solo gestisce il complesso di attrezzature della base lunare, ma all’occorrenza si trasforma in maggiordomo, infermiere, assistente spirituale, psicologo del protagonista Sam Bell (interpretato da un ottimo Sam Rockwell), il quale, giunto ormai a pochi giorni dalla scadenza del suo mandato, si trascina stancamente all’interno della stazione spaziale, tra una corsetta sul tapis-roulant, vecchie trasmissioni TV in bianco e nero e video messaggi che gli arrivano in differita dalla terra dove la bella moglie lo attende trepidante abbracciando la figlioletta. Tutto sembra procedere come da manuale, quando viene rilevato un guasto ad uno dei ‘mietitori’, ovvero gli apparecchi esterni adibiti alla raccolta ed allo stoccaggio del preziosissimo materiale, e Sam è costretto a salire a bordo del Rover, alla guida del quale sarà vittima di un cappottamento dalle drammatiche conseguenze…
Il film si sviluppa e si realizza con pochi ma efficacissimi effetti speciali che permettono al protagonista di interagire col proprio clone in un allucinato dialogo dapprima a distanza, poi sempre più ravvicinato, che sfocia in una complicità salvifica ma non per questo meno inquietante.
Chiarissimi i riferimenti a 2001 Odissea nello Spazio, sia nell’ambientazione, nella scelta di alcune inquadrature ma soprattutto nel co-protagonista della pellicola, il computer-robot Gerty (in originale doppiato da Kevin Spacey) figlio legittimo di HAL9000, di Kubrick e di Arthur C. Clarke.
L’opera appartiene alla ristretta schiera di grandi film di sci-fiction che non hanno bisogno di ritmo mozzafiato né di combattimenti stellari per avvincere e catturare l’attenzione dello spettatore; la scommessa di questo one-man show, davvero struggente e coinvolgente, presentato con successo al Sundance Film Festival è da considerare vinta.
Buon sangue non mente: il figlio del grande David Bowie, nato all’epoca d’oro delle missioni statunitensi sulla luna e di certo modificato geneticamente dall’ascolto intrauterino del capolavoro paterno Space Oddity, ci regala un piccolo preziosissimo reperto lunare descrivendo questa Stranezza Spaziale di un Uomo che cadde sulla luna in un’agghiacciante storia di solitudine, malinconia, abbandono, speranza, aspettative deluse, ricordo e riscatto. Puoi sentirmi, maggiore Sam?

Recensione di Fabrizio

  2 Responses to “Moon”

  1. […] che le conferiscono un’aura di poetica e visionaria intensità. Leggi tutto l’articolo Moon, regia di Duncan Jones Il film si sviluppa e si realizza con pochi ma efficacissimi effetti […]

  2. […] ed affermare tranquillamente che Duncan Jones, al secondo film dopo lo splendido esordio di Moon, con un relativamente modesto dipiegamento di mezzi e di risorse, riesce a fare della grande […]

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