Giu 212011
 

Corpo celeste, regia di Alice Rohrwacher. Con Yle Vianello, Salvatore Cantalupo, Pasqualina Scuncia, Anita Caprioli, Renato Carpentieri. Durata 98 min. – Italia 2011.

★★★½☆

Il ritorno in Calabria di una tredicenne con la famiglia dopo dieci anni vissuti in Svizzera, con tutti i problemi di un’adolescente a contatto con un mondo che sembra non appartenerle. Il corso di preparazione alla cresima sarà un importante passaggio nella vita di Marta, non solo dal punto di vista spirituale.
Un esordio particolarmente importante quello della trentenne Alice Rohrwacher, testimoniato dalla partecipazione a Cannes 2011 quale unica pellicola italiana presente in costa azzurra nella sezione Quinzaine des realizateurs. Il film è denso ed altamente poetico, con alcune scene visivamente molto intense (il crocifisso che galleggia nel mare, l’immersione purificatrice di Marta nelle acque stagnanti del sottopassaggio) e dal forte valore simbolico. Dopo Habemus Papam, ecco un altro film accusato di anticlericalismo ancor prima di esser visto e di essere uscito nelle sale. Così come l’illustre predecessore, mai accusa appare più fuori luogo ed ingiustificata: ciò che la regista mette alla berlina non è nè la Chiesa, nè tanto meno i sacramenti: semmai vengono criticati i goffi tentativi di riconquista dei fedeli, in questo caso i più giovani tra essi, attraverso operazioni di tipico stampo televisivo che sono quanto di più distante al vero senso della religione si possa trovare. Molto efficace è l’ambientazione e la descrizione di luoghi anticinematografici e mai ritratti nella pur copiosa produzione cinematografica dedicata al Sud: la periferia degradata di Reggio Calabria può essere accostata a quella campana mirabilmente descritta in Gomorra, mentre il viaggio tra le montagne ci porta in luoghi spettrali ed angoscianti che danno un nuovo senso all’espressione ‘dimenticati da dio e dagli uomini’. Il film ha un ulteriore merito, quello di averci fatto scoprire un volto, uno sguardo, un sorriso ed una figura femminili, quelli della protagonista Yle Vianello, davvero emozionanti ed indimenticabili. Un film asciutto, come il letto dei fiumi di Calabria, che solo una donna avrebbe potuto ideare e realizzare così, con un solo difetto: identificare l’inserimento della nuova arrivata unicamente nel tessuto sociale che ruota attorno alla parrocchia, senza mai riferirsi all’ambiente scolastico, ci è sembrato una forzatura, seppur funzionale al tessuto narrativo del film. Di contro, salutiamo con particolare apprezzamento la presenza e l’interpretazione di Anita Caprioli, un’attrice che a nostro avviso non ha ancora raggiunto la notorietà ed il riconoscimento che la sua bellezza e bravura meriterebbero.

Recensione di Fabrizio

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