Apr 212009
 

Regia di Benoît Delépine, Gustave de Kervern. Con Yolande Moreau, Bouli Lanners, Robert Dehoux, Sylvie Van Hiel, Jacqueline Knuysen. Durata: 90 min. – Francia 2008.

★★★★☆

locandina.jpgPiccardia, giorni nostri: una fabbrica tessile. Tira aria di crisi e le operaie sono preoccupate per il loro futuro. Il padrone le tranquillizza, l’impresa terrà duro e nessuna di loro perderà il proprio posto. Ricevono un camice nuovo come segno di rinnovato ottimismo e quella stessa sera vanno a festeggiare. La mattina dopo però, la fabbrica è stata smantellata, i macchinari sono spariti, il padrone se l’è data a gambe con i loro stipendi.
Comincia così Louise Michel, crudele e irriverente satira francese sulla situazione della classe operaia dei nostri tempi. Ma attenzione, non è un film di Ken Loach, e quello che può sembrare il più classico degli antefatti di un film di denuncia sociale vira in fretta verso il paradossale, il grottesco, il politicamente scorretto: le operaie disoccupate decidono di mettere insieme il poco denaro che resta a ognuna di loro per attuare il più logico dei progetti…. assoldare un killer che ammazzi il perfido padrone. L’idea, che riscuote un immediato successo, è di una di loro, Louise, silenziosa e abbrutita creatura. Louise è in realtà Jean-Pierre, ex-galeotto analfabeta che ha scontato 15 anni per omicidio, costretto a travestirsi da donna per trovare lavoro. Il suo odio per la classe proprietaria è assoluto, viscerale. Per un puro caso del destino Louise non assolderà però il killer professionista che sperava, ma dovrà accontentarsi di Michel, paranoico esperto di sistemi di sicurezza che vive in un una roulotte ai margini del paese, convinto di essere perennemente sorvegliato dall’alto. Michel colleziona pistole e spara alle stelle, e ha anche lui qualcosa da nascondere: sebbene millanti di essere un veterano di tutte le guerre possibili ed immaginabili (l’unico uomo al mondo ad aver combattuto sulla linea Maginot e poi in Vietnam, Corea, Golfo) Michel non ha mai ucciso nessuno, essendo una mite, anche se paranoide, persona. Inoltre, fatto non trascurabile, è in realtà una donna, anche se l’aspetto brutale – conseguenza di un’eccessiva cura di ormoni fatta quando era una lanciatrice del peso – lo rende difficile a credere.
Gli ingredienti per una commedia cruda ma variopinta ci sono tutti, e lo spettatore non impiega molto tempo a rendersi conto che per questi due disgraziati personaggi l’obiettivo non sarà facile da raggiungere: tanto più che nell’odierno e caotico sistema capitalista delle multinazionali trovare il “vero” padrone non è facile… I due inconsueti eroi daranno quindi inizio a un’impavida strage di funzionari e dirigenti, in un viaggio surreale che li porterà da Amiens a Bruxelles, fino ad un lontanissimo paradiso fiscale, sulle tracce dell’unico, autentico, big big Boss.

Tra scambi di sesso, omicidi, malati terminali usati come kamikaze e gag esileranti, i due registi Benoît Delépine e Gustave de Kervern, con uno stile che ricorda i primi film dei Coen, tratteggiano un inno alla ribellione, in cui il ribaltamento dei ruoli sessuali diventa emblematico della follia della società civile e delle sue regole (sia Louise che Michel sono costretti a cambiare sesso per trovare lavoro). Il film, che ha vinto un premio speciale della Giuria al Sundance per l’originalità del soggetto e ha riscosso successo anche all’ultimo Festival del cinema di Roma, per la sua anarchica irriverenza è assolutamente geniale in ogni dettaglio. Anche i nomi dei due protagonisti non sono casuali: Louise Michel fu infatti una celeberrima anarchica e femminista francese, esiliata in Oceania per aver partecipato alla Comune di Parigi. Sua è anche la frase che chiude il film: “Se nostro padre e nostra madre non riusciranno a coltivare la terra per colpa del padrone, noi ne faremo carne macinata”.

Recensione by Antonia Ori

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