Set 272018
 

FOTO Naomi a Venezia

  “Ti basta un solo film per cambiare il corso della tua carriera!” – diceva Nicole Kidman per rincuorare la sua grande amica Naomi Watts. Amiche fin da quando, ancora giovanissime, vivevano in Australia e sognavano di conquistare Hollywood. La Kidman era già una star il giorno che David Lynch regalò a Naomi “quel” film: Mulholland Drive (2001). “Perché mi hai scelto David?”. “Non so Naomi. Probabilmente per il tuo sguardo.”

Nata a Shoreham (nel Sussex) il 28 settembre 1968, da bambina perde il padre trentunenne, Peter Watts, tecnico del suono e road manager dei Pink Floyd. Dopo questa tragica morte, causata da un’overdose, la band inglese assicura subito sostegno morale ed economico alla madre (antiquaria e costumista) che, insieme a Naomi e al figlio maggiore, comincia un lungo girovagare per l’Inghilterra e il Galles, dove vivono i nonni. A 14 anni si stabilisce con la famiglia in Australia, a Sidney, ma l’impatto con quello che lei definirà “nuovo mondo” le risulta scioccante. Nella seconda metà degli anni ‘80 sbarca a Los Angeles, lavora come modella e poi debutta nel mondo del cinema comparendo in piccoli ruoli finché, superati i trenta, s’imbatte nel personaggio di Betty, un’aspirante attrice che si prende cura di una sconosciuta miracolosamente scampata a una brutta fine. Penombre inquietanti, identità sovrapposte, inattesi colpi di scena, si avvicendano ai margini di una strada, Mulholland Drive. Un noir diventato presto un cult-movie con cui la Watts entusiasma critica e pubblico. Dopo tanti provini e delusioni, non solo la sua carriera ma tutta la sua vita sta cambiando. Il sogno si è avverato.

21grammi2L’anno seguente è la protagonista del remake di un horror di Hideo Nakata, The Ring (Gore Verbinski, 2002), dove interpreta una giornalista alle prese con un misterioso filmato che causa la morte a chiunque capiti di vederlo. Sembra che gli intrecci da cardiopalma le risultino particolarmente congeniali, tipo quello di Down – Discesa infernale (Dick Maas), un altro horror che si consuma all’interno di un grattacielo dove gli ascensori hanno vita autonoma e uccidono i malcapitati che osano esplorarne gli strani meccanismi.

Storie agghiaccianti mentre rimbomba ancora l’apocalittico crollo delle Twin Towers come funesto annuncio del XXI secolo. Con 21 grammi (2003), Alejandro Gonzàles Iñàrritu realizza un film sul dilemma che attanaglia da sempre l’umanità circa il rapporto tra destino e libero arbitrio. Nel ruolo di una vedova che affoga il dolore ricorrendo alla droga, la Watts si aggiudica una nomination all’Oscar come miglior attrice protagonista. La seconda l’otterrà con The Impossibile (Juan Antonio Bayona, 2012), un film sullo tsunami abbattutosi nel 2004 sulle coste della Thailandia.

Tra le bionde hollywoodiane degli ultimi decenni riesce ai conquistarsi uno spazio tutto suo, pur non sfoggiando l’abbagliante splendore di Cate Blanchett, la bellezza mozzafiato di Charlize Theron, il sex appeal di Cameron Diaz, o l’impeccabile trasformismo di Nicole Kidman. Lei è la ragazza della porta accanto, con indosso magari una camicetta bianca e i capelli appena fonati in casa, capace però di sorprendenti squarci di audacia e risolutezza, come quando se la deve vedere con King Kong (Peter Jackson, 2005) o non esita a proteggere una neonata dalle grinfie micidiali della mafia russa (La promessa dell’assassino, David Cronenberg, 2007).

Nel 2006 coproduce la terza trasposizione cinematografica del celebre romanzo di Somerset Maugham, Il velo dipinto (John Curran), ambientato nella Cina della seconda metà degli anni ‘20, dove è la moglie di un medico (Edward Norton) che sceglie di andare a lavorare in un piccolo villaggio devastato dal colera. Sul set consolida la storia d’amore con l’attore Liev Schreiber, suo futuro marito e padre dei suoi due figli, Alexander e Samuel, con il quale manterrà ottimi rapporti anche dopo la separazione, avvenuta nel 2016.

J. Edgar Versatile, seducente, introspettiva, nel corso della sua carriera esplora ogni tipo di genere. Con Woody Allen gira Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni (2010) e nel 2013 è accanto a Robin Wright (altra incantevole bionda) in TwoMothers (Anne Fontaine), storia di due grandi amiche attratte ognuna dal giovanissimo figlio dell’altra. Senza dimenticare l’impegnativo progetto di far rivivere Lady Diana negli ultimi due anni della sua breve vita. Impresa rischiosa che lei supera a pieni voti dosando slanci di ardore, grazia e fragilità (Diana – Lastoria segreta di Lady D, Oliver Hirschbiegel, 2013). Più di 50 film all’attivo, ha lavorato con i più autorevoli registi internazionali, compresi Jim Sheridan, Michael Haneke, James Ivory, Gus Van Sant o Clint Eastwood che l’ha diretta in J. Edgar (2011), protagonista Leonardo DiCaprio nel ruolo di J. Edgar Hoover, il più longevo e discusso capo dell’FBI.

Resistendo alle lusinghe della chirurgia estetica, per il suo fascino radioso e naturale viene scelta come testimonial di una crema antirughe dell’Oreal Paris, mentre sta per ritrovare David Lynch, “il mio mentore a cui devo tutto”, che la vuole nella serie televisiva Twink Peaks (2017). E sempre per la televisione interpreta una psicologa dalla doppia vita che intreccia pericolose relazioni con persone troppo vicine ai suoi pazienti: la serie Gypsy le fa incontrare un nuovo amore, l’attore Billy Crudup (che in Gypsy è suo marito). Senza dubbio le storie a tinte forti continuano a inseguirla, così come la nostalgia di quel padre morto tanto giovane e di cui conserva solo pochi ricordi, anche se alcuni storici fan dei Pink Floyd le hanno inviato una raccolta di articoli e foto d’epoca dove compare Peter Watts: “Una grande emozione. A 48 anni ho potuto vedere il sorriso di mio padre!

Dopo aver sfilato più volte come acclamata interprete sul red carpet del Festival di Venezia, alla Mostra del Cinema 2018 figura tra i componenti della Giuria Internazionale, incantando tutti per la classe con cui sa indossare scintillanti abiti neri da grande soirée o gonnelline da teen-ager e scarpe senza tacco. Chissà se per festeggiare i suoi 50 anni qualcuno le regalerà una magica scatola blu, proprio come quella che apre in Mulholland Drive, con dentro tanti altri imprevedibili ruoli? Per lo meno uno come quello di Daka, la stravagante prostituta russa che fa compagnia al geniale Bill Murray in un film dove l’humor va a braccetto con il dramma (St. Vincent, Theodore Melfi, 2014).

Ornella Magrini

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