Set 062020
 

Come As You Are, Kurt Cobain and the Grunge Revolution
Firenze, Palazzo Medici Riccardi, fino al 18 ottobre 2020

★★★★☆ per la mostra
★★★★★ per la visita al palazzo

come01Sono 80 foto, ma quando le guardi la prima volta sembrano ancora di più, vista l’intensità e l’emozione che si provano nell’osservarle. Si tratta degli scatti di Charles Paterson, fotografo ufficiale della Sub Pop Records, che ritraggono principalmente i Nirvana degli inizi (per capirci, quelli che precedono l’arrivo di Dave Grohl) e di quelli di Michael Lavine, riguardanti il periodo dell’esplosione della band di Seattle e dell’apice della loro notorietà.
Il contrasto tra le due sezioni è uno degli aspetti più interessanti e convincenti dell’allestimento, che ben testimonia l’improvviso cambio di percezione (al proprio interno e da parte del pubblico) che la band subisce nel corso di un lasso di tempo relativamente breve. C’è un sottile velo di malinconia e nostalgia che avvolge l’intero percorso della mostra, una lucida disperazione per qualcosa di eccezionale che avvenne ormai quasi 30 anni fa e che, seppur ancor vivido e presente, appare irrimediabilmente scomparso per autocombustione.
I pannelli descrittivi che completano le varie sezioni e sale della mostra sono sufficientemente esaustivi e completi nell’introdurre le foto, il cui soggetto principale è giustamente (direi inevitabilmente) Kurt Cobain, vero fulcro non solo degli scatti ma più estensivamente dell’intero movimento Grunge. Particolare tenerezza suscitano gli anticonvenzionali ritratti di famiglia, che mostrano Kurt con la moglie Courtney Love e la piccola Frances Bean, nata una ventina di mesi prima del suicidio del papà. Un’ultima sezione è riservata alle immagini di alcune altre band del movimento Grunge, come Mudhoney, Soundgarden, L7 e le Hole della già citata signora Cobain.
come02Ciò che risalta nella mostra è la particolare interazione tra band e pubblico, come se i Nirvana e le altre band traessero la propria energia direttamente dal pubblico e viceversa. Si potrebbe osservare che ciò sia avvenuto anche in altre epoche, con altre band e generi musicali, ma queste foto sembrano evidenziare un’ulteriore sintonia e coinvolgimento tra chi si trovava sopra e sotto il palco, come ampiamente dimostrato dagli spettacolari scatti di stage diving, che oggi in epoca di Covid-19 appaiono ancora più incredibili e remoti.
Altro aspetto evidenziato dalla mostra è l’analisi delle origini del movimento Grunge, contestualizzato negli anni che videro la fine della guerra fredda, l’illusione dell “fine della Storia”, l’avvento della New Economy con le sue contraddizioni e i presagi dell’imminente crisi.
Il rischio che si poteva correre era quello dell’ennesimo santino esposto a ricordo di un eroe morto troppo giovane, ma al di là di qualche concessione a buon mercato alla celebrazione del Mito (per chi vuole, c’è la possibilità di indossare il cardigan bianco e sedersi sulla sedia usati per lo scatto preso a simbolo della mostra), l’allestimento e l’atmosfera generale sono coinvolgenti al punto giusto, asciutte senza eccesso di sentimentalismi di grana grossa.
Capitolo a parte, la visita del Palazzo che ospita la mostra, compresa nel prezzo del biglietto, ulteriore motivo di emozione e di esaltazione del bello: lungo è l’elenco di capolavori esposti, ma già la semplice visione della Cappella dei Magi affrescata da Benozzo Gozzoli vale da sola il viaggio a Firenze e il prezzo del biglietto
Per maggiori informazioni, si rimanda al sito del Museo
come03.

Recensione e foto di Fabrizio Forno

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