Gen 092011
 

Intervista agli Amycanbe in occasione della data romana del 13 dicembre 2010 al Dimmidisì di San Lorenzo.

SLOWCULT: siamo qui con gli Amycanbe. Paolo, Marco, Glauco, Francesca, Mattia. Gli Amycanbe da Ravenna…

AMYCANBE (Francesca): l’unica di Ravenna sono io.

SC: vabbè, ma allora dovete cambiare un po’ di cose sul sito…

ACB: non è che si può metter tutto.

SC: riproviamo. Gli Amycanbe dall’Italia…

ACB: dalla Romagna!

SC: dalla Romagna proiettati verso l’Europa.

ACB: e verso il futuro.

SC: ok, gli Amycanbe proiettati dalla Romagna verso l’Europa e il futuro. Come siete arrivati a Londra e com’è lavorare con un’etichetta inglese (la Dancing Turtle)?

ACB (Mattia, sorridendo rivolto agli altri): faccio la solita scaletta? Siamo arrivati a Londra perché semplicemente sono stati gli unici a volerci tra le loro braccia. Noi volevamo stampare il nostro disco, autoprodotto, autoregistrato e autofinanziato e dopo aver girato praticamente tutte le etichette che c’erano in Italia abbiamo scelto l’unica che ci ha proposto una cosa interessante, interessante per noi e per loro. Una volta uscito l’album ci sono state due tournée promozionali a distanza di qualche mese, della durata di circa dieci giorni.

SC: la scelta di cantare in inglese è venuta prima o dopo?

ACB (Francesca): la scelta di cantare in inglese è sempre stata così, nel senso che non ho mai cantato in italiano, per me è come suonare un altro strumento. Quindi mi viene naturale così, a loro sta bene.

SC: avete un sito molto bello, fatto in flash, dinamico, con tante gallerie. Chi di voi l’ha realizzato o non l’avete fatto da soli?

ACB (Marco): in realtà ci hanno messo le mani due persone. (il primo sito è stato fatto, NDR ) Da me e da amici che disegnano che poi hanno passato la palla a un’amica di Mattia, per il primo sito. Questo qui (il secondo e attuale sito, NDR) che è più vicino per grafica all’album uscito nel 2007 l’abbiamo dato a una ragazza di Cervia, che ha trovato una nostra amica.

SC: per voi quant’è importante il rapporto con Internet. Avete un blog molto aggiornato, avete Twitter sul quale mandate tantissime cose. Quant’è importante?

ACB (Marco): abbiamo una persona che ci sta un po’ dietro, che è il nostro manager-amico William (william Poni, NDR). Queste cose qua le cura lui. A parte Myspace o Facebook dove mettiamo mano anche noi. Twitter io non so cosa sia (risate generali), non ne ho la più pallida idea.

SC: molti dei tweet che c’erano in questi giorni venivano dal Rocketta Festival. Com’è andato il Rocketta?

ACB (tutti): alla grande! Benissimo!

SC: veniamo al capitolo Mario Thaler: come ci siete arrivati, com’è stato lavorare con lui?

ACB (Mattia): a Thaler siamo arrivati più o meno con la stessa filosofia con la quale siamo arrivati all’etichetta inglese. Non è stata una scelta primaria o obbligata, è stata una scelta di conseguenza. E’ stata un’azione di approccio e ovviamente di affinità. Lui si è dimostrato molto interessato a quello che gli avevamo mandato da sentire, ci ha fatto una proposta molto interessante. Lavorare con lui è stato molto stimolante, sotto il profilo artistico, ma soprattutto sotto quello umano.

SC: voi conoscevate il suo lavoro con i Notwist, i Lali Puna…

ACB (Mattia): una buona parte.

SC: a proposito di collaborazioni internazionali, Daisuke Tanabe.

AC

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B (Marco esulta), (Paolo): io non l’ho mai visto, di persona….

SC: no?

ACB (Glauco, ridendo): era mio compagno di banco alle elementari e…

SC: potrebbe anche non esistere…

ACB (Paolo, ridendo): per me non esiste! Cioè vendiamo dei dischi col suo nome, ma in realtà è tutta una pagliacciata… (Marco): no, grazie all’etichetta inglese abbiamo iniziato la collaborazione con questo dj giapponese che si è proposto per fare questo remix. Ne abbiamo fatti anche altri, che però abbiamo buttato via perché non ci piacevano.

SC: li avete fatti voi i remix o altre persone hanno remixato il vostro lavoro?

ACB (Marco): no altre persone. (Paolo) l’idea era sempre: diamo la possibilità di far far qualcosa e poi prendiamo una decisione. Se ci piace bene, sennò niente.

SC: capitolo Gertrude Stein. Com’è nato, chi è che conosceva il lavoro della Stein… Francesca forse?

ACB (Francesca): si esatto. E’ stato così: abbiamo collaborato con dei ragazzi liguri che hanno questo… come si può definire… questo centro culturale, questa scuola dove fanno una rassegna di teatro, musica ed hanno fondato un’associazione.

SC: come si chiama l’associazione?

ACB (tutti): Assalti al cuore. (Francesca): loro ci hanno proposto di fare questo lavoro su Gertrude Stein, che poi c’è stata la casualità che io ho studi di letteratura americana ed in realtà mi ero già occupata di lei e l’adoravo e quindi quando ci hanno fatto questa proposta abbiamo accettato subito contentissimi. Loro mi hanno parlato di questo libro (la fiaba The world is round) che in realtà già un po’ conoscevo, e che pensavo… boh, di poterlo tradurre tant’è che mi ci son messa e ha funzionato, è stato un esperimento molto divertente. Da lì, è un libro estremamente musicale e quindi ci abbiamo ricavato 5 pezzi e speriamo che esca anche un ep. Non si sa se la traduzione uscirà mai, però è stato bello approcciarsi, mettere insieme il mondo della letteratura e quello della musica. Perché alla fine tutti leggiamo tantissimo ed è bello contaminarsi

SC: le letture che fate influenzano la scrittura dei vostri pezzi, consapevolmente?

ACB (Francesca): assolutamente si. E ti dico non sono letture necessariamente letterarie. Veramente, il Resto del Carlino la mattina, il quotidiano. Quindi si, anche storie che ci viene da dirci, da raccontarci. Cambiate un po’ perché alla fine il mio modo di scrivere è molto impersonale, pur restando molto intimo, non ci sono mai delle cose esplicite.

SC: ultima domanda. Progetti futuri? State registrando qualcosa, ci potete dare delle anticipazioni. Ce lo teniamo per noi!

ACB (Marco): ci sono già due bei progetti pronti. L’ep ispirato a questa fiaba e abbiamo anche un nuovo cd pronto. Aspettiamo solo di stampare e farlo uscire.

SC: quando tornerete a Roma a febbraio (12 febbraio Closer live club, ma anche il 10 febbraio a La Cantinaccia di Giulianello a due passi da Roma) sarà già uscito?

ACB (Francesca): febbraio no! (Paolo): non diciamo niente!

SC: non diciamo niente… Però farete i pezzi nuovi, anche stasera magari!

ACB (tutti): si stasera li faremo.

SC: perfetto, chiudiamo qui e ringraziamo gli Amycanbe (che fa anche rima)

intervista a cura di Roberto Esposti

foto di Rosa Paolicelli

Clicca qui per visualizzare la videointervista di Roberto Esposti agli Anycanbe

Scaletta del concerto:

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  3 Responses to “Amycanbe: being an Italian band sure is complicated…”

  1. Yeah!…sure is complicated!!!! 🙂

  2. […] palco con lui Glauco Salvo, ottimo chitarrista direttamente preso in prestito ai Comaneci e agli Amycanbe, Andrea Allulli alle tastiere, Andrea Angelucci al basso ed Emanuele Maniscalco alla batteria. […]

  3. […] Amycambe l’Intervista Intervista agli Amycanbe in occasione della data romana del 13 dicembre 2010 al Dimmidisì di San Lorenzo. SLOWCULT: siamo qui con gli Amycanbe. Paolo, Marco, Glauco, Francesca, Mattia. Gli Amycanbe da Ravenna… AMYCANBE (Francesca): l’unica di Ravenna sono io. SC: vabbè, ma allora dovete cambiare un po’ di cose sul sito… ACB: non è che si può metter tutto. […]

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