Giu 072018
 

Lost Dogs LaughterE’ opinione pressoché comune che la scena musicale autoctona annaspi stabilmente tra lo stagnante ed il deprimente. Se osserviamo gli scenari dalle angolazioni imposteci dalle major, la realtà suona più o meno come quella sopra descritta. Ma prendendoci la briga di guardare al di là del naso, precisamente in direzione indipendente, la percezione della questione cambia e di parecchio (fortunatamente). In questo caso, Out of Space, il prodotto sfornato dai romani Lost Dogs Laughter, fornisce il pretesto per raccontare quanto sia viva la scena underground e ricordando ai più che è ancora possibile produrre qualcosa di valido lontano dai neon dei talent. I nostri LDL, al secolo Matt Bandini e Luk LaGrande (duo in attesa di batterista fisso) hanno confezionato un prodotto realizzato con criterio e strutturato fondendo con mestiere post punk, wave e soprattutto tanto, tanto grunge. Già l’apertura di Sweeter reaction (corredata da un video ironico e dai tratti surreali) contiene i germi dei Nirvana di Heart Shaped Box, Honestly racchiude le sonorità dell’ondata della wave italiana dell’ultimo decennio mentre Go away a tratti ricorda le tematiche care ai Korn di Issues. Non mancano momenti vicini al pop (Fade, september 1993), mentre la chitarra di Am I ? offre lo spunto per contestualizzare il lavoro dei LDL all’interno di un rock elettronico che risente degli anni ’80 senza impantanarsi nelle sonorità industrial che avrebbero rischiato di appesantire un prodotto polimorfico che non disdegna strizzate d’occhio di matrice progressiva, come apprezzato in Words unknown o nella mini suite conclusiva The Forgetful, uno dei momenti migliori del disco. Un bel lavoro, considerando i limiti di budget dell’autoproduzione e la qualità del prodotto finito. Per saperne di più, abbiamo incontrato Matt Bandini, che ha gentilmente concesso a Slowcult un’interessante intervista.

SLOWCULT: Allora Matt, prima pubblicazione indipendente per i LDL, corredata da un video originale ed ironico e da un live alle Mura (29 settembre scorso, ndr). Quant’è difficile nell’Italia della musica liquida distribuire un lavoro indipendente e quanto è durata la gestazione del disco?

 

MATT BANDINI: Il periodo storico in cui ci troviamo non rende semplicissimo emergere, la quantità di musica presente on line è talmente elevata che il rischio “goccia nell’oceano” è non solo presente ma addirittura probabile. Ad ogni modo decidere di registrare un album va al di là delle considerazioni sulla possibile visibilità, si scrive se si sente la necessità di comunicare qualcosa a prescindere poi dai risultati. Questo disco in particolare racchiude molti anni di vita personale e della band, dagli inizi in acustico fino alle varie formazioni in elettrico, c’è un mix di canzoni nate anche otto o nove anni fa e canzoni scritte due mesi prima di entrare in sala. Speriamo che questa storia venga percepita anche da chi ascolta!

 

SL: Ascoltando il disco, si intuiscono numerosi richiami post punk e wave, conditi da molto grunge, oltre a delle sonorità che personalmente mi fanno venire in mente il Management del Dolore Post operatorio. Anche se suona retorico, quali band vi hanno maggiormente influenzato?

 

M.B.: Le influenze che dici di aver sentito sono esattamente quelle dalle quali veniamo. Luk ha un background più Metal del mio ma ad entrambi piace spaziare tra vari generi. Se dovessimo delineare un perimetro ci divertiremmo a dire che andiamo da Jeff Buckley ai Metallica, passando per Muse e Foo Fighters. Fare dei nomi è sempre difficile, soprattutto perché avendo davvero sempre ascoltato tantissimo l’elenco rischierebbe di essere infinito. Ad ogni modo, ad influenzare il risultato dell’album sono stati importanti anche i contributi di Alessio Biondi, nostro primo batterista, che ci ha aiutato con l’arrangiamento di buona parte dei pezzi, oltre ad Andrea Vettor che ha registrato l’intero lavoro alla batteria

 

SL: Uno dei punti di forza è relativo alla produzione, con sonorità pulite ed un mixaggio ineccepibile. In alcuni brani, e mi riferisco in particolar modo ad Out of space e Worse unknow, ciò è particolarmente evidente. Quanto è dispendiosa la ricerca della qualità in rapporto al tempo a disposizione?

 

M.B.: Qui è stato importantissimo l’aiuto di andrea Corvo di Synthetis Recording e di Teo Pizzolante di Braingasm Lab, che ci hanno dato una grossa mano in tempi davvero stretti. Lato nostro, abbiamo cercato di arrivare con le idee più chiare possibili, ma inevitabilmente in fase di creazione poi i cambiamenti avvengono molto rapidamente. Il trucco secondo noi resta quello di circondarsi di persone con le quali si riesce a comunicare in modo diretto e naturale, e con loro è andata così

 

SL: In The Forgetful si nota un’attinenza molto progressive, tanto da farlo sembrare un brano pensato in funzione live per dilatazione temporale. Avete intenzione di proseguire con simili esperimenti o si è trattato di un unicum?

 

M.B.: Effettivamente The Forgetful è una di qulle canzoni nate tanto tempo fa, una storia particolare quella dello Smemorato di Collegno che necessitava di una musica alquanto “strana”, tanto da apparire secondo alcune recensioni “paranoica e ansiosa” (per noi è stato praticamente un complimento!). E’ stata suonata inizialmente live in acustico, nell’album abbiamo deciso di “scurirla” un po’di più. Non pensiamo si tratti di un unicum, è una strada che potremmo ripercorrere. In generale ci piace molto spaziare su varie possibilità cercando però di mantenere una forte identità sonora

 

SL: Quali progetti futuri vedono impegnati i LDL? Nuovo lavoro, nuovi live, volontà di allargare la formazione? Oppure va bene così e vi prenderete il giusto tempo?

 

M.B.: Innanzitutto vogliamo completare la formazione con il nuovo batterista e poi, perché no, anche aumentare di numero per riprendere l’attività live. Si suona per stare sul palco e la lontananza forzata di questi mesi è stata più che sufficiente. Successivamente continueremo anche con la creazione e l’arrangiamento di altri brani, a dire il vero da parte ne abbiamo più di una ventina, quindi fortunatamente la vena creativa ancora c’è. Alcuni ci convincono già, altri probabilmente verranno stravolti, ma speriamo di confermare e migliorare il lavoro del primo album, del quale siamo molto soddisfatti. E soprattutto, “We wanna keep Laughing”!!!

Intervista di Fabrizio’82

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