Mag 222008
 


Roma, Auditorium Parco della Musica, 15 maggio 2008
Come una splendida Sacerdotessa delle tenebre, come una terribile Erinni, Diamanda Galàs ha offerto una straordinaria performance in un Auditorium non al completo, ma attentissimo ed estremamente devoto alla sua figura di musicista di culto.
Questa musa dell’Avanguardia, di origine greca, nasce artisticamente negli anni Settanta, quando partecipa a vari spettacoli itineranti del Living Theatre in alcuni manicomi della Bay Area, finché nel 1979 non partecipa al Festival di Avignone cantando nell’opera Un jour comme un autre del compositore Vinko Globokar. Suona anche in complessi Jazz, tra cui quelli di David Murray, Butch Morris e Mark Dresser. Presto però il suo interesse nell’esplorazione delle capacità vocali la spinge a comporre The Litanies of Satan(1982), un opera per sola voce e sintetizzatore ispirata all’opera di Baudelaire, nella quale declamando i versi del poeta emette suoni lancinanti, gutturali e dissonanti, fin quando la voce si confonde con lo strumento elettronico.
Sia che canti in un recital i martiri della dittatura greca (Tragoutia, 1981), sia che esplori il dolore della malattia, in particolar modo a seguito della morte per AIDS del fratello, il poeta Philip Dimitri Galàs, la sua voce potente, capace di sconfinare nella polifonia, diventa l’interprete più drammatica del dolore e delle piaghe del mondo.
A questo proposito le opere Divine punishment/Free among the Dead, Saint of the pit e You’re must be certainly of the Devil rappresentano una trilogia sulla malattia, il dolore e la morte per AIDS. Mentre la prima realizza una blasfema parafrasi esoterica delle Sacre Scritture in ambientazione medioevale, la seconda riprende i grandi poeti maledetti francesi Baudelaire, Corbiere e Nerval, e rappresenta un drammatico requiem per l’umanità colpita dall’AIDS, finalmente la terza è un furente atto di accusa contro la criminalizzazione e l’emarginazione dei malati.
Tali tematiche sono esemplari nello sviluppo della poetica tragica della cantante, che trae la sua ispirazione dai classici greci; esse trasportano, infatti, nei tempi moderni le urla laceranti di Medea, e rappresentano, altresì, un primo passaggio dallo sperimentalismo più estremo a forme musicali più accessibili, mediante l’utilizzo di una ensemble di appoggio.
Negli anni successivi la poetessa dark svilupperà il suo autentico interesse per il blues, che sarà rivisitato secondo le sue modalità artistiche, in album come The Singer, che addolcirà un po’ il suo stile, ma in Vena Cava Ella ritroverà il suo furore per le ingiustizie del mondo, sino a rivisitare la tragedia dello sterminio armeno nell’album Defixiones; will and Testament, ove porrà la potenza narrativa della sua voce al servizio di chi non ha voce.
Nella splendida performance tenuta all’Auditorium You’re My Thrill, la musicista ha trasformato i classici canoni del jazz e le ballate francesi dell’amore romantico in disperati ed intensi canti erotici, secondo la concezione greca classica del desiderio carnale concepito come commistione di piacere e dolore.
Entra in scena letteralmente come una Regina dell’ombra tanto che la sua figura sul palcoscenico è appena visibile. Accompagnata dal suo magnifico pianoforte inizia con la bellissima e struggente ballata All my life di Ornette Coleman, per approdare al country stralunato di Johnny Paychek, con il brano (Pardon me) I’ve got someone to kill. Seguono due intense quanto lancinanti interpretazioni: una rivisitazione ancor più struggente della romantica Amours perdous di Giuliette Greco e la potente e tragica You don’t Know what love is, dove la sua voce raggiunge un’intensità da brividi, al punto da colpire i timpani degli ascoltatori , mentre la volta della grande sala sembra letteralmente tremare. Splendida anche l’interpretazione del traditional folk O death, tratto dall’ultimo album appena uscito Guilty, Guilty, Guilty, nonché della Chanson dex vieux amants di Jacques Brel, e della visionaria ballata greca Open the Rock.
Il suo omaggio ai classici francesi della canzone romantica continua con una dolente e suggestiva versione di Bonjour Tristesse, totalmente stravolta nella allucinata espressività della cantante. Tra un brano e il successivo sorprende, sciocca e diverte il pubblico mentre nel ringraziare alcuni suoi collaboratori pronuncia in un italiano stentato, ma altrettanto inequivocabile, un epiteto irripetibile a sfondo sessuale rivolto, pensiamo, ad uno di essi.
Il concerto va a terminare con Guilty, Guilty, Guilty, che riprende la sua drammatica litania rabbiosa contro il dolore e la sofferenza dell’umanità.
Richiamata a furor di popolo concede, tra le ovazioni del pubblico, ben tre bis: Heaven have mercy, dall’ultimo album, lugubre e disperata, ma dalla struttura abbastanza semplice, omaggia ancora il country di Johnny Cash, con una possente versione di 25 minutes to go, ed infine conclude con la maledetta Gloomy Sunday, dell’ungherese Rezco Seress, la canzone dei suicidi, che fu resa famosa da Billie Holliday, di cui fornisce una bellissima ed allucinatoria versione, prima di scomparire nel buio. Questa straordinaria performer, una delle artiste di più difficile comprensione del nostro tempo, è stata più volte accusata negli States di blasfemia e di satanismo, a causa dei testi provocatori delle sue liriche. In realtà, si tratta di una donna estremamente sensibile e colta, convinta che l’arte possa scuotere le coscienze, e che ha scelto di descrivere la sofferenza ed il dolore del mondo senza alcun tratto consolatorio, quasi assumendoli su di sé, con tratti potenti e drammatici, coadiuvata dalla sua voce, dotata di un’estensione di quattro ottave (forse solamente Demetrio Stratos, il grande musicista italo-greco morto nel ‘79 poteva gareggiare con Lei), che Lei usa come uno strumento, che arricchisce unendo tecnica e veemente espressività, coadiuvata da una tecnica pianistica che ha ben pochi rivali al mondo. Sciamana allucinata e dolorosa, sorella di Maria Callas nell’ombra, la sua apparizione è stata fortemente emozionante, e sarà, per tutti noi, un evento indimenticabile.
Recensione by DARK RIDER
Scaletta del concerto

  2 Responses to “Diamanda Galás: You’re my thrill”

  1. Nice website!!

  2. […] (will not be published) (required) Mail (non sar  pubblicato) (richiesto) Website. Sito web …Diamanda Gal¡s: You're my thrill SlowcultE' prima di tutto un sito di trasmissione del sapere… leggi tutto … greca (Tragoutia, 1981), sia […]

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