Gen 312013
 

Roma, Auditorium Parco della Musica, Sala Petrassi, 24 Gennaio 2013

★★★☆☆

“Amore non è come sembra, ma in questo ondeggiare di culi e occhiali da sera non c’è pace, neanche il cuore più attrezzato arriva alla fine del mese”.

Come può una favola – con la sua immobile e rituale trama – essere ancora di qualche utilità nel mondo liquido-moderno, caratterizzato dallo smantellamento di qualsiasi sicurezza e dall’incertezza di ogni destino individuale? Francesco di Giacomo, con questo lavoro solista, ci ha proposto una rilettura originale e volutamente dissacratoria di Cenerentola, una delle storie più popolari di sempre.
L’impianto dello spettacolo è molto semplice. Una serie di canzoni – sempre di ottima qualità – è intervallata da testi letti o recitati dallo stesso cantante, che domina la scena. L’esecuzione musicale è affidata al solo Paolo Sentinelli, alle tastiere, che è anche coautore di testi e musiche. La parte di Cenerentola è svolta dalla “danzattrice” italo-sudanese Ashai Lombardo Arop, che ogni tanto appare sulla scena per qualche breve performance. La scenografia è tutta digitale, come ormai capita sempre più di frequente, sui palcoscenici, ma si integra dinamicamente coi testi, col deliberato proposito di fare di “Cenertentola – La parte mancante” uno spettacolo multimediale a tutti gli effetti.
Di Giacomo è sempre stato un artista molto concentrato sull’invenzione e, al contempo, poco interessato alla popolarità delle proprie creazioni. E anche ora, una volta approdato all’Auditorium, si è preoccupato soprattutto di dare vita ad un’opera coerente, oltre che originale. Anche se non siamo più negli anni ‘70 – il periodo glorioso del progressive rock e di massima fama per il suo Banco del Mutuo Soccorso – non rinuncia a diffondere opere musicali culturalmente impegnate e dense di significato. Questa Cenerentola, in particolare, vuole essere “un pretesto per riflettere sul mondo che ci circonda, che ci creiamo ogni giorno attraverso stimoli e modelli esterni, ma anche rielaborazioni nella nostra mente”. Lo spettacolo vuole dunque offrire spunti, e persino ragionamenti, per invitarci a riflettere sull’indecifrabilità di questo presente ricco di “possibilità” ingannevoli, che ci fanno intravedere una parvenza di riscatto a buon mercato. Queste possibilità, come la scarpetta di Cenerentola, ci dice Di Giacomo, “diventano le nostre favole quotidiane, sempre più diffuse, dietro le quali abbiamo imparato presto a nasconderci”. Sembra quasi una trasposizione teatrale delle idee del grande sociologo Zigmunt Baumann, per il quale la società “liquida” costringe ciascuno di noi ad essere un artista della propria vita, senza però credere troppo alle storie che la società dei consumi ci racconta ogni giorno.
La risposta del cantante non è certo rinunciataria: “la differenza tra la favola e l’utopia è che la prima inizia con C’era una volta… e pretende di essere creduta, la seconda inizia con “Ci sarà…forse”,ma ci devi credere tu”. Il pubblico presente in sala, pieno di amici e di vecchi fan del Banco, ha salutato con molto affetto e apprezzamento questo ritorno sulle scene all’insegna dell’impegno, ma anche del gioco.
Recensione di Paolo Subioli

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