Ago 212018
 

Vasto, 27 e 28 luglio 2018


sirenIl Siren Festival è arrivato alla quinta edizione, e finalmente Slowcult ha avuto l’occasione di assistere, a larga parte di esso.
Si tratta certamente di una delle esperienze più interessanti per la musica di qualità nel nostro paese; non a caso affluiscono ormai anche persone da altri paesi europei per partecipare a quello che oramai è considerato un vero evento, quasi una specie di oasi musicale da coltivare. La location, la Città del Vasto, è particolarmente felice, per il fascino del suo bellissimo centro storico, fatto di vicoli e palazzi splendidi, che nascondono giardini incantati, come i giardini di Avalos. Se a questo uniamo poi il buon cibo e le splendide terrazze sull’Adriatico, ci rendiamo conto della originalità e della felicità della proposta culturale, che non potrebbe avere sede migliore.
I musicisti sono scelti con particolare cura, spaziando dall’Indie Pop di qualità, all’Alternative, all’Elettronica, allo Shoegaze, al Rock d’avanguardia, alla Sperimentazione, al Punk storico.
Ma veniamo ad una breve descrizione dei concerti cui abbiamo avuto l’opportunità di assistere nelle due giornate sovraindicate:

27 luglio:
Il live show, cui abbiamo assistito, si apre al tramonto, nei giardini d’Avalos, con il bel concerto di Neil Halstead, ★★★☆☆ cofondatore di Slowdive, e successivamente di Mojave 3, intimo e delicato, formato da arpeggi chitarristici intensi, cui, negli ultimi minuti si sovrappone, in termini di orario, quello di Ryley Walker ★★★☆☆, nell’adiacente cortile, impedendoci di assistere alla magia degli ultimi brani. Lo Psych folk del cantautore statunitense comunque viene molto apprezzato, anche per varietà e creazione di atmosfere originali e piacevoli; egli ci propone nel set molti brani del suo ultimo bellissimo album, Deafman Glance, che rappresenta quasi una originale rivisitazione free folk e post rock degli anni settanta.
E con l’eclissi di luna arriva il momento clou del festival: Slowdive, ★★★★☆ straordinario gruppo, uno dei fondatori dello stile “Shoegaze” alla fine degli anni novanta, che nella magnifica location di Piazza del Popolo ci regala una performance eccezionale, intensa; rientrati sulla scena dopo un ventennio di assenza, un anno fa, con l’omonimo, bellissimo album, in gran parte riproposto in una sognante, magica atmosfera, caratterizzata anche da una abile messa in scena di fumi, che li rende a volte quasi fantasmi invisibili, che ci ha offerto intensità e profondità del suono, regalandoci, nel contempo, anche i brani stupendi del passato. La band ha saputo riprendere il discorso da dove l’aveva interrotto, arricchendolo ancora di significato e di poesia. Essi sono tornati per restare, con umiltà, consapevoli de proprio valore artistico, e di rappresentare una delle band più sottovalutate della storia del rock. Il loro rock psichedelico sognante e immaginifico ha aperto la strada a molti gruppi più famosi, come Oasis e Blur, che non valgono assolutamente come la band di Reading, nonostante sia ora priva del cofondatore Neil Halstead, cui abbiamo fatto cenno. Una performance da brividi, da incanto, caratterizzata da magiche armonie, un mirabile psychedelic dream pop, che si conclude con la coda strumentale della conclusiva Golden Hair (cover di Syd Barrett).
Lali Puna ★★★☆☆ nella bella cornice del cortile d’Avalos non delude, la sua elettronica soft colpisce per dolcezza ed inventiva: la loro classica The Bucket è di notevole impatto, e l’ensemble tedesco ci offre un’ora di live set avvolgente e suggestivo. Unica pecca, forse, la ripetitività di molti brani.
28 luglio:
Colapesce, ★★★☆☆ in Piazza del Popolo, ci sorprende, con un live set fortemente teatrale, e di notevole impatto visivo, presentando, in larga parte, il suo ultimo album, Infedele (prodotto con Jacopo Incani, (più noto come IoSonounCane), una specie di sincretismo tra canzone d’autore, fado portoghese, una sorta di elettronica da club, con suggestioni sonore da musica da film e da ballate urbane. Su tutto, aleggia il genio ispiratore del Maestro Franco Battiato.
E’ la volta poi di Mèsa ★★½☆☆, cantautrice romana, che si esibisce in un piccolo palco, nella terrazza sul mare di Porta San Pietro, dal forte impianto “indie rock”, che presenta il suo album “Touchè”; un live set un po’ acerbo, ma vivace, rabbioso e coinvolgente. Una vera rocker indipendente, che dimostra di aver raggiunto padronanza e maturità sul palco, che per alcuni aspetti ci ha ricordato Beatrice Antolini.
Il clou della serata è rappresentato dagli straordinari dEUS ★★★★☆, vibranti rabbiosi, potenti, ma capaci anche di proporre ballate dolci che via via si tramutano in mirabile rabbioso rock (Instant Street): la band belga, capostipite dell’alternative rock europeo, possiede un carisma straordinario, una enorme capacità di coinvolgere il pubblico; Tom Barman guida l’ensemble trasmettendo una energia contagiosa, e dimostra di avere una impressionante padronanza strumentale. Apoteosi con le splendide Hotellounge (Be the death of me) tratta dall’epocale album “Worst Case Scenario” e con Sirens.

Quello cui abbiamo avuto l’opportunità di assistere è stato uno spettacolo abbastanza insolito, direi inusuale per la perfetta organizzazione e le suggestive location, nonché per la più che buona qualità delle band, che resterà a lungo nella memoria: persino l’elemento acustico era eccellente e, mi dicevano, in costante miglioramento dalle scorse edizioni.
Una esperienza a tutto campo, che chi ama le musiche “altre” potrà apprezzare nella sua semplicità e nel suo fulgore.

Reportage di Dark Rider

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