Feb 052009
 

Roma, Circolo degli Artisti 30 gennaio 2009 – Una notte d’inverno Tour

★★★★☆

Correva il 2006 quando ‘Non voglio restare cappuccetto rosso’ (Altipiani/GDM/Edel) fece capolino nel mondo del cantautorato pop-rock all’italiana.
A distanza di quasi 3 anni dall’uscita del suo primo -e finora unico- album, Valentina Lupi continua a portare in giro la sua musica, arricchendo il repertorio con nuovi arrangiamenti e brani inediti. Prendete una tastiera, prendete una voce piena e tagliente, un violino distinto, importante, poi fatevi da parte e state ad ascoltare. Tra concerti d’elite, performances in salotti privati e reading di poesie la giovane cantautrice figura ormai in pianta stabile nell’attuale scena musicale romana (e non); spazi intimi e piccini per un pubblico di nicchia, come anche palchi di più largo richiamo, vedi serata del 30 gennaio, al Circolo degli Artisti, Roma. Così siamo andati ad aspettarla lì, al varco, perchè vuoi o no il palco del Circolo è sempre un po’ una grande prova, genera nel pubblico grandi aspettative e nell’artista ansia di doverle –e saperle- soddisfare.
E allora coraggio, ciasuno ai propri posti: Cesare Petulicchio alla batteria, Fabio Fraschini al basso, al violino Vanessa Cremaschi, tastiere e voce Valentina Lupi, pronti, partenza VIA. Ma l’inizio non può dirsi dei migliori, l’esecuzione di ‘Non voglio restare cappucetto rosso’ (che dà il titolo all’album) rende ben poca giustizia al brano stesso, per via di problemi tecnici che mettono fuori gioco il violino quasi ancor prima di cominciare. Ecco allora che la Lupi, abile e sapiente regista, aggira elegantemente l’ostacolo.. una piccola modifica alla scaletta et voilà, il violino per ora non serve: Giulia Ananìa alla chitarra invece, prima guest della serata, ad eseguire un brano proprio. Jolly ben giocato. Nell’intanto, in modo rapido e indolore, ogni disguido si risolve e Vanessa Cremaschi, violinista di comprovato talento, fa ritorno alla sua postazione. ‘Impara l’andamento dei miei desideri. Impara’, brano tutto nuovo, un imperativo che sancisce l’inizio vero del concerto; entusiasmo palpabile sul palco, sguardi d’intesa, sorrisi, ci siamo. Mi guardo intorno, sala piena, folto pubblico applaudente: car(ismatic)a Valentina, cominciamo. ‘Come scriveva Benni’ segue in scaletta, freccia scagliata contro il torpore culturale (I duchi della cultura adulavano i peggiori perchè dei migliori avevano paura..). E così brani più o meno conosciuti si alternano a nuove composizioni, tra accordi melodici e colpi d’archetto che dettano pause, respiri, silenzi. In assetto rock, basso e batteria definiscono –forse con troppo poco carattere- la struttura di quasi tutti i pezzi e ci si chiede dove sia finita la chitarra, ammesso che la sua presenza nei live-set sia mai stata contemplata. Tocca al violino e alla voce piuttosto essere, rispettivamente, il re e la regina di questa storia. Lui a piacimento disincantato e altero, austero e dispettoso; lei grintosa ed affilata asciutta emozionata e fresca: giochi di rincorse e nascondino, di prendersi per mano. Un secondo ospite entra in scena a serata inoltrata, Diego Mancino: suoi il microfono e le tastiere per una ‘Milano e l’impossibile’, in duetto con un delicato violino parole pungenti per la sua città (..desiderare tutto e non amare niente..).
Alle tastiere Mancino rimane per pochi minuti ancora, ad accompagnare la Lupi nell’esecuzione di un nuovo pezzo. Poi ‘Satura’ ed ‘Il giorno del samurai’ a fine scaletta, ed il palco rimane presto vuoto. Tanti applausi, troppi perché sia negato loro un bis. Ecco allora rientrare la band insieme con l’energia residua.. ‘Impara’, in chiusura lo stesso imperativo con cui il concerto era –impropriamente- cominciato. Se una buona dose di semplicità, spontaneità quanto basta, determinazione e bravura sono gli ingredienti principali per farsi strada pian piano, beh, Valentina Lupi allora lascia ben sperare. E poi i testi, certo, ci vogliono anche i testi, per favore non banali, non scontati: soddisfacente work in progress. Certo l’abuso di alcuni luoghi comuni resta ancora una facile insidia, tuttavia le si perdona questa colpa, soprattutto quando parole come cuore-amore sovvertono un poco l’ordine precostituito e ridisegnano nuove traiettorie, perchè non tutti in fondo vissero sempre felici e contenti.

Recensione by Rosa

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