Dic 142007
 

Teatro Vascello – Roma – 28 ottobre 2007

Si spengono le luci. Poi se ne spengono altre. E poi altre ancora. Fino ad arrivare al buio totale. In quel buio inizia Bahamut, l’ultimo spettacolo teatrale della coppia Antonio Rezza e Flavia Mastrella. Ed inizia con il Rezza che deride gli spettatori. “Imito la vostra malattia, non la vostra stupidità”, dice. Lo spettacolo che segue gli darà ragione.
Antonio Rezza interpreta una serie di personaggi assurdi, talmente assurdi da essere normali, che si alternano, spariscono e si ripropongono sul palco.
Apre un infermo, che trae forza dalla sua debolezza: la sua infermità e la sua disperazione lo portano ad essere un tiranno insopportabile per i due infermieri che lo assistono, senza i quali non potrebbe fare alcun movimento, ma lui non se ne preoccupa perché “sono pagati per questo”.
Segue il palestrato, che non può fare a meno di espirare ad ogni esercizio.
Poi è la volta di un nano, definito dal Rezza stesso “più basso delle sue ambizioni”, che agisce al buio e si mostra quando c’è luce per mostrare al pubblico quanto è “stronzo”. Ovvio sfottò agli spettatori che hanno pagato per vedere (anzi, per non vedere) uno stronzo!
C’è poi l’imprenditore, il signor Porfirio, che entra nelle case della gente con la sua pubblicità assillante, per poi trattarla male quando si presenta al negozio; e che, occupato ad esaltare gli abiti da lui prodotti, non dà importanza allo stato di larva in cui si trova chi li indossa.
Ma soprattutto c’è la signora Porfirio, un personaggio ricorrente, donna che si mostra forte, ma che in realtà ha trascorso gli unici momenti felici della sua vita quando è stata stuprata e i cui soli dubbi riguardano la parentela tra Paperino e Gastone.
Contrapposto ai Porfirio c’è il sindacalista, che prima aizza i proletari, la cui rivolta peggiorerà ancora di più la loro situazione, dopodiché tira i remi in barca per non peggiorare anche la sua situazione.
E poi ancora, un albergatore che si lamenta dei clienti che si fanno sentire solo nel momento del bisogno, ma al loro arrivo non esita a “metterglielo in culo” (nel senso letterale del termine), la donna incinta che vuole un figlio che sia sottosegretario ed una figlia che sia sotto il segretario; la donna in ceppi che pensa ad eliminarsi i brufoli e come non perdere sangue “neanche in quei giorni”; l’orologio a cucù che dimentica il suo ruolo.
Una galleria di personaggi, sopra i quali c’è Bahamut, l’essere supremo secondo un’antica cosmogonia, rivisitata da Rezza. Essere supremo che però riuscirà ad essere scioccato dal comportamento del signor Porfirio.
E poi l’esilarante finale, con un dialogo tra i signori Porfirio che si lamentano dell’autore della rappresentazione teatrale, senza rendersi conto che senza di lui loro non esisterebbero.

Lo spettacolo è fantastico. Antonio Rezza domina gli spazi sapientemente allestitigli da Flavia Mastrella, e riesce a far ridere (e non poco) su aspetti dell’umanità e su tematiche tutt’altro che divertenti. Come del resto sua abitudine: chi ha visto altri lavori della coppia, come il lungometraggio Escoriandoli, la rappresentazione teatrale Fotofinish, e cortometraggi come “Zero a zero”, “Larva” e “Don Tek” mi potrà facilmente dare ragione.
I suoi personaggi sono “giocattoli di scena”, come dice il sottotitolo dello spettacolo (mai) scritto da Antonio Rezza. E, durante la rappresentazione, il forte dubbio che nella vita quotidiana anche noi siamo “giocattoli di scena” si trasforma sempre più in certezza.
Ma ce ne accorgiamo divertendoci. Grazie alla sua inimitabile mimica, alle sue parole che in alcuni casi non sono altro che suoni apparentemente privi di significato, al suo modo di fare teatro assolutamente non convenzionale.
Ad aumentare l’effetto comico, l’irriverenza di Rezza nei confronti del pubblico, che, comunque, in Fotofinish era molto più forte. Stavolta niente frustate, niente nudi, niente toccate di sedere alle ragazze: lo spettacolo è più soft. Ma sempre efficace.
Rispetto a Fotofinish, spettacolo del 2003, l’innovazione è nel venir meno di un tessuto narrativo. Bahamut fa da collante ai vari personaggi, ma non esiste una storia, con inizio e fine.

Recensione by Andrea Longobardo

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