Apr 122018
 

CeraUnaVoltaIlWest01Pare che per uno dei suoi film leggendari Sergio Leone abbia voluto Claudia Cardinale al posto di Sophia Loren, rinunciando così ai soldi di un produttore come Carlo Ponti. Scortata dalla maestosa colonna sonora di C’era una volta il West (1968), l’intraprendente Jill McBain scende dal treno in una stazione poco distante dalla Monument Valley. Cappellino giallo, riccioli castani, vento e polvere non incrinano il nero di quegli occhi. Così Claudia Cardinale si avvia ad affrontare qualsiasi sciagura e qualsiasi tipo di bandito. E se la cava piuttosto bene. Per questo resterà sempre lei l’unica protagonista femminile di tutto il cinema del grande regista.

i-soliti-ignotiNata nei magici paesaggi che colorano Tunisi il 15 aprile 1938 da genitori di origine italiana, da bambina parla l’arabo tunisino, il francese, nonché il siciliano, la lingua dei nonni. Sogna di fare l’esploratrice ma a vent’anni entra nel mondo del cinema schiudendo la porta di casa a Renato Salvatori (I soliti ignoti, Mario Monicelli, 1958), dopo essere stata notata dal produttore Franco Cristaldi che le offre un contratto con la Vides. L’anno seguente Pietro Germi la immortala nel ruolo della sfortunata Assuntina in Un maledetto imbroglio, con cui la Cardinale si guadagna l’apprezzamento di Federico Fellini nonché quello di Luchino Visconti che non tarderanno troppo a rincorrerla. Trasferitasi con la famiglia in Italia custodisce un segreto: Patrick, il figlio avuto giovanissima dopo essere stata violentata da uno sconosciuto molto più grande di lei. Cristaldi le consiglia di far credere che Patrick sia il suo fratellino per non compromettere una carriera appena cominciata. Seppur a malincuore lei accetta e mantiene il segreto per sette lunghissimi anni, legandosi sempre di più a Cristaldi che darà poi il suo nome a quel bambino.

Sette anni durante i quali l’Italia pullula di straordinari autori e cineasti, una stagione d’oro che finirà per detenere un posto d’onore nella storia della cinematografia mondiale. Claudia Cardinale ne diviene presto l’emblema femminile più autorevole e prestigioso, l’unica in grado di risplendere nel firmamento già affollato di stelle italiane da Oscar, come la Loren o la Magnani. Eppure non parla ancora bene l’italiano e la sua voce un po’ roca sembra poco adatta per la recitazione, ciononostante gira un film dietro l’altro prediligendo quelli in costume come La viaccia (Mauro Bolognini, 1961), accanto a Jean-Paul Belmondo. Ma lei eccelle presto in tutti i generi.

Fiera e sperduta (La ragazza con la valigia, Valerio Zurlini, 1961); disincantata senza più resistenze (Gli indifferenti, Francesco Maselli, 1963); fedele al suo bel partigiano (La ragazza di Bube, Luigi Comencini, 1963). Fino ai due capolavori realizzati entrambi nel 1963: Il Gattopardo di Visconti e di Fellini (dove utilizza finalmente la sua voce). Come un pregiatissimo cavallo di razza è adorata persino dai registi più esigenti e severi che nei suoi confronti mostreranno solo tenerezza, fiducia e ammirazione.

Alla fine degli anni 60 risulta molto compromesso il legame con Cristaldi con il quale, comunque, non ha mai vissuto un normale rapporto di coppia e il loro sodalizio professionale poggia soprattutto sui vantaggi del produttore: “Facevo quattro film l’anno e ricevevo solo un mensile. Insomma non c’avevo mai una lira”. Chi le fa aprire gli occhi sarà Pasquale Squitieri, “l’unico uomo della mia vita”, conosciuto nei primi anni 70. Determinata, sincera, palpitante, gli corre incontro anche a rischio di possibili ritorsioni da parte di chi, come Cristaldi, detiene un grande potere nell’ambiente dell’industria cinematografica.

civettaDiventa la musa del regista napoletano, a cominciare da I guappi (1974), con Franco Nero e Fabio Testi, e Il prefetto di ferro (1977), dove Giuliano Gemma sfida mafia e banditismo durante il ventennio fascista. Film spettacolari, di denuncia, in cui conferma quel talento drammatico già dimostrato ne Il giorno della civetta (Damiano Damiani, 1968). Un talento che sfavilla anche nei ruoli più brillanti, come quando tramortisce il povero Alberto Sordi (Bello, onesto, emigrato Australia sposerebbe compaesana illibata, Luigi Zampa, 1972) o Nino Manfredi (Nell’anno del Signore, Luigi Magni, 1970). Alle soglie dei quarant’anni l’amato figlio Patrick la rende nonna, proprio quando lei sta per diventare mamma di una bellissima bambina che Squitieri desidera chiamare come lei, Claudia.

Rivestendo il ruolo della giovane amante di Mussolini, con Claretta (Squitieri, 1984) si aggiudica il “Premio Pasinetti” alla Mostra del Cinema di Venezia come migliore attrice. In sessant’anni di carriera e 140 film ne riceve tanti di riconoscimenti, compresi numerosi Nastri d’Argento e David di Donatello. Nel 2002 il Festival di Berlino le assegna l’Orso d’Oro alla carriera, così parimenti nel 2011 il Festival di Locarnopistolere l’omaggerà col Pardo d’Oro.

Nel 1986 Luigi Comencini la sceglie per interpretare Ida Ramundo nell’adattamento televisivo di un capolavoro della letteratura italiana, La Storia, di Elsa Morante, senza dubbio una delle sue prove più toccanti e impegnative. Stabilitasi ormai a Parigi, in uno splendido appartamento con vista sulla Senna, ci tiene a precisare che continua a sentirsi sempre italiana. Un’attrice italiana celebrata in tutto il mondo che ha recitato con attori del calibro di Henry Fonda, John Wayne, David Niven, Sean Connery o Rock Hudson, nonché Burt Lancaster, Lee Marvin, Robert Ryan, Jack Palance tutti nel cast de I professionisti (Richard Brooks, 1966), uno dei più importanti western degli anni ’60. Anche stavolta è l’unica donna in mezzo a un manipolo di avventurieri che per lei vedranno traballare parecchi dei loro principi di vita.

Affidabile compagna di lavoro, non crea problemi o rivalità persino quando deve spartirsi il set con Brigitte Bardot (Le pistolere, Christian- Jaque, 1972). La bionda B.B. e la bruna C.C., due impareggiabili primedonne che si prendono a pugni con tanto di sottogonne al vento e bustini slacciati. E senza controfigure, visto che la Cardinale ama il pericolo quanto odia i lifting. Del resto, per chi da piccola sognava di fare l’esploratrice, non ha rappresentato certo un’ardua impresa girare un film nelle selve più fitte e insidiose dell’Amazzonia (Fitzcarraldo, Warner Herzog, 1982).

Interprete mai artificiosa, quel profilo gentile, bianco e nero o a colori, da ombrosa a veemente. Chi più di lei è stata bellissima? Nella nostra memoria Claudia Cardinale rimane bellissima in quel luogo senza tempo che è il cinema, mentre i più giovani le fanno l’inchino se per caso l’incontrano sulla scia di un sorriso.

La forza, l’allergia al divismo, l’indipendenza come bene primario sono le rotte che hanno orientato la sua vita, professionale e non. “L’importante è credere che oggi sia il primo giorno di vita e non l’ultimo”. A 76 anni compare nel film d’esordio di Giambattista Assanti, Ultima fermata (2014), perché sostenere film di nicchia, il debutto di un regista, senza badare all’entità di un cachet (a cui può anche rinunciare) è quello che le fa ancora amare il mestiere d’attrice, così come cimentarsi a teatro con una commedia di Neil Simon, La strana coppia, portata in scena nel febbraio 2018 dal regista Antonio Mastellone.

la strana coppiaA chi glielo chiede, Claudine (come amava chiamarla Visconti) risponde sempre che non ha mai avuto relazioni con colleghi di lavoro, anche se Mastroianni le ha fatto una corte spietata. “Non sono mai caduta in queste trappole”. Però rimpiange di aver resistito a quella di Marlon Brando, pur subendo da sempre il suo fascino. E Alain Delon? “Lui resta un grande amico. Ci sentiamo spesso per telefono. Mi diverte quando dice: Sono il tuo Tancredi!”. Angelica e Tancredi, una delle coppie più belle del cinema, accolta nel 2010 sul palco di Cannes da un estasiato Martin Scorsese in occasione della proiezione della copia restaurata del Gattopardo.

Per festeggiare i suoi ottant’anni facciamo nostra una dedica che le fece un giorno Alberto Moravia: “Quando ride i suoi occhi diventano due fessure nere, scintillanti, con qualcosa di monellesco e scatenato”.

Ornella Magrini

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