Set 192009
 

Regia di Michele Placido con Riccardo Scamarcio, Jasmine Trinca, Luca Argentero, Massimo Popolizio, Francesca Acciai. Durata 101 min, – Italia 2009

★★½☆☆

locandina il grande sognoL’intreccio delle storie di tre coetanei nella Roma pre e post 68. Nicola (Scamarcio, abbastanza credibile ma non del tutto convincente), celerino pugliese che ha scelto la divisa per andar via dal paese e poi tentare nella grande città la carriera d’attore, viene incaricato di infiltrarsi all’interno dell’Università della Sapienza, appena occupata dagli studenti, tra i quali spiccano per attivismo Libero (un Argentero alquanto evanescente), comunista da varie generazioni, e Laura (Jasmine Trinca, che sembra ancora non essere uscita dalla morettiana stanza del figlio, ormai condannata sempre allo stesso ruolo), una ‘cattocomunista’ che non vuole essere imbrigliata nelle mille etichette della politica giovanile di quel tempo e sposta l’attenzione dei presenti dal Vietnam al diritto allo studio. Il bel Libero galvanizza la folla in assemblea, lei gli tiene testa, lui la nota e vuole aggiungerla al suo nutrito carnet di donne conquistate; nel frattempo l’imbucato celerino affascina Laura recitando Shakespeare, lei si allontana dalla sua borghesissima ma aperta famiglia; nel corso dei celeberrimi ed ultracitati scontri di Valle Giulia, quelli di Pasolini che sembra tifare per i poliziotti, per intenderci) Nicola è costretto a gettare la maschera e rivelare la sua identità, con ovvia grande delusione di Laura. Lui lascerà la polizia, lei andrà a vivere con altri ‘compagni’, il suo impegno nel sociale insieme a Libero la porterà anche ad Avola, a sostegno delle lotte dei braccianti contro le gabbie salariali (!) dove due contadini verranno uccisi dalla polizia. Al suo rientro a Roma incontra nuovamente Nicola che non l’ha mai dimenticata; lei, perdonandolo, lo accoglie nuovamente tra le sue braccia, ma la vicenda non finisce qui…
Michele Placido ci racconta la sua meglio gioventù, sua nel senso stretto del termine, in quanto il film è ampiamente autobiografico; pur apprezzando la sincerità del suo racconto e del suo intento, l’operazione non funziona. Eppure la rilettura dell’Italia di quegli anni gli era ottimamente riuscita nel ben più complesso, articolato ed appassionante affresco di Romanzo Criminale. Ovviamente in quel caso il soggetto e la sceneggiatura di De Cataldo gli avevano dato una grossa mano; stavolta un aiuto lo avrebbe potuto avere dall’aver vissuto in prima persona alcuni episodi narrati nel film. Degno di nota è sicuramente lo sguardo curioso, incredulo ed affascinato, col quale il poliziotto meridionale si lascia conquistare da un mondo totalmente diverso dal suo, ma il film appare poco coinvolgente, per nulla affascinante e per lunghissimi tratti emozione e passione scarseggiano assai. La regia, vero punto di forza del precedente Romanzo Criminale, qui si limita ad un compitino molto scarno, con più di un fotogramma in cui il pubblico si domanda se si stia assistendo all’ennesima fiction televisiva da prime time. L’impressione quindi è di un’opera che non convince, proprio per l’enorme divario tra l’ambizione e le aspettative del progetto ed il risultato finale raggiunto. Un’occasione mancata.

Recensione di Fabrizio

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