Apr 192012
 

I Lunghi Anni Sessanta: Movimenti Sociali e Cultura Politica negli Stati Uniti, di Bruno Cartosio, Storie/Feltrinelli, 2011, pp. 396, €. 25,00

★★★★☆

Questo eccellente lavoro rappresenta certamente uno dei più approfonditi studi sul “Movement” americano degli anni Sessanta: l’analisi viene fatta prendendo in esame gli aspetti strettamente politici, ma anche le importanti istanze sociali e culturali che finirono per modificare profondamente il costume in America, ma anche in Europa. Anzi è proprio negli aspetti socio culturali più che su quelli politici che quei drammatici eventi ebbero una enorme influenza, contribuendo a creare una cultura alternativa al potere che, nel bene e nel male, ha resistito nel corso del tempo ed ancora oggi, nelle Arti e nelle Scienze, non si è del tutto estinta.
Il volume è diviso in nove capitoli e da essi un dato si enuclea costantemente: gli Stati Uniti hanno una “memoria divisa” della loro Storia, che riappare costantemente ad ogni avvenimento ed ad ogni appuntamento elettorale, allorquando due ideologie contrapposte e due diverse letture della Storia si confrontano senza esclusione di colpi.
Nel primo capitolo si analizza con puntualità la radice dei nuovi movimenti che in questi anni sono stati interpreti dell’avversione alla guerra in Iraq, collegandoli idealmente a quelli degli anni sessanta contro la guerra in Vietnam, che si erano lentamente estinti nel corso del tempo. Si sottolinea, peraltro, come un forte risveglio di quegli ideali, al di là delle stanche ricorrenze decennali che si tenevano, si sia determinato anche a livello della politica istituzionale durante la campagna per le elezioni presidenziale del 2008 che porterà alla vittoria di Obama.
Il secondo è incentrato sulle disuguaglianze razziali e sulle gravi discriminazioni subite storicamente dai Neri nel Sud degli “States”, mentre il terzo pone l’accento sulla nascita della “Nuova Sinistra” americana, che trae origine dalla originale sintesi tra l’ambito sociale e quello culturale operata da molti intellettuali, tra cui Howard Zinn attivo tuttoggi.
Le forme della disobbedienza civile, nata con il boicottaggio degli autobus di Montgomery attuato da Martin Luther King e da altri pastori battisti neri è l’oggetto d’indagine del quarto capitolo, che con le parole dell’anziana leader Ella Baker, figura di collegamento tra King stesso ed i nuovi movimenti e le precedenti esperienze di militanza politico culturale, ne spiega la genesi: Ella mette infatti in rilievo come sia stato il movimento per i diritti civili ad aver creato gli uomini come Martin Luther King e non viceversa.
Dai “sit in” effettuati in luoghi pubblici, biblioteche, centri commerciali che praticavano la segregazione razziale (che si svilupparono dopo il 1960 in tutto il Sud), veri episodi di continua disobbedienza civile, i Neri presero coscienza della loro forza e dei loro diritti e da queste lotte presero coscienza, altresì, molti giovani bianchi che formarono l’organizzazione “Students for a Democratic Society” fondata sulla idee della democrazia partecipativa e sulla necessità di sfidare l’establishment. Solo verso la fine del decennio avvenne la trasformazione del movimento in entità marxista e rivoluzionaria.
Il quinto capitolo di questo eccezionale volume mette in luce come, nell’impossibilità di sopprimere il dissenso ormai così vasto, la F.B.I., coordinata dal potentissimo e spietato J. Hedgar Hoover e la stessa C.I.A. si affidarono ai duri metodi della repressione poliziesca, violando per interi anni, costantemente, i limiti dei loro statuti. In un secondo momento fu intrapresa una vera battaglia culturale: memori della passata caccia alle streghe operata anni prima dal maccartismo, molti agenti delle suddette agenzie si infiltrarono nelle Università per screditare i leader dei movimenti, manipolare le informazioni, provvedendo alla schedatura di migliaia di attivisti ed al reclutamento di nuovi agenti; ciò in particolare con “Operation Chaos” del 1967, che porterà a migliaia di schedature degli studenti contrari alla guerra in Vietnam.
Nel sesto viene analizzata dettagliatamente la figura contraddittoria del Presidente Johnson, che riconobbe, anche utilizzando serie commissioni di Studio, la questione sociale statunitense, la crescente disuguaglianza tra bianchi e neri, ma adottando misure recessive, ed intensificando la guerra in Vietnam, favorì la deflagrazione delle proteste nere, in particolare a Newark e a Detroit, che dopo l’uccisione a Memphis di Martin Luther King, divennero vere e proprie rivolte cui si unirono quelle dei “radicals” bianchi che nel frattempo avevano adottato le teorie rivoluzionarie di Che Guevara ed Herbert Marcuse, di Franz Fanon e Mao Tse Tung.
Il settimo capitolo prende in esame le figure molto spesso strumentalmente contrapposte di Martin Luther King e di Malcom X, che in realtà, nel loro tessuto sociale non erano affatto antagonisti. I media costruirono spesso immagini molto semplificate dei due leader mentre il movimento per i diritti civili andava molto oltre dette figure ed era molto più complesso. Sarà Spike Lee, che nel bellissimo “Do The Right Thing” proporrà più volte la foto in cui Malcom e King sorridenti si danno la mano per rappresentare quella vicinanza che in realtà ci fu molto più di quanto i media fossero interessati a riconoscere. Dall’insegmnamento di Malcom nascerà il “Black Panther Party for Selfe Defense”, che radicalizzerà sempre più la critica all’establishment americano fino ad essere stroncato dalle forze dell’ordine.
L’ottavo capitolo prende in esame la “Controcultura” ponendo in evidenza come essa abbia le sue radici nel tessuto sociale del Paese e nella sua storia recente, che negli anni cinquanta aveva già visto apparire la “Beat Generation” con i suoi grandi poeti come Jack Kerouac ed Allen Ginsberg, quando i giovani erano divenuti una nuova e distinta categoria sociale.
Nel corso del decennio film divenuti archetipici come “The Wild One” (Il Selvaggio, 1954),”Rebel Without a Cause” (Gioventù Bruciata, 1955) e “Blackboard Jungle” (Il seme della Violenza, 1955), figure come Elvis Presley con il quale nasceva il “Rock”, romanzi come “On The Road” (Sulla Strada, 1957) e poesie come “Howl”, 1956, segnavano la nuova generazione della trasgressione e della disobbedienza all’autorità.
L’Autore vede giustamente una continuità tra la Beat generation e la generazione dei “Figli dei Fiori” e mette in evidenza con molto rigore ed originalità come Woodstock abbia celebrato l’apoteosi del Movimento Hippie, ed Altamont, pochi mesi dopo ne abbia decretato la fine. La prima oceanica kermesse fu permeata da un senso di gioia e liberazione, la seconda da un cupo istinto di morte, suffragato dalla massiccia presenza di persone in preda ad atti violenti e scomposti, dovuti in gran parte alle droghe pesanti, e conclusa dall’uccisione di un ragazzo nero da parte del servizio d’ordine degli “Hell’s Angels”, subito dopo che i Rolling Stones avevano eseguito il brano epocale “Simpathy For The Devil”.
Nella stessa estate del 1969 i terribili fatti di Bel Air venivano strumentalizzai dai media per uccidere il Movimento Hippie. Charles Manson, allucinato guru satanista, proveniva infatti dalle retrovie di quel mondo, e ne rivelava il lato oscuro. Per di più, leader del Movimento studentesco e degli Weatherman, movimento radical, arrivarono a rendere un delirante omaggio a tale personaggio, squalificando definitivamente la controcultura americana, che venne ingiustamente, ma rapidamente assimilata a tale cieca violenza.
Il nono capitolo affronta le tematiche del femminismo e della sua espansione che determinò una nuova stagione dei diritti, in particolare negli anni settanta. Il movimento nacque alla metà degli anni sessanta, praticando un severo separatismo, assimilando concezioni proprie della Vecchia e Nuova Sinistra americana. In realtà già all’inizio del secolo si erano formate le prime aggregazioni spontanee del Movimento delle Donne. L’incontro con le tematiche proprie della “Rivoluzione Sessuale” degli anni sessanta via via permearono la cultura del nuovo femminismo, che mise originalmente in crisi i vecchi ruoli, riformulando culture e coscienze, e portando ad una grande emancipazione sociale della Donna, che in realtà non è ancora conclusa. Intellettuali come Betty Friedan, autrice del best seller “The Femminine Mystique” contribuirono a dare luce alle nuove soggettività, realizzando anche con un incontro fecondo con il marxismo critico.
In definitiva, è la conclusione dello Studioso, anche se la Destra non ha mai voluto riconoscere valore ai movimenti per i diritti civili, a quello delle Donne, a quello degli Omosessuali, la Società americana è stata profondamente segnata da essi, e nonostante l’arretramento degli ultimi anni, è più democratica di allora.
Raramente un libro di storia recente è stato così ben argomentato, pieno di dettagli e di approfondite analisi: esso conferisce all’analisi storiografica un notevole contributo, e delinea, nella rappresentazione della “Weltaschaung” del tempo e dei suoi protagonisti, nell’analisi del pensiero degli intellettuali che hanno contribuito alla formazione del moderno pensiero sociale e politico, persino alcuni nitidi elementi di Filosofia della Storia.

recensione di Dark Rider

  One Response to “I Lunghi Anni Sessanta”

  1. Bella recensione, domani vado a comprare il libro!

 Leave a Reply

You may use these HTML tags and attributes: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>

(required)

(required)

*