Mar 142013
 

Roma, Circolo degli Artisti, 7 marzo 2013

★★★½☆

Due anni fa, vagando per il Greenwich Village in cerca di storia ed ispirazione, mi sono imbattuto in un negozietto di dischi specializzato in musica indie (che invidia, sti americani !). Chiacchierando del più e del meno con il ragazzino gestore, alla fatidica domanda su quale disco mi sarei dovuto comprare a scatola chiusa, mi passò senza indugi The Gathering degli Arbouretum.
Che sono quattro ragazzi di Baltimora conciati come dei tagliaboschi (nomen omen) la cui età potrebbe variare dai 20 ai 45 , nascosti come sono dietro le loro barbe, improponibile quella del bassista. E come tagliaboschi sono massicci, sia fisicamente che musicalmente.
Che sarebbe successo se i Doors avessero visitato Seattle nei primi anni 90 ? Sarebbero nati gli Arbouretum.
La loro miscela è un folk rock psichedelicamente grunge, di difficile digestione per i più , ma talmente monolitico da risultare anche coinvolgente nel suo non dipanarsi. Le canzoni partono dritte e non perdono la via per tutta la propria durata, spesso vicina ai dieci minuti. Non c’è un ritornello né un cambio di ritmo. Solidità, grande solidità.
Preceduti dai nostrani Urock, che si fanno notare per un medley trash punk La società dei magnaccioni/Anarchy in the UK, gli americani sono qui a presentare il loro quarto lavoro, Coming out of the fog,lavoro che segue il sentiero tracciato dai precedenti, ma con un gioiello assoluto in quanto inaspettato che è la canzone omonima, che essendo una ballata da old west coast, da loro non ti aspetteresti, anche perchè, ovviamente, nascosta in fondo al disco, a sfidare l’ascoltatore a raggiungerla. A noi (non pochi) presenti la propongono a metà set , quasi come per spezzare momentaneamente il livello granitico delle loro composizioni.
Sono ancora una band esordiente (imberbe non si può certo dire), di quelle che si montano e smontano il palco da soli (e si portano via le scalette). Ma per quelli a cui piace il genere, meritano più di un ascolto.

Recensione di Attilio
foto di Fabrizio Forno

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