Mag 292012
 

Roma, Angelo Mai, 23 maggio 2012

★★★☆☆

Un’ora e dieci di torrido white-funk, un’esplosione di ritmo ed energia che ha travolto il folto pubblico dell’Angelo Mai accorso al concerto dei !!!.
La band di Sacramento capitanata dall’instancabile ed incontenibile Nic Offer ha dato vita ad un intenso seppur breve set con il loro caratteristico mix di funk-punk altamente danzereccio di chiara ispirazione eighties. I rimandi ed i richiami sono ovviamente i Talking Heads (soprattutto nei riff di chitarra ritmica) ma anche se non soprattutto ai Gang of Four di Entertainment!, ai Clash di Overpowered by Funk con rimandi nel cantato al Mick Jones dei Big Audio Dynamite. L’aspetto da nerds alla riscossa contrasta fortemente con l’imponenza e la forza del suono prodotto: si ha davvero l’impressione di trovarsi davanti gli eroi strambi che danno il titolo ad uno dei brani in scaletta (All My Heroes Are Weirdos). Un po’ goffi ed impacciati nei movimenti (anche nel loro leader, nonostante la sfacciataggine e l’apparente disinvoltura nelle movenze, un po’ Mick Jagger, un po’ David Bowie e, perché no? il Tim Curry di Rocky Horror Picture show) sembrano tutti dei brutti anatroccoli che il palco trasforma in cigni.
Nic è scalmanato, maltratta l’asta del microfono, la fa minacciosamente roteare sulle teste delle prime file, ruba un casco depositato a fianco del palco per indossarlo durante l’esecuzione di Must Be the Moon, passa poi ad un berretto da baseball scippato dalla testa di un fotografo, per poi lanciarsi un paio di volte tra il pubblico, imitato da un paio di spettatori a malapena tenuti a bada dai ragazzi della sorveglianza. Ma parliamo della musica, sostenuta da una solida ed affiatata band: certamente energetica, ma di certo un po’ datata e, alla lunga ripetitiva, molto gradevole soprattutto da ascoltare dal vivo, ma inesorabilmente priva della profondità e dello spessore dei sopra citati artisti a cui i chk chk chk si ispirano.
Privo anche del gruppo spalla dei Civil Civic improvvisamente latitanti, il breve concerto vola via, piacevole ma impalpabile, con un solo vero momento di particolare intensità, ovvero la lunga cavalcata del bis ‘Intensify’, arricchito da sax e tromba troppo a lungo dimenticati in un cantuccio del palcoscenico, un groove tribale davvero denso ed ispirato talmente affascinante da volere che non debba finire Mai.

Recensione di Fabrizio Forno

Scaletta:

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