Ago 292019
 

Ginevra Di Marco e Cristina Donà: Roma, ‘Na Cosetta Estiva – 23 agosto 2019

★★★★☆

 

Gli incontri a volte sono casuali, a volte necessari, altre inevitabili. Del secondFB_IMG_1566981329145o e terzo tipo quello tra Cristina Donà e Ginevra Di Marco, due donne che calpestano la stessa polvere già nel 1998 incrociando voci e destino su “Miryan”, magico brano contenuto nell’album “The different you” di Robert Wyatt. Si trovano bene insieme ma sono ancora alla ricerca del meglio di se, devono ancora definire e curare personalità e sistema. Passano pochi anni e il peregrinaggio musicale le porta al progetto Stazioni Lunari, laboratorio creativo di interscambio collettivo del vulcanico Magnelli, intorno al quale gravitano decine di artisti (Brunori, Consoli, Canali, Gazzè, Zamboni, Maroccolo, e avanti così). La magia si ripete, la sintonia, la meraviglia di sentirsi a proprio agio, le affinità elettive, le voci complementari. Germoglia lì l’idea di una condivisione maggiore, ma ancora ci vuole tempo, quello necessario perché tutto avvenga senza asperità. Dopo un Crowdfunding generoso ecco finalmente, a giugno 2019, l’album tanto atteso. Che conferma quanto di buono si era visto nei pochi live condivisi. L’opera è concettuale, sul cammino dentro di se e nel mondo circostante, in quello di donne e di madri, nel cammino di analisi e comprensione. FB_IMG_1566981379296Tre gli inediti, la quasi autobiografica “Un passo alla volta”, la programmatica “Camminare”, l’attuale e migrante “Confine” scritta da Francesco Gazzè, poi due gioielli a testa dal passato, la stupenda “Così vicini” della Donà, “1/365°” di Ginevra, le due maternali “J” e “Perpendicolare”. Ottimo cammeo il canto sefardita “la rosa enflorece” un romance composto in ladino, la lingua parlata dagli ebrei spagnoli prima dell’espulsione, su melodia ispano araba di quel virtuoso periodo. Un album che è un dono, un gioiello di raffinatezza e passione, denso di suoni e meditazioni profonde, degno delle due autrici. Inevitabile augurarsi capitoli ulteriori.

Recensione e foto di Alberto Marchetti

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