Giu 242008
 

Radiohead, Milano, Arena Civica, 18 giugno 2008
Formazione: Thom Yorke, Jonny Greenwood, Colin Greenwood, Ed O’Brien, Phil Selway

Radio2.jpgCome splendidi fantasmi elettronici, assetati di luce e di futuro, i Radiohead, uno dei più grandi ensemble mai esistiti, hanno dato vita a Milano ad una performance indimenticabile e carica di grande suggestione.
Rigorosamente a piedi, come ci aveva espressamente richiesto l’ecologista Thom Yorke, ci siamo recati di buon’ora all’Arena Civica, dove era in corso l’esibizione delle Bat for Lashes, moderna Band Gotico-New Wave costituita da un quartetto di donne, che coniuga con disinvoltura l’estremismo vocale di Bjork e l’intensità drammatica di Siouxsie; bisognerà tenerla d’occhio.
Poco prima delle 21.00, purtroppo ancora in una luce piena che non si addice affatto ad una band crepuscolare, fanno la loro apparizione i Radiohead; la band di Oxford, guidata da Thom Yorke, pur partendo da origini di stralunato British pop, è venuta via via configurandosi come la sintesi e l’originale sviluppo di numerose tendenze musicali, dalla musica classica contemporanea, alla psichedelia, al progressive, sino al free jazz e l’elettronica sperimentale, rappresentando tematicamente la solitudine e l’incomunicabilità moderna, in opere mirabili come O.k. Computer, Kid A, Amnesiac, e come l’ultimo magnifico album In Rainbows
L’inizio è travolgente, con la splendida Reckoner, tratta dall’ultimo album In Rainbows, che verrà riproposto per intero, lirica ed avvolgente canzone elettronica; poi è la volta di 15 Step, con magiche tastiere su ritmi fortemente sincopati, quasi dance.
Viene poi proposta The National Anthem, brano fortemente sperimentale, tratto da Kid A, per tornare poi ad In Rainbows, con la stupenda, drammatica, poeticissima All I Need, e la straniante Nude, doloroso calvario dell’anima, entrambe accolte con un’ovazione dal pubblico, che spesso ne accompagna l’aria.
Radio3.jpgSi prosegue con Airbag, da O.K. Computer, ove Yorke descrive la sua avversione per le automobili, ed il terrore degli incidenti, vera piaga moderna; egli ne fu vittima in gioventù e l’avvenimento gli lasciò un segno indelebile di paura, e poi con the Gloaming, tratto dall’album più politico, Heil to the Thief, in cui, nelle modalità della canzone elettronica, si paventa la tenebrosa crescita dell’irrazionalismo e dell’autoritarismo sull’umanità dei nostri tempi.
E’ la volta poi della malinconica e crepuscolare Dollar and Centstratto da Amnesiac, nella quale Yorke racconta la fallimentare esperienza del G8 di Colonia, cui partecipò per richiedere la cancellazione del debito ai paesi poveri., per tornare a In Rainbows, con la magnifica ed immaginifica Weird Fishes/Arpeggi e con Faust Arp, che parte con modalità acustiche per svilupparsi e concludersi con l’accompagnamento di una suggestiva orchestra d’archi.
Il pubblico, sempre più coinvolto, comincia a saltare le transenne per avvicinarsi alla Band, a causa della cattiva acustica ed all’eccessiva ampiezza dell’Arena Civica, indubbiamente non all’altezza di un evento che avrebbe richiesto meno dispersione e più raccoglimento, e, certamente, anche un volume di ascolto più elevato.
Nel frattempo rifulgono le note di How to disappear completely, ancora da Kid A, da brividi, suggestivo cluster di suoni che ricorda Pendereky, ed alcuni aspetti della musica elettronica tedesca degli anni settanta, uno dei brani più suggestivi dell’ensemble, con venature pscichedelico-elettroniche che forse nemmeno i Pink Floyd dell’epoca d’oro avrebbero saputo realizzare esprimendo un tale pathos; in esso Yorke narra il senso di straniamento e di timore provato a volte nel trovarsi davanti a folle sconfinate per i concerti.
Con Jigsaw falling into place ancora da In Rainbows, si ricalcano le suggestive atmosfere tratte da , mentre A wolf at the door, tratto anch’esso da quest’ultimo album, recupera vecchie suggestioni Jazz.
La stupenda Videotape,da In Rainbows, voce e piano, trascina il pubblico al delirio, come la semplice ma ipnotica Everything in the right place, dalla struttura minimalista , mentre Idioteque, da Kid A, risente delle ambientazioni sonore di Aphex Twin, e persino degli sperimentalismi più arditi degli Oval, mentre Bodysnatchers, ancora da In Rainbows, è dura, nella rappresentazione della follia del ventunesimo secolo.
La prima serie di bis, richiesta a gran voce, arriva con la quasi beatlesiana House of Cards, ancora da In Rainbows, seguita dall’elettronica, quasi rumoristica There there, ancora da Hail to the thief, dal duro wave rock di Bangers N’ Mash, dalla stralunata Just, tratta da The Bends, densa di virtuosità chitarristiche alla Jimi Hendrix, ed infine dalla splendente The Tourist, dal lento incedere psichedelico.
Radio4.jpgRichiamati ancora dal pubblico, i musicisti non si risparmiano, offrendo una lenta ed eterea Go slowly, da In Rainbows, seguita da 2+2=5, da Hail to the Thief, ispirata anch’essa da Penderecky, inquietante e presaga di guerre e sciagure, per concludere con la straordinaria Paranoid Android, da O.K Computer, uno degli inni del gruppo, visionario e lancinante brano elettronico,dalla struttura molto complessa, accolto con grande entusiasmo, che si iscrive nel solco delle grandi canzoni psichedeliche inaugurato dai Beatlescon A Day in the Life, nel quale Yorke si lancia contro i disgustosi Yuppies cocainomani e disumanizzati.
Sciamano misterioso, poeta visionario conoscitore del dolore del mondo, Thom Yorke è certamente un musicista tra i più consapevoli dell’epoca in cui viviamo, testimone drammatico del tempo, autore di inni anthemici e lancinanti, interpretati con la sua stupenda voce in falsetto; la Band si identifica pienamente in Lui, a cominciare dal grande chitarrista Jonny Greenwood: dove la luce si incontra con le tenebre dello spirito, rifulge il genio poetico-musicale dei Radiohead, foriero di speranza.
Non ci troviamo certamente di fronte ad un gruppo Dark, che si compiace della sofferenza e la trasfigura in elemento artistico; la poetica dell’ensemble anela all’accettazione ed al superamento del dolore, nella consapevolezza della tragica finitezza dell’essere umano.
Il concerto è finito, ce ne andiamo con forti sensazioni di emozione e di appagamento; lo schermo elettronico sopra ed ai lati del grande palco continua ad emettere immagini psichedeliche e stranianti suoni, senza i musicisti, in una drammatica e stupenda rappresentazione di Visual Art.

Recensione by Dark Rider
Radiohead live in Milan – 18 june 2008 Foto by kaneda99

Setlist:
01. Reckoner
02. 15 Step
03. The National Anthem
04. All I Need
05. Nude
06. Airbag
07. The Gloaming
08. Dollars & Cents
09. Arpeggi
10. Faust Arp
11. How To Disappear Completely
12. Jigsaw Falling Into Place
13. A Wolf At The Door
14. Videotape
15. Everything In Its Right Place
16. Idioteque
17. Bodysnatchers
encore # 1:
18. House Of Cards
19. There There
20. Bangers N’ Mash
21. Just
22. The Tourist
encore # 2:
23. Go Slowly
24. 2+2=5
25. Paranoid Android

  3 Responses to “Radiohead: Fantasmi di Luce”

  1. Dark Rider sei grande!

  2. Scusami ma ho preso la tua foto in prestito per il mio sito…complimenti davvero per il commento.Sciamano misterioso, poeta visionario conoscitore del dolore del mondo…una descrizione perfetta, mi hai tolto le parole di bocca.
    Saluti
    Fabio

  3. […] La data scelta è il 23 agosto 2009, ovvero nel corso della stessa tournèe che ha toccato l’arena civica di Milano, al Vystavyste Holesovice Exibition Hall di Praga. La missione, o la sfida, viene raccolta, non da […]

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