Lug 292011
 

Roma, Capannelle, 19 luglio 2011

Caro Ben,
le serate storte ★★☆☆☆ càpitano. Anche i buchi nell’acqua (e se poi si scatena un improvviso nonché imprevisto fortunale estivo appena sali sul palco non è neanche più metafora). La fortuna è cieca ma la sfiga ci vede benissimo.
Potrei continuare ancora a lungo, meglio chiuderla qua con le frasi fatte.
Ma se la sfiga uno se la va anche a cercare…..
Capita, di rado, che chi ti apre il concerto sia un Professore, una Pietra Miliare , una Enciclopedia vivente. Che se poi si presenta con una signora band ★★★½☆ed un repertorio equamente diviso tra cover e riletture di classici Led Zeppelin, il rischio di figura grama successiva è dietro l’angolo. Potrai sicuramente ribadire che Black Dog è irriconoscibile ed il nuovo arrangiamento di Misty Mountain Hop non riconosce il valore della canzone, ma sentire i 10mila presenti urlare Ramble On, emozionarsi per What is and what should never be e Gallows pole, esaltarsi per una spettacolare cover di Monkey dei Low e commuoversi per Please read the letter in duetto con la validissima Patty Griffin, è un chiaro segnale di allarme. Da te vissuto in prima persona, perchè sprovveduto forse si, ma scemo no, almeno mezz’ora di concerto di Robert Plant te lo sei visto e studiato da dietro il palco.
E allora ? Allora sali sul palco e rivolti Capannelle ! Anche se dopo due pezzi sei costretto ad interrompere per temporale ed inondazione (a Robert Plant poco democraticamente nemmeno una goccia, gli dei del rock sono dei burloni). E invece moscio, scontato, talvolta irritante (dieci minuti di arpeggio acustico monoaccordo fa sognare un Blutarsky che ti strappi la chitarra e la fracassi sulla struttura del palco). Il ritorno sul palco dopo la tempesta proclamando “Voi restate, io resto” suona più minaccia che promessa!
I buoni pezzi vecchi ci sono ancora, i pezzi nuovi balbettano alquanto, l’ispirazione non ti fa registrare un disco fresco ed innovativo da un bel po’.Lascia perdere che il pubblico (per la maggior parte) apprezzi, perchè chi, come me, ti segue dal 1995 folgorato sulla via di Fight for your mind, non può gradire.
I tentativi migliori quando ammutolisci il pubblico per urlare un gospel senza microfono, o quando regali una mezza cover di Jeremy dei Pearl Jam inframmezzata a Glory and Consequence. Il resto è (quasi) noia. E anche la band non ti aiuta, perchè gli Innocent Criminals erano ben altra cosa, groove, passione, tecnica.
Ma almeno salvare il tutto con una comparsata dell’Illustre che ti ha preceduto ? Nemmeno! (Viene il dubbio che sia stato lui, a rifiutartela, non lo sapremo mai). La prossima volta gradita inversione dei ruoli, tu supporter e Plant headliner.
Diciamo che è stata una serata sottovalutata e sfigata?
Speriamo….

Lettera e foto di Attilio

Scaletta Robert Plant: Black dog/Angel dance/What is and what should never be/House of cards/Monkey/Tangerine/Bron-y-aur stomp/In the mood/Please read the letter/Misty mountain hop/Ramble on/////Gallows pole

Scaletta Ben Harper: Number with no name/Rock and roll is free/Burn to shine/Vein in vain/Lay there & hate me/Where could I go/Ground on down/Diamonds on the inside/Masterpiece/Dirty little lover/Walk away/Burn one down/Mutt/Pleasure and pain/Glory & Consequence-Jeremy/Up to you now/Don/t give up on me now/////She’s only happy in the sun/Better way

  2 Responses to “Robert Plant & Ben Harper: Si può fare BEN altro, vero Robert?”

  1. Bella recensione! Sono stata a diversi concerti di Plant, e devo dire che non sono mai rimasta delusa… è uno di quei musicisti che (si) donano con passione, senza arroganza o riserve… Per quanto riguarda Ben Harper, ehm, sottoscrivo in pieno l’inversione dei ruoli! Un saluto

  2. […] quello che è il suo lavoro classico (chitarra e voce) senza orpelli inutili e fronzoli noiosi (Ben Harper, ascolta e impara !). Unica, se si può definirla tale, concessione extra, accompagnarsi ad un […]

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