Giu 302009
 

Roma, Auditorium Parco della Musica, 27 giugno 2009

★★★½☆

COODER-LOWE3-vt33pm43 [800x600].jpg122 anni in due, ma che classe, che pienezza di suoni, che leggerezza nel tocco, quale capacità evocativa!
Il tour europeo ‘They drive by night’, partito da Dublino a metà giugno, fa tappa a Roma dopo Milano e prima di Torino e rappresenta il ritorno alla collaborazione tra due artisti molto diversi per origine (Californiano Cooder, Inglese del Suffolk Lowe) e per iniziali percorsi musicali: Cooder comincia a far parlare di sé grazie alle collaborazioni coi Rolling Stones di Let it bleed, Lowe diviene famoso come scopritore/produttore per la Stiff records di artisti new wave come Pretenders e, soprattutto, Elvis Costello, con il quale lavorerà per cinque album.
Entrambi però sono appassionati di musica popolare americana, Johnny Cash e Eddie Cochran su tutti ed era inevitabile che lo spirito da esploratore musicale che ha sempre animato Cooder li portasse a condividere il palco già a partire dalla fine degli anni ottanta.
Non sorprende più di tanto quindi il ritrovarli oggi insieme, in una Sala Santa Cecilia non eccessivamente affollata (le maschere dell’Auditorium hanno dovuto fare gli straordinari per riversare parte del pubblico delle gallerie a riempire i numerosi vuoti della platea).
Il concerto parte con una defezione importante: il settantenne fisarmonicista Flaco Jimenez, già presente nel recente album di Cooder My Name Is Buddy, è rimasto in Texas, per una non meglio precisata improvvisa indisponibilità. Peccato, perché il particolare mix di spanish blues, musica borderline, canzone popolare messicana dal caratteristico sapore cajun di Ry Cooder avrebbe certamente beneficiato del contributo di questo artista, che sta alla musica ‘Conjunto’ come gli artisti del Buena Vista social club stanno alla musica popolare cubana.
Poco male, però: il duo, sostenuto dal preciso, discreto ma sempre puntuale drumming di Joachim Cooder, figlio di Ry, non sembra soffrire più di tanto della defezione e dimostra che quando si è padroni della scena, del suono e del repertorio, vale il detto ‘less is more’.cooder lowe.jpg
L’operazione di sottrazione e di essenzialità rende il live set lieve, fragrante e saporito come i tacos. L’apporto di due ottime vocalist completa l’organico e accompagna i presenti in un viaggio di frontiera attraverso Nashville, la polvere del deserto del New Mexico, tequila e serpenti a sonagli, a bordo di una scintillante Buick decappottabile dall’indubbio fascino demodè.
Cooder la fa da padrone, la sua chitarra slide farcisce i brani con sapienza e con un gusto sopraffino, evitando virtuosismi ma calibrando bene le note; Nick Lowe accetta la parte di gregario di lusso, rubando la scena al primattore quando intona la splendida ballata Peace, Love & Understanding, resa celebre dalla cover di Elvis Costello di Armed Forces. La sala si scalda con l’arrivo di Little Sister, vecchio brano di Cooder tratto da Bop Til You Drop del lontano 1979.
La temperatura però si abbassa rapidamente: purtroppo l’abitudine di alcune star di lingua inglese (vedi nel recente PJ Harvey) di concedersi per un massimo di 80 minuti di spettacolo trova conferma nel concerto di stasera: se è vero che la qualità non sempre va a braccetto con la quantità, è anche vero che un paio di brani in più avrebbero sicuramente maggiormente soddisfatto la platea, soprattutto quelli delle poltronissime, che per questo spettacolo hanno sborsato più di un euro al minuto….in tempi di crisi è anche giusto fare questo genere di considerazioni.

Recensione di Fabrizio

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