Set 202012
 

Bella Addormentata, di Marco Bellocchio, con Toni Servillo, Alba Rohrwacher, Maya Sansa, Isabelle Huppert, Michele Riondino, Pier Giorgio Bellocchio, Gian Marco Tognazzi, Roberto Herlitzka. Italia/Francia 2012, durata 110 minuti.

★★★☆☆

Con il rigore che da sempre conosciamo, Marco Bellocchioha affrontato uno dei temi più divisivi per l’opinione pubblica, il fine vita e l’interruzione dell’accanimento terapeutico nei confronti di persona in coma vegetativo, portando la sua ultima opera alla sessantanovesima Mostra del Cinema di Venezia. Egli parte dal dramma di Eluana Englaro, la ragazza alla quale dopo diciassette anni di coma vegetativo, a seguito di sentenza della Corte, fu staccata la spina che la teneva in vita; questo caso nel febbraio 2009 divise drammaticamente le coscienze in Italia, con il fronte berlusconiano che voleva bloccare con decreto la decisione del padre di Eluana di far applicare detta sentenza ed i laici che difendevano una scelta di libertà.
Il cineasta ricostruisce il pathos di quei frenetici giorni attraverso immagini documentarie e coglie l’occasione per raccontare, sullo sfondo di quegli avvenimenti, altre quattro storie di vita e di morte, corredate da scontri politici e di scelte drammatiche di uomini e donne, per nulla collegate tra di loro, dalle quali vuole trarre interrogativi etici di enorme importanza, con il pregio, però, di astenersi dal formulare una risposta definitiva agli eventi, costruendo un apologo morale.
Egli, infatti, non prende posizioni faziose, aprioristicamente ideologiche, anche se ovviamente nella polemica tra cattolici e laici sta fermamente con questi ultimi, tanto è vero che, al di là di polemiche più che altro di contenuto politico, la stessa Cei ha recensito il film giudicandolo, articolato, complesso, atto a sviluppare un dibattito a più voci.
E così assistiamo, nella prima storia, ai tormenti di un parlamentare Pdl di estrazione socialista, Uliano Beffardi (uno straordinario Toni Servillo) che decide di votare a favore della sospensione del trattamento terapeutico, contro i dettami del suo partito, scontandone l’isolamento, memore del drammatico intervento posto in essere qualche anno prima, su richiesta della moglie, per porre fine alle sue sofferenze di malata terminale.
La seconda è quella che racconta la vicenda di sua figlia Maria (un’ottima Alba Rohrwacker), cattolica militante, che si reca ad Udine alle manifestazioni per impedire la morte di Eluana e che lo contesta duramente, ma che avrà un’intensa notte d’amore con un “nemico” laico (Michele Riondino), che partecipa insieme al fratello malato di mente (Fabrizio Falco) alle manifestazioni laiche che affermano il diritto di morire; tale esperienza le aprirà lo spazio per una nuova e meno dogmatica coscienza di sé e del mondo, e forse, le consentirà almeno di comprendere, anche se non di condividere, le scelte del padre.
C’è poi la grande attrice (un’intensa, dolorosa Isabelle Huppert) che vive in funzione della speranza che la bella figlia, da tempo in coma vegetativo, si risvegli: essa, abbandonate da tempo le scene, rinuncia totalmente a sè stessa, passa le giornate in preghiera sperando in un miracolo in cui non crede, trascurando il rapporto con l’altro figlio, aspirante attore, che la ama e che vorrebbe tornasse a vivere e che, con un gesto di rabbia, staccherà per un attimo la spina alla sorella, ma che sarà fermato in nome di un imperativo morale: nessuno può assumersi il diritto di decidere da solo il destino di una persona. Il riscatto del ragazzo avverrà, simbolicamente, quando la madre accetterà di ascoltare per alcuni minuti la sua toccante, stravolta interpretazione di “Jacopone da Todi”.
Infine c’è la storia della tossica Rossa (Maya Sansa), che tenta il suicidio più volte e del medico, Pallido (Pier Giorgio Bellocchio) che ostinatamente vuole salvarla, ed a tal fine non abbandona mai la stanza d’ospedale ove la donna è ricoverata, per timore che si getti dalla finestra, e che alla fine, forse, avrà vinto la sua sfida. Il regista, poeticamente e mirabilmente, ci mostra tale cambiamento, mostrandoci il gesto semplice ma affettuoso della donna, rivolto al medico dormiente, e la ritrovata luminosità del suo sguardo spento.
Bellocchio ha realizzato un’opera complessa, criptica, spiazzante, forse in alcuni momenti imperfetta ed incompiuta soprattutto per alcuni elementi della sceneggiatura, ma profondamente vitale e densa di tensione morale e di rispetto per qualsiasi opinione.
Geniale, vera espressione di grande cinema la grottesca scena che si svolge alle terme dei senatori, ove si reca un dubbioso Uliano Beffardi, trovandovi i suoi colleghi, allineati ai dettami del potere, che sembrano infelici persone morte dentro, non concependo altro che la disciplina di partito e la sottomissione ai potenti, perché senza il Vaticano non si governa, a scapito delle loro convinzioni, e dove uno psichiatra cinico (Roberto Herlitzka) cura i loro dubbi con dei farmaci. La potenza evocativa, la dolorosa ironia sembrano prese da uno dei capolavori di Elio Petri, “Todo Modo”, trasposizione cinematografica dell’inquietante romanzo di Leonardo Sciascia.
Il grande regista trasfigura simbolicamente la vicenda di Eluana per ridefinire filosoficamente la concezione del mistero della vita e della morte, i limiti della legge morale e del libero arbitrio, la coscienza e le convenzioni del potere, la ribellione ad esse, descrivendo la religione come superstizione che prospera nel dolore. Numerose sono le tematiche espresse in quest’opera imperfetta, ma coraggiosa e quietamente disturbante.

Recensione di Dark Rider

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