Giu 272013
 

Roma, Larchivio 14, 7 giugno 2014

★★★★☆

All’interno dell’interessante rassegna “L’archivio veste classico” III edizione, Gabriele Coen ha presentato il suo secondo progetto per la “tzadik” di John Zorn, “Yiddish melodies in jazz”, lavoro che reinterpreta i brani della tradizione ebraica che sono entrati nel repertorio della musica jazz, influenzandone il linguaggio. Sul palco un ottimo quartetto – oltre a Coen, al sax soprano, sax tenore e clarinetto – Alessandro Gwis al pianoforte, Marco Loddo al contrabbasso e Luca Caponi alla batteria.

La canzone yiddish è l’espressione di quella entità sociale detta ashkenazita, ovvero delle comunità che vivono nell’Europa centro orientale. Qui si è arricchita delle diverse espressioni musicali con cui è venuta in contatto, in continuo desiderio di integrazione, ma al tempo stesso con la necessità di mantenere una propria identità culturale. La diaspora ha significato la dispersione del popolo ebraico in diversi continenti, molti si trasferirono in America. Qui diversi gruppi musicali provenienti dal vecchio continente pian piano sono diventati musicisti di swing, sviluppando un repertorio che includeva la musica della tradizione ebraica.

Bel concerto all’archivio 14 , locale che si presta perfettamente per struttura e acustica a un pieno coinvolgimento dello spettatore. La Jewish Experience si riappropriano di questo linguaggio unico per farne una musica viva, Gabriele Coen è senza dubbio uno dei più talentuosi sassofonisti italiani con straordinarie attitudine live, capace di portarti nel suo mondo attraverso fraseggi decisi e impeccabili, e una costruzione melodica altrettanto efficace.

I musicisti si muovono a proprio agio su un repertorio ostico, che impone un ottimo controllo dello strumento, come quello della canzone yiddish e la musica klezmer, plasmando con cura e sapienza i brani, reinterpretandoli con arrangiamenti asciutti, privi di sovrastrutture, dando risalto soprattutto alla vena melodica della musica ebraica.

Gabriele Coen è un grande appassionato nonché conoscitore della musica yiddish, ogni esecuzione è stata preceduta da una spiegazione, dando modo a tutti di entrare pienamente in questo mondo musicale. Tutto il quartetto ha saputo dare il proprio contributo fornendo un’ interpretazione dei brani convincente, dimostrando la capacità di filtrare l’originalità della musica ebraica con la loro esperienza, riuscendo a restituire appieno l’essenza della musica che trasmette quel senso di immenso dolore, ma al tempo stesso gioia per la vita.

Recensione e foto del Signor Giù

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